SCENDO IN CAMPO PER UNA SCUOLA MIGLIORE: LA CANDIDATURA ALLE REGIONALI IN SARDEGNA IN UN "PROGETTO COLLETTIVO"

nella foto l'autrice dell'articolo (art. su Tottus in Pari 491)


di Marina Spinetti

Dicono gli “scienziati” della politica che conta (e che fa i conti) che una candidatura, soprattutto se la prima, vada ben ponderata per non “essere bruciata”. Non sono d’accordo.
Non ci sono “bruciature” personali nei progetti collettivi. Perché quando si lavora assieme l’acqua che ciascuno porta è in grado di spegnere qualunque incendio. L’acqua di ognuno ristora la terra e fa germogliare i sogni. Sì, i sogni. Lo dico senza retorica perché credo che la capacità di guardare lontano sia quello che fino a ora ci è più mancato.
Sono candidata con la lista Gentes di Sardegna Possibile nella circoscrizione di Cagliari e non in Gallura, benché viva da sempre e lavori alla Maddalena. Scelta potenzialmente “ustionante”, mi hanno detto questi scienziati della “bruciatura”. E’ davvero strano il timore di noi sardi per il fuoco dell’impegno, con tutta l’acqua e tutto il mare che ci circonda. Tanto meno, ho pensato un attimo prima di decidere, può permetterselo un’isolana di un’isola. Quando il progetto è condiviso, ho concluso, si va dove occorre. A Casteddu, dunque. E poi non è forse propriò là – a mezz’ora di traghetto e quattro ore di macchina dall’isoletta – la più massiccia concentrazione di scuole di tutta l’Isola grande? E io faccio l’insegnante.
A questo punto mi hanno chiesto, gli scienziati, se Michela Murgia mi abbia promesso “qualcosa” in cambio di questo impegno. Assolutamente sì, ho risposto. Gli scienziati-amici allora hanno sorriso, come rassicurati per il mio futuro, per poi rabbuiarsi un istante dopo nel non sentire parole note come “pacchetto di voti”, “enti”, “agenzie regionali”…
Michela mi ha promesso solo che le soluzioni che a me sembrano urgenti e di buon senso per la scuola sarda, quelle per cui io, con moltissimi colleghi, ho lavorato in questi anni con difficoltà, non “con l’aiuto di”, ma “nonostante” le istituzioni ostili, le farà sue, se andrà al Governo della Regione. O in alternativa ci costruirà su le battaglie con gli eventuali consiglieri che faranno opposizione.
La scuola è paradigma perché, più di altre espressioni della società, richiama e riassume in sé tutte le altre questioni aperte: le nostre dipendenze, i nostri deboli processi di identificazione collettiva, le nostre carenze infrastrutturali, il rifiuto di dotarci degli strumenti economico-finanziari per poter attivare investimenti congrui nei settori nevralgici dell’istruzione e della ricerca, la marginalizzazione dell’irrisolta questione linguistica (che con l’abbandono scolastico ha molto a che fare), la devastazione del tessuto produttivo e sociale.
Purtroppo è per me lecito dubitare che la maggior parte dell’attuale classe politica sarda sia in grado – posto che si renda conto dell’emergenza – di assumersi questo compito essenziale di risanare la scuola sarda. Michela, nel chiedermi di rappresentare le istanze della scuola sarda, mi ha promesso che saranno le forze intellettuali e politiche più dinamiche e per nulla compromesse con i giochi di potere dello status quo, a farsi carico di un mutamento di paradigmi e di prospettiva non più eludibile.
Mi ha promesso che verranno fissate regole per far sì che poi si possa poi fare a meno di noi, non che si rattoppi solo per essere indispensabili ed insostituibili per lunga serie di legislature. E che le prime indispensabili regole saranno la riforma dello statuto sardo e la legge quadro regionale sulla scuola.
Dico riforma dello statuto poiché la legge che ci serve, se non indipendentista, deve essere almeno autonomista, considerato che il nostro statuto non ci consente neanche questo livello di autonomia, occorre prima la riforma della Regione e del suo statuto. Solo così potremo accedere a standard diversi da quelli nazionali e adeguati alla nostra realtà.
E poi la legge quadro, con questi punti chiave, condivisi con i colleghi nell’OST Cultura di Nurachi. Già, ed è un’altra delle cose che mi hanno convinta: in questo progetto abbiamo messo assieme l’esperienza e la memoria di anni di lotte (e di delusioni) e l’energia e la volontà di oggi. Ci siamo ritrovati in tanti, che si erano perduti, che non si vedevano da anni. E abbiamo ricominciato. Questo, per tornare ai “sogni”, è un sogno che si è già compiuto. Perché solo un anno fa nessuno di noi lo immaginava possibile.
E così mi sento di elencare, uno dopo l’altro, i punti essenziali del nostro progetto. Questa volta, finalmente, non con la sensazione di ripetere in una giaculatoria vuota la lista dei reperti fossili della speranza, ma di enunciare un programma vivo, concreto, realizzabile:
1) Ridurre il numero massimo di alunni per classe, dato che qualità ed efficacia dell’insegnamento migliorano nelle classi non sovraffollate.
2) Stabilizzare gli insegnanti per garantire la continuità didattica.
3) Progettare costanti e monitorate attività di recupero a favore degli studenti in difficoltà.
4) Favorire l’acquisizione del diploma anche agli adulti sprovvisti del titolo mediante corsi serali nella scuola pubblica.
5) Realizzare servizi di accoglienza destinati agli studenti pendolari.
6) Integrare istruzione e formazione professionale rendendo strutturale l’alternanza tra scuola e lavoro.
Insomma, non temo le “ustioni” personali nei progetti collettivi.  Voglio solo essere un’insegnante felice, una cittadina realizzata, in una Scuola Possibile.

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2 commenti

  1. Una candidata per fare politica con passione. Vi invito a votarla.

  2. bellissimo articolo….credo proprio che andrò a votare con gioia quest’anno!

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