LA VOCE DELL'UNESCO: TUTTI I NURAGH PATRIMONIO DELL'UMANITA'. NON E' POSSIBILE CHE SOLO "SU NURAXI" A BARUMINI FIGURI NELL'ELENCO. E GLI ALTRI?

Dario Seglie è il rappresentante della Federazione internazionale archeologica nella Direzione generale dell'Unesco a Parigi

Dario Seglie è il rappresentante della Federazione internazionale archeologica nella Direzione generale dell'Unesco a Parigi


di Mauro Manunza – Unione Sarda

La Sardegna ha circa settemila nuraghi, molti rimasti maestosamente in piedi: come mai uno solo, quello di Barumini, è considerato dall’Unesco monumento da salvaguardare? In altre parole: l’intero complesso nuragico è da dichiarare patrimonio dell’umanità. La proposta parte dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura: cioè proprio dall’Unesco. L’ha portata all’attenzione degli studiosi Dario Seglie, il rappresentante della Federazione internazionale archeologica nella Direzione generale dell’Unesco a Parigi. Il professor Seglie (archeologo di levatura mondiale) ha parlato in video al pubblico accorso nei giorni scorsi a Palazzo Regio per seguire il convegno sulle problematiche dell’Isola Mito sollevate dal giornalista Sergio Frau con la sua teoria di una civiltà sarda “padrona” del Mediterraneo nel secondo millennio prima di Cristo. La sua presenza virtuale ha aggiunto autorevolezza a quella «idea rivoluzionaria di Frau che, dopo una levata di scudi, trova oggi una convergenza di interessi scientifici». Così egli afferma, sottolineando che, grazie al giornalista, si sta facendo strada l’archeologia del paesaggio, «un concetto che in Italia ha tribolato un po’a prendere piede»: non si studia più il singolo nuraghe o il singolo sito archeologico, ma «si devono studiare le connessioni territoriali, capire le trasformazioni antiche del territorio», che sono il risultato di ciò che vediamo oggi. Le parole di Seglie, tutto sommato, non sorprendono. Spetta alla Sardegna, ora, darsi da fare perché si realizzi l’idea così formulata: «La Sardegna ha un patrimonio unico al mondo, che è l’insieme nuragico. Eppure, lo dico come rappresentante presso l’Unesco, l’unico “monumento” è Barumini… Non è possibile che sia solo Barumini, quando abbiamo migliaia e migliaia di nuraghi! Va bene… poi mi commuovo… Avete capito qual è il messaggio». Messaggio colto dal pubblico. Così come lascia traccia importante quello di Mounir Bouchenaki, già vicedirettore dell’Unesco per la cultura: «Ho seguito sin dal suo inizio l’affascinante ipotesi dell’amico Sergio Frau che vede spostati più in qua dello stretto di Gibilterra gli antichi confini della “fine del mondo” e l’orizzonte immaginario della mitica isola di Atlante. Tale ipotesi riporta l’antica Ichnusa al centro delle rotte di navigazione del Mediterraneo, come propongono i risultati ad oggi dello studio di Frau nelle antiche fonti e attraverso contributi di geofisici e geologi rendono credibile l’ipotesi del disastro che potrebbe aver colpito la Sardegna in un’alba tragica del XII secolo avanti Cristo». Già: cos’è l’alba tragica della fine del secondo millennio avanti Cristo? Che può essere avvenuto di così catastrofico da cancellare le torri di pietra dell’alto e basso Campidano? Uno tsunami abbattè la civiltà nuragica, secondo l’ipotesi di Frau che non pochi specialisti stanno cautamente avvalorando. La Sardegna non è terra sismica, ma è esposta ai maremoti. A Palazzo Regio Lucia Simone ha illustrato i risultati di rilevamenti che giungono dall’Università di Sassari (Vincenzo Pascucci e Stefano Andreucci): massi di formazione marina scaraventati nell’entroterra settentrionale da onde alte almeno 7 metri. Altri blocchi marini – prove di tsunami – sono stati trovati sulle coste occidentali (Giuseppe Mastronuzzi). Paolo Orrù, geofisico marino dell’Università di Cagliari, ha parlato di frane nei fondali del Golfo degli Angeli. Ma secondo il geofisico Stefano Tinti, la disastrosa inondazione di tremila anni fa fu provocata dalla caduta di un meteorite. Una valanga d’acqua potrebbe avere travolto Campidano e Marmilla. Da qualche mese geologi, geofisici, sedimentologi, esperti di salinizzazione perlustrano le pianure alla ricerca di conferme. E gli tsunamologhi adesso si mostrano molto interessati. Così una battuta del professor Tinti: «C’è una Sardegna prima di Frau e una Sardegna dopo Frau».

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