ALLA SCOPERTA DELLA STORIA DE LA MADDALENA: IL “CO.RI.S.MA” DEI PROFESSORI GIOVANNA SOTGIU E ANTONIO FRAU

Maddalena -Faro di Razzoli (foto di Fabio Presutti)

di FRANCESCA BIANCHI

I proff. Giovanna Sotgiu e Antonio Frau, sono soci fondatori del Comitato Ricerche Storiche Maddalenine (Co.Ri.S.Ma.), un’associazione che raccoglie documenti d’archivio, notizie e testimonianze su La Maddalena e pubblica periodicamente un Almanacco Maddalenino (Paolo Sorba Editore). La prof.ssa Sotgiu ha insegnato al Liceo Classico di La Maddalena; il prof. Frau alla scuola secondaria di primo grado. Le loro interessanti e rigorose ricerche di carattere storico sono finalizzate alla conoscenza della comunità isolana studiata nei suoi molteplici aspetti e nelle varie fasi della sua storia. Nel corso della nostra conversazione abbiamo parlato di alcuni argomenti affrontati nei loro numerosi libri, pubblicati in gran parte dall’editore Paolo Sorba: la situazione scolastica maddalenina a partire dalla fine del Settecento fino ad arrivare agli anni Sessanta del Novecento; l’atmosfera magica e insolita della scuola dei fari; la figura di Garibaldi; l’apertura mentale della società maddalenina, basata sulla Marina Militare e sul commercio marittimo; l’alto livello di alfabetizzazione degli isolani; la condizione delle donne maddalenine, più emancipate rispetto alle donne galluresi; la presenza francese e inglese alla Maddalena; il ruolo della famiglia Millelire durante le guerre napoleoniche. I due studiosi hanno parlato anche dei progetti a cui sta lavorando l’associazione Co.Ri.S.Ma. e delle loro speranze per il futuro della comunità.

Prof. Frau, ripercorriamo la storia del Co.Ri.S.Ma (Comitato Ricerche Storiche Maddalenine), autorevole realtà nell’ambito degli studi e delle ricerche sulla storia de La Maddalena. Quando è stata fondata l’Associazione? Qual è il suo punto di forza? L’Associazione si è costituita nel 2001. Siamo una decina di soci. Quando abbiamo cominciato a lavorare, ognuno di noi era geloso delle proprie ricerche, dei propri documenti. Quando abbiamo costituito l’Associazione, abbiamo capito che saremmo stati molto più produttivi ragionando insieme, scambiandoci il materiale, unendo le nostre forze. Da questo scambio continuo deriva l’approfondimento fatto nel corso degli anni: abbiamo portato a termine tante ricerche approfondite sulla nostra storia. La nostra fortuna è stata ed è quella di avere a disposizione gli archivi di Cagliari, Genova, Sassari e anche gli archivi esteri. Quando abbiamo svolto le ricerche circa la presenza inglese a La Maddalena, abbiamo pagato una ricercatrice di Londra che per conto nostro andava a mettere mano agli archivi da consultare per questa ricerca. In questa maniera abbiamo avuto notizie di prima mano che in alcuni casi hanno smentito completamente tutto quello che si era detto fino a quel momento in merito a un determinato fatto o personaggio. È fondamentale basarsi sui documenti. Capita che le scuole facciano ricerche sulla storia di La Maddalena; ogni volta si rivolgono a noi, in quanto conoscono il nostro scrupolo nella ricostruzione degli eventi e la serietà delle nostre ricerche.  In qualità di soci di Co.Ri.S.Ma pubblichiamo l’Almanacco Maddalenino, una rivista che è nata con l’associazione. Siamo all’ottavo numero. Il nostro editore ufficiale è Paolo Sorba, che ha pubblicato anche la maggior parte dei nostri libri.

Prof.ssa Sotgiu, lei ha condotto molte ricerche sull’istruzione alla Maddalena. Quali dinamiche portarono alla fondazione del ginnasio, negli anni Trenta, dell’istituto magistrale, nel 1949, infine del liceo classico, nel 1954. Che ruolo ha avuto la scuola in quegli anni? Dal punto di vista dell’istruzione, La Maddalena dopo la guerra è stata veramente un faro. C’è stata un’intelligente politica da parte dei nostri amministratori. Il ginnasio venne creato nel 1934 perché le famiglie dei militari che stavano alla Maddalena lamentavano che i figli dopo la scuola media non potevano proseguire gli studi. Così, grazie all’aiuto di un ammiraglio, fu creato il ginnasio. Alla fine della guerra, però, con l’Italia sconfitta, La Maddalena era condannata dalla volontà della Francia a dismettere tutte le occupazioni militari; contemporaneamente, si accettò di trasferire qua i corsi per gli allievi sottufficiali. In una visione di modernizzazione e di miglioramento delle condizioni economiche e sociali, gli amministratori decisero di istituire una scuola superiore: non sapevano se optare per il classico, per l’istituto magistrale o per il nautico. Alla fine scelsero le Magistrali (1949), istituto che ebbe un successo enorme: gli iscritti venivano anche dalla Gallura e i nostri diplomati divennero i maestri che ricoprirono le cattedre nelle campagne galluresi, negli stazzi, nei piccoli agglomerati. Ho parlato tanto con le maestre di allora: non deve essere stato facile per loro andare a fare scuola in posti sperduti. Nel ’54 venne aperto il liceo classico. Gli anni dopo la guerra erano segnati da grandi divisioni tra comunisti e socialisti da una parte e democrazia cristiana e conservatori dall’altra. C’era una frattura enorme nella popolazione. Io credo che la scuola abbia rappresentato un elemento di ricomposizione: i ragazzi andavano insieme, le loro attività culturali e sportive le frequentavano insieme, a prescindere dall’appartenenza politica dei loro genitori.

Come si inserisce, in questo contesto, la cosiddetta scuola dei fari?

Giovanna Sotgiu: La creazione di scuole superiori fu accompagnata da quella della scuola dei fari, proposta nel ’56 e iniziata nel ’57. In Gallura fu attivata una scuola volante: con il pullman i maestri raggiungevano le campagne per consentire ai bambini delle elementari di frequentare la scuola. Alla Maddalena c’era l’esigenza dei figli dei fanalisti che stavano a Razzoli e a Santa Maria, ma anche dei figli dei contadini che stavano a Spargi. La sig.ra Clementina Morlè, una donna di grande tenacia, insisteva perché i suoi bambini e i figli degli altri fanalisti avessero una scuola. Inizialmente questa doveva comprendere Razzoli, Santa Maria e Spargi, ma il collegamento era affidato ad un rimorchiatore della Marina che settimanalmente arrivava a Santa Maria e a Razzoli, ma non toccava Spargi. Il primo anno c’è stata scuola solo al faro di Santa Maria, perché a Razzoli c’era un solo bambino, che però frequentava alla Maddalena. In un secondo momento si è attivata la scuola anche a Spargi. I maestri nominati non erano preparati per affrontare una situazione così particolare, ma a giudicare dai loro diari, dalle loro esperienze, da quello che hanno scritto, hanno saputo gestire le cose molto bene: hanno imparato dai loro bambini ad entrare nella mentalità di persone che vivevano completamente isolate. L’esperienza è stata positiva ed è durata circa dieci anni.

Prof.ssa Sotgiu, poco fa ha parlato dei diari che questi maestri scrivevano. Lei ha avuto modo di leggerne qualcuno? Dove sono conservati?  Sì, li ho letti e spesso mi sono commossa. Uno di questi maestri si rammaricava perché non si riteneva abbastanza preparato per intervenire in certe situazioni. Descrive il freddo dell’aula di Punta Filetto, costituita da una camera all’interno del faro, con le finestre che traballavano per la tramontana. Leggendo questi diari si denota una grande passione dei maestri per il loro lavoro, per cui si percepisce la loro sincera partecipazione ai problemi dei bambini. Questi diari sono tutti conservati nell’archivio della scuola elementare.

Lei ha ricostruito un quadro della situazione scolastica maddalenina già a partire dal ‘700, quando erano i cappellani o i parroci a fare lezione. Quando è stata istituita alla Maddalena la scuola pubblica?

Giovanna Sotgiu: La scuola pubblica nel Regno di Sardegna è stata istituita nel 1823 da Carlo Felice. Si trattava di una scuola elementare che secondo lui doveva essere obbligatoria e gestita dai comuni, che però erano poveri e tendevano a risparmiare. A La Maddalena già alla fine del Settecento appare saltuariamente una scuola, anche se con pochi alunni, gestita da sacerdoti, e questo è molto interessante perché fa capire l’apertura mentale della società maddalenina, del resto simile a quella di tutte le società isolane non legate solo ed esclusivamente alla pesca. Una società che si basa sul commercio marittimo e sulla Marina Militare, proprio per gli scambi continui con l’esterno, è molto più aperta. Non è un caso che nel 1803 sia nata una scuola privata, pagata dai genitori che si misero d’accordo con il viceparroco e stipularono un contratto per sei anni, pagandolo, assicurandogli una casa decente dove potesse fare lezione e affidando alle sue cure 16 bambini. Di questi genitori solo pochissimi non sapevano leggere e scrivere, la maggior parte sapeva firmare, quindi il grado di alfabetizzazione era piuttosto alto. Soprattutto, erano tutti o padroni marittimi o funzionari mercantili e questo la dice lunga sull’apertura della società maddalenina rispetto alle altre realtà del resto della Gallura. La nostra società, così come quella di Santa Teresa, che si basava sulle stesse attività economiche, era una società molto aperta, anche dal punto di vista morale; dal punto di vista della cultura e della scuola era molto più avanti rispetto ad altre realtà sarde.

Prof. Frau, lei ha studiato molto la figura di Garibaldi. Negli anni Ottanta ha pubblicato il libro Garibaldi a Caprera. Bibliografia cronologica della vita privata di Garibaldi nell’isola, scritto insieme a Gin Racheli. Chi era, secondo lei, Giuseppe Garibaldi? Che idea si è fatto? Garibaldi è il nostro vecchio. Ognuno di noi nella propria famiglia ha avuto un avo che l’ha conosciuto. Devo dire che la popolazione maddalenina è molto informata su Garibaldi; tutti sono stati al Museo almeno una volta. Io ho avuto il piacere di studiare la vita di Garibaldi relativamente ai 27 anni trascorsi a Caprera; l’ho analizzata da tutti i punti di vista. In occasione dei 170 anni della prima venuta di Garibaldi come esule alla Maddalena, nel 1849, abbiamo organizzato un convegno di studi invitando studiosi che avevano trattato l’argomento. Abbiamo voluto analizzare in maniera precisa, documenti alla mano, ciò che l’Eroe ha vissuto, quello che ha fatto, le amicizie che ha instaurato. Con l’associazione Co.Ri.S.Ma. abbiamo pubblicato anche dei libri specifici. Garibaldi era una persona meravigliosa che metteva davanti a tutto l’amicizia, come si evince dalle lettere, ma anche e soprattutto dai fatti. Era una persona onesta, pulita, un uomo romantico: aveva degli innamoramenti folli, anche platonici, se vogliamo. Certo, ha fatto qualche errore, ma non era un guerrafondaio. Le guerre a cui prendeva parte non sono state mai guerre di conquista, ma di difesa, guerre per l’indipendenza, per aiutare i popoli oppressi.

Prof. Frau, nelle sue pubblicazioni quali altri argomenti ha affrontato? Ho insegnato arte alla scuola secondaria di primo grado, quindi mi sono occupato molto della parte artistica. Mi sono interessato in particolare di Santa Maria Maddalena e della vicenda che la lega all’isola; ho fatto uno studio specifico su questo. Abbiamo scoperto che nella parrocchia era presente un piccolo libro tratto dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, dove si narrava del miracolo di Santa Maria Maddalena nell’isola del Miracolo. Da Giotto in poi, chi ha rappresentato il miracolo del Principe di Marsiglia, che è legato alla Maddalena, ha dovuto in qualche modo rappresentare l’isola del Miracolo.

Nel 2018 avete pubblicato il libro Le bocche di Bonifacio. Il tempo e i luoghi di una regione di frontiera (Paolo Sorba Editore). Con quali finalità è nata questa pubblicazione?

Antonio Frau: In questo libro è confluito materiale che abbiamo raccolto da una vita, come mappe e carte geografiche, con il fine di concentrare in un tomo tutto quello che è stato detto sulle Bocche di Bonifacio. Non è un saggio, naturalmente, per cui noi abbiamo inserito tutte le varie discipline, senza prendere posizione. Una delle parti più importanti del libro è la bibliografia, aggiornata al 2019. Esistevano degli studi sulle mappe della Sardegna, ma non si trattava mai di mappe riferite solo all’arcipelago. Noi abbiamo trovato tantissime mappe poco conosciute dell’arcipelago, il che è stato interessante sia per la parte corsa che per quella sarda. La collega e amica Giovanna Sotgiu le ha analizzate in maniera certosina una ad una ed è venuto fuori un lavoro davvero interessante.

Prof.ssa Sotgiu, alla Maddalena c’è stata la cultura degli stazzi così come si è affermata in Gallura? Quali differenze c’erano tra queste due realtà? Qui si chiamavano “pasciali”, non stazzi. I primi corsi che abitavano qua, sia a La Maddalena che a Caprera e a Spargi, erano dediti ad agricoltura e pastorizia, magari con bestie che erano inizialmente di proprietà dei padroni bonifacini. C’erano continui contatti tra Gallura del nord costiera e i nostri corsi maddalenini. C’era un rapporto continuo, anche di contrabbando, che per loro era un commercio regolare: il fatto che la Corsica appartenesse alla Francia e la Gallura al Regno di Sardegna poco interessava a queste comunità frontaliere. Gli stazzi galluresi dipendevano dai signori tempiesi e da feudatari, con un rapporto severo, una soccida piuttosto dura; gli abitanti degli stazzi maddalenini, invece, che dipendevano da padroni bonifacini, sembra che avessero un rapporto molto più tranquillo con i loro padroni. Le abitudini, però, erano le stesse, derivate dalla vita solitaria lontana dai centri di amministrazione e di potere. Il contratto base prevedeva che il padrone desse loro un certo numero di capi di bestiame per un certo numero di anni, generalmente nove, nel corso dei quali l’incremento doveva essere diviso a metà. Alla fine dei nove anni il pastore, che magari era arrivato qui senza niente, se non con il bestiame che aveva ricevuto dal proprietario, si ritrovava con un certo numero di bestie. Se, però, perdeva i capi di bestiame, era obbligato a risarcire il padrone.

Con la sua opera L’isola e le donne (Paolo Sorba Editore, 2016) ha ottenuto il XLIV Premio Scanno per Antropologia Culturale e Tradizioni Popolari. Cosa l’ha colpita della condizione delle donne maddalenine?
Giovanna Sotgiu:
Ricercando con scrupolo e basandosi sui documenti, si trovano molte curiosità. Ad esempio si viene a conoscenza della libertà delle donne maddalenine rispetto alle donne galluresi. In Gallura, fino agli anni recenti, una donna separata dal marito doveva vivere quasi segregata, se voleva mantenere una buona reputazione; alla Maddalena questo non è mai avvenuto. Tutt’altro: si registrano da sempre molte unioni extraconiugali già a partire dalla fine del Settecento, e questo, secondo me, è il segno di una visione più ampia della vita. Dal punto di vista dell’istruzione, poi, quello che ho notato è che alcune di queste donne erano capaci di scrivere e di difendere da sole i loro diritti. Una figlia di Domenico Millelire, rimasta vedova, gestiva i suoi affari commerciali con la Corsica e non esitava a mettere per iscritto le sue ragioni per difendere i propri interessi.

G1 – Maddalena -Razzoli, conca fraicata, utilizzata in passato come ricovero per animali

Nel 2021, sempre per l’editore Paolo Sorba, ha pubblicato il libro Spargi, con un ricchissimo apparato fotografico curato dal fotografo maddalenino Fabio Presutti. Questo libro dovrebbe essere il primo di una serie che il Co.Ri.S.Ma. si propone di dedicare alle isole minori dell’arcipelago. Ci sveli qualche dettaglio di questa pubblicazione…

Giovanna Sotgiu: Scrivere questo libro per me è stato raccontare una storia di persone che nessuno conosceva, perché le vite solitarie e a volte drammatiche di quei pastori sono particolari, interessanti e appassionanti. Spargi, con la sua storia millenaria, ci fa rivivere il cammino degli uomini del Neolitico che abitarono le sue grotte nelle soste durante i loro viaggi verso il nord, la misera e pericolosa vita dei pastori corsi, il sogno di Natale Berretta, che si illuse di mantenerne il possesso esclusivo, la trasformazione del suo aspro paesaggio naturale in fortezze potenti che dovevano resistere alle temute invasioni. Con il fotografo Fabio Presutti collaboriamo da sempre; le immagini del libro sono sue. Io conosco bene Spargi, ma è una conoscenza ferma a 30 anni fa. Fabio, invece, continua a frequentarla ancora adesso, per cui il suo contributo è stato fondamentale.

Prof.ssa Sotgiu, lei ha dedicato alcune pubblicazioni alla famiglia Millelire, da sempre punto di riferimento per la comunità maddalenina. Su basi rigorosamente documentarie, ha cercato di ricostruire la storia della famiglia e dei suoi esponenti di maggiore rilievo. Quali informazioni è riuscita a ricavare da questa sua ricerca? Nel riferire notizie sulla famiglia Millelire, c’è sempre stata una sorta di monopolio di Domenico, medaglia d’oro per il suo eroismo nel 1793, che però non è stato il solo ad essere così importante e determinante per la storia della Maddalena. Antonio Millelire, ad esempio, non si conosceva, fino a quando non abbiamo fatto ricerche rigorose per recuperare questa figura, che è stata importantissima. Durante il periodo delle guerre napoleoniche, quando il regno di Sardegna era in una posizione di forte inferiorità rispetto a inglesi e francesi, La Maddalena era diventata un centro di smistamento di notizie, di attività di corsari, di approvvigionamento della flotta di Nelson che, dal 1803 al 1805, sostò nell’arcipelago otto volte. In tutto ciò Antonio Millelire ha avuto un ruolo importantissimo: collaborava con Desgeneys, ammiraglio della piccola flotta sarda, supportandolo anche con l’acquisto di una casa demaniale, la cosiddetta “casa del re”, dove abitava il Comandante della Marina nei periodi precedenti. Desgeneys aveva bisogno di soldi per rafforzare l’isola ed evitare il temuto attacco francese che, dopo il 1793, ogni tanto si riproponeva. Quindi, per queste necessità di avere subito del denaro, aveva deciso di vendere la casa, ma non riusciva a farlo per le condizioni strutturali precarie. Antonio si offrì di comprarla. Catturato dai Barbareschi, usò il periodo di schiavitù per osservare e descrivere attentamente tutte le opere di difesa della città di Tunisi. Era un bravissimo cartografo; ha creato la mappa delle isole che poi è stata utilizzata dai cartografi successivi. Antonio aveva due figli: Giovanni e Francesco. Quest’ultimo ha avuto un ruolo determinante nell’arrivo di Garibaldi alla Maddalena, dal momento che era al comando dell’imbarcazione che nel 1849 doveva trasferire Garibaldi a Tunisi, da dove, però, venne respinto e rimandato indietro. Allora Francesco, che conosceva bene la sua isola e sapeva come Garibaldi avrebbe potuto essere ospitato, convinse le autorità a portarlo qua. Se non ci fosse stato Francesco Millelire, Garibaldi non sarebbe mai arrivato alla Maddalena. Giovanni, invece, era ufficiale dell’artiglieria di Marina. Nel 1821 partecipò ai moti liberali di Genova in appoggio a quelli di Alessandria e di Torino, per questo fu degradato e mandato alla Maddalena come privato cittadino. Qui si mostrò pieno di attenzioni per la sua isola, aiutando i suoi concittadini con consigli e offerte di denaro.

Prof.ssa Sotgiu, lei ha dedicato alcune pubblicazioni alla famiglia Millelire, da sempre punto di riferimento per la comunità maddalenina. Su basi rigorosamente documentarie, ha cercato di ricostruire la storia della famiglia e dei suoi esponenti di maggiore rilievo. Quali informazioni è riuscita a ricavare da questa sua ricerca? Nel riferire notizie sulla famiglia Millelire, c’è sempre stata una sorta di monopolio di Domenico, medaglia d’oro per il suo eroismo nel 1793, che però non è stato il solo ad essere così importante e determinante per la storia della Maddalena. Antonio Millelire, ad esempio, non si conosceva, fino a quando non abbiamo fatto ricerche rigorose per recuperare questa figura, che è stata importantissima. Durante il periodo delle guerre napoleoniche, quando il regno di Sardegna era in una posizione di forte inferiorità rispetto a inglesi e francesi, La Maddalena era diventata un centro di smistamento di notizie, di attività di corsari, di approvvigionamento della flotta di Nelson che, dal 1803 al 1805, sostò nell’arcipelago otto volte. In tutto ciò Antonio Millelire ha avuto un ruolo importantissimo: collaborava con Desgeneys, ammiraglio della piccola flotta sarda, supportandolo anche con l’acquisto di una casa demaniale, la cosiddetta “casa del re”, dove abitava il Comandante della Marina nei periodi precedenti. Desgeneys aveva bisogno di soldi per rafforzare l’isola ed evitare il temuto attacco francese che, dopo il 1793, ogni tanto si riproponeva. Quindi, per queste necessità di avere subito del denaro, aveva deciso di vendere la casa, ma non riusciva a farlo per le condizioni strutturali precarie. Antonio si offrì di comprarla. Catturato dai Barbareschi, usò il periodo di schiavitù per osservare e descrivere attentamente tutte le opere di difesa della città di Tunisi. Era un bravissimo cartografo; ha creato la mappa delle isole che poi è stata utilizzata dai cartografi successivi. Antonio aveva due figli: Giovanni e Francesco. Quest’ultimo ha avuto un ruolo determinante nell’arrivo di Garibaldi alla Maddalena, dal momento che era al comando dell’imbarcazione che nel 1849 doveva trasferire Garibaldi a Tunisi, da dove, però, venne respinto e rimandato indietro. Allora Francesco, che conosceva bene la sua isola e sapeva come Garibaldi avrebbe potuto essere ospitato, convinse le autorità a portarlo qua. Se non ci fosse stato Francesco Millelire, Garibaldi non sarebbe mai arrivato alla Maddalena. Giovanni, invece, era ufficiale dell’artiglieria di Marina. Nel 1821 partecipò ai moti liberali di Genova in appoggio a quelli di Alessandria e di Torino, per questo fu degradato e mandato alla Maddalena come privato cittadino. Qui si mostrò pieno di attenzioni per la sua isola, aiutando i suoi concittadini con consigli e offerte di denaro.

Attualmente Co.Ri.S.Ma. a quali progetti sta lavorando?

Antonio Frau: Abbiamo in programma il nuovo numero della rivista. Generalmente mandiamo lettere a studiosi che hanno affrontato argomenti meno conosciuti, come può essere quello relativo alla storia medievale dell’arcipelago. Alcuni ci forniscono del materiale. L’idea è quella di dare sempre più spazio alla saggistica e meno alla poesia o al racconto, in quanto l’associazione si occupa di ricerche maddalenine.
Qualche giorno fa è uscito il libro Storia di La Maddalena e del suo Arcipelago. Le vicende storiche, l’economia e gli avvenimenti più importanti dall’antichità ai giorni nostri, curato da Giovanna Sotgiu. Ci siamo accorti, infatti, che mancava un’opera di carattere divulgativo che potesse raccontare, in breve, le vicende storiche che hanno interessato l’Isola madre e il suo Arcipelago. Il libro rappresenta una sintesi della storia millenaria che contraddistingue questo territorio e i suoi abitanti. È ricco di foto storiche; ci sono tante foto aeree. Trattandosi di un compendio, la storia è raccontata a grandi linee, ma il lettore, attraverso le numerose note e la bibliografia, potrà approfondire i singoli argomenti.

Cosa vi augurate per il futuro della Maddalena?

Antonio Frau: In vent’anni Co.Ri.S.Ma. ha fatto tanto e continuerà ad approfondire argomenti che abbiano un riscontro oggettivo. Noi vogliamo risolvere gli enigmi, con la consapevolezza che questo è possibile solo trovando i documenti, non con la fantasia. Inoltre, Co.Ri.S.Ma. avrebbe bisogno di forze nuove: noi iniziamo a diventare anziani, per cui è importante accogliere linfa nuova. Certo, continueremo a fare ricerche, ma bisogna dare spazio a nuovi nomi, per questo è fondamentale coinvolgere le giovani generazioni.

Giovanna Sotgiu: Mi auguro che, nella migliore accoglienza possibile per chi arriva qui, si cerchi di mantenere lo spirito che La Maddalena ha sempre avuto, che non diventi altro, che non apra troppo le porte a esterni che poi ci “fagocitano”. Sarebbe molto importante riuscire a mantenere la nostra cultura, le nostre abitudini, il nostro modo di pensare. Devo dire che molti giovani la pensano così ed è fondamentale far sì che possano legarsi sempre più al territorio in cui vivono. Ci sono ragazzi che non vedono l’ora di partire, ma ci sono molti che qui vogliono rimanere, anche a costo di penalizzarsi un pochino, pur di restare e continuare a vivere come sono stati abituati a fare.

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Un commento

  1. Annita Garibaldi

    Complimenti per questa bellissima sintesi del vostro operato, anche se riduttiva. Grazie anche per il vostro Garibaldi. Non fatevi impressionare dall’età. È un dato relativo. Evviva i progetti.

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