IL NURAGHE NOLZA DI MEANA SARDO, UN TESORO ARCHEOLOGICO DELLA SARDEGNA

di RITA VALENTINA ERDAS

Il territorio nel quale troviamo il nuraghe Nolza si estende alle pendici occidentali e sud-occidentali del Gennargentu, all’interno delle regioni storiche della Barbagia-Mandrolisai e del Sarcidano. È caratterizzato sia dalla presenza di una zona collinare, aspra, che raggiunge le altitudini di 600-800 metri e punte che superano i mille metri, sia da una zona prevalentemente tabulare costituita dall’altipiano di S’Arcidanu a Meana. È presente anche una zona con colline più dolci dovuta all’erosione dei suoli caratterizzati da scisti e arenarie. Il territorio di Meana, in particolare, è caratterizzato da terre “rosse” argillose e da suoli “bruni”.

Dal punto di vista idrografico, il territorio è attraversato dal rio Araxisi e dai suoi affluenti che, dopo aver toccato i confini con i territori di Samugheo, Asuni e Laconi, confluisce nel Tirso. Nell’Ottocento, come riporta anche l’Angius, durante la stagione autunnale e con lo scioglimento delle nevi, questi torrenti costituivano delle barriere che ostacolavano le comunicazioni tra l’abitato di Meana e quelli vicini in quanto erano resi impraticabili i guadi e i valichi.

Le indagini archeologiche di superficie hanno permesso di individuare un sistema territoriale complesso, esteso per circa 100 kmq che comprende al suo interno 18 nuraghi dei quali: 5 sono del tipo complesso, 10 monotorre, 3 monotorre ormai completamente distrutti e 8 insediamenti, 3 dei quali privi di nuraghe di riferimento. Tutti questi monumenti erano in stretta relazione con il rio Araxisi e comunicavano tra loro attraverso un sistema di strade, ancora oggi percorribili e praticate, che seguono antici tracciati di epoca Eneolitica. Nella maggior parte dei casi i nuraghi sono disposti sulla sommità del rilievo che costeggia l’alveo dell’Araxisi; in altri casi sono disposti in prossimità dei suoi affluenti principali. In particolare si osserva che i nuraghi monotorre svolgevano la funzione di controllo dei guadi e dei punti di passaggio principali, i nuraghi trilobati controllavano gli snodi viari, mentre il nuraghe Nolza costituiva il caposaldo all’interno del territorio. Accanto al nuraghe sono state identificate le cave di porfido, mentre nelle sue vicinanze si trovano le cave di scisto e, lungo una strada rurale che conduce ad esso, si trova una cava di argilla: tutti materiali utilizzati per la costruzione del nuraghe.

Il complesso nuragico di Nolza si trova a circa 8 km a sud dell’odierno centro abitato di Meana Sardo, nella parte più elevata dell’altipiano di Su Pranu, detto Cuccuru Nolza, a 740 m circa slm. Il nuraghe quadrilobato, i cui resti della torre centrale si elevano per circa 12 m, domina sui resti del villaggio circostante che occupava un’area di circa 2,5 ettari.

Il nuraghe è costituito da una torre centrale e da quattro torri perimetrali unite tra loro da delle cortine murarie. Grazie agli scavi archeologici effettuati tra il 1994 e il 2001 sappiamo che il nuraghe Nolza subì delle trasformazioni già a partire dal Bronzo Medio/Recente e che alla fine del Bronzo Recente cambiò la sua destinazione d’uso, per essere poi abbandonato definitivamente agli inizi del Bronzo Finale. Si possono individuare due fasi costruttive: una, la più antica, risalente al Bronzo Recente, quando il nuraghe era un quadrilobato realizzato in blocchi di scisto; la seconda fase, più recente, relativa al Bronzo Finale, che corrisponde alla demolizione delle cortine murarie meridionali e occidentali e di due delle sue torri e alla loro ristrutturazione con blocchi di porfido.

Dagli scavi effettuati all’esterno del monumento sono stati recuperati migliaia di elementi architettonici in trachite (mensoloni, conci a forma di T, conci d’angolo e a coda) che costituivano la parte sommitale del nuraghe durante la fase del Bonzo Recente/Finale. Mentre, dalle indagini di scavo fatte sulla sommità del bastione sono stati individuati diversi ambienti, tra cui la camera superiore della torre principale, il cortile, la scala e un altro vano, chiamato ambiente “I”. La scala, che metteva in comunicazione la camera inferiore della torre est con il bastione, fu tagliata e nascosta dal muro interno dell’ambiente I. All’interno di questo ambiente è stato rinvenuto un bancone trapezoidale addossato alla parete ovest, accanto a questo un focolare e resti di argilla concotta nelle vicinanze dell’ingresso.

Le strutture relative al villaggio annesso al nuraghe non sono state ancora studiate, eccezione fatte per una capanna circolare del diametro di circa 7 metri, con muri dello spessore di circa un metro realizzato con pietre di piccole dimesioni, situata a circa 10 m a sud de nuraghe. La capanna mostra le tracce di un suo riutilizzo in età romano-imperiale (fine I-II sec. a.C.) come ambiente di lavoro per via dei banconi addossati alle pareti interne e di un tramezzo che divideva la camera in due ambienti. Allo stato attuale non è possibile stabilire con esattezza il periodo di vita del villaggio nuragico non essendo ancora stati effettuati degli scavi archeologici in tutta l’area interessata dall’insediamento.

https://www.arborense.it/

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *