MARIANGELA GUALTIERI POETESSA, DRAMMATURGA E ATTRICE DI TEATRO: A "CABUDANNE DE SOS POETAS" E' BRILLATA LA SUA STELLA LUMINOSA

Mariangela Gualtieri


di Brunella Mocci

La cupola della chiesa sovrasta e protegge insieme il piccolo paese adagiato in una costellazione di fioche luci notturne. Immersi improvvisamente nella sera di un  freddo autunno dopo aver lasciato al giorno estivo il sole ed il suo calore,  ecco come ci si sente arrivando a Seneghe a fine agosto. Si svolge qui infatti il Cabudanne De Sos Poetas, giunto al suo 7° anno di vita ma già molto “grande”.   Accolti da piccole case di pietra lavica, si snodano strade buie nell’aria impregnata di parole e suoni sfuggenti che sembrano disperdersi fluttuando. Ma è facile seguirli  in un gioco di vicoli scuri e stretti dove ci si sfiora con gli altri passanti. In un buio quasi fiabesco. Minuscole e raccolte le piazze per assaporare in un’intimità quasi sacra voci e cuori  nel maestrale notturno.  Una di queste è quella di Mariangela Gualtieri, poetessa, drammaturga e attrice di teatro. E’ piccola e minuta ma porta in sé il mistero di chi sa ascoltare profondamente la vita dalle viscere. Voce bambina che affida al vento l’istintiva gioia della meraviglia, delle spine e del fuoco, del sollievo di alberi e montagne di cui avvertire il respiro. Un minimalismo che è semplice solo in apparenza, “una gioia intessuta che sa della fibra di tutte le cose”. Rette da voce flebile ma ferma che conosce come esplodere frammenti di tempesta nel silenzio del cuore. Nella cornice suggestiva di questa piazza dal nome evocativo, Partza de Sos Ballos, è stato come riconoscerla per la prima volta la Gualtieri.  L’ho seguita spesso in giro per l’Italia, anche col suo teatro Valdoca, ma nella cornice minuscola e confidenziale  di questo  cabudanne mi è sembrata emergere ancor di più, se possibile, la sua grande forza.  Quella sua  radice di terra, sottobosco e calore d’animali nella tana, che corre dal suono di tonfo leggero della foglia che cade al clamore colorato dei fiori,  rivelando quell’inquietudine dei nostri giorni fatti di parole spesso affondate in terreni melmosi. Mariangela Gualtieri parla una lingua di terra e del sangue che la bagna, di corpi che pesano e contrastano l’istinto alla distruzione, con la volontà di esplorare territori desertici e di confine, in una tensione amorosa continua verso l’altro come necessità urgente dell’uno sull’essere in due.   Necessità del corpo che si fa incastro, lingua e fiato. Una natura straripante è vertigine di dolore per ciò che si è già perduto e allo stesso tempo stupore fiducioso d’attesa,  speranza sospesa tra terra e cielo. Mariangela Gualtieri, o della parola prosciugata e nitida, scorticata e appesa di fronte ai nostri occhi, a comprensione e compassione del mondo. Ha condotto la parola,  fattasi  arsura  attraverso terre aride, arrampicata su crepacci di pietra tagliente, in un cammino che l’ha infine scaraventata  qui, ora scalza poesia di  sangue rappreso dalla furia dei “suoi non” (come recita uno dei sui testi più noti ) proprio di fronte a noi.  Stremata di dolore e con il dubbio necessario  che s’interroga sul nostro essere umani, sul groviglio di ombre e luci che ci contraddistingue oggi,  come novelli Caino,  donatori di morte  immersi  in una natura che costantemente distruggiamo e insieme ancora assetati di vita rigenerante. Non riesco a non sentire il dolore per il fuoco che negli stessi momenti continua a divampare e a divorare pezzi vivi di questa terra incolpevole.  Distruggendo la vita fuori e dentro di noi. Il cielo di Seneghe, in questa notte di fuochi assassini, è  una volta felice e brulicante di piccole lucciole in fiamme, una mappa luminosa che traccia itinerari e desideri uniti da fili invisibili che sono la trama fitta e indissolubile di tutte le cose.  Sta a noi coglierne il senso più profondo, quello che più ci appartiene, a noi riappropriarci del nostro essere tutt’uno con il tutto che ci contiene, a colmare la distanza tra noi e il nostro fuoco centrale, in un impeto  interiore a cui non si può sfuggire. Non posso che ringraziare Mariangela, Seneghe e il suo Cabudanne stanotte.  Per avermi offerto tanta emozione e contemporaneamente fatto riflettere sul forte impatto emotivo che simili spazi garantiscono e quanto questi nostri luoghi silenziosi e lontani dalla città e dal chiasso siano idonei per comunicare le parole essenziali della poesia.  Di qualunque forma esse siano.

Un me in me più vecchio di me sgorga da quello ogni parola che non si consuma… (Mariangela Gualtieri  paesaggio con fratello rotto, 2008)

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2 commenti

  1. Volete dire qualcosa a qualuno ma non avete il coraggio di farlo a voce? ditelo attraverso un video… I messaggi selezionati verranno cantati dalle Sisters e il fortunato vincitore riceverà 2 biglietti per il magico musical Sister Act che partirà il 27 ottobre a Milano. Ecco un esempio di messaggio delle sisters http://www.youtube.com/watch?v=z2lbnGww0aU&feature=player_embedded
    troppo figooo!!

  2. E’ poesia anche la sua descrizione. Mi complimento per le sensazioni che l’articolo riesce a trasmettere e ringrazio l’autrice perchè mi ha incuriosita, e ho deciso di cominciare a leggere le spoesie di Mariangela Gualtieri, che sinceramente non conoscevo. Grazie
    Marina Serra

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