Le virtù dei sardi

di Vitale Scanu

 

Il "prezzo" di una persona è determinato dalle qualità che la arricchiscono. Esse costituiscono come un valore aggiunto spendibile nella società e la società lo apprezzerà per questo valore che egli può spendere. Il discorso vale, come per l’individuo così per una etnia. Paradossalmente, l’isolamento della nostra isola – mentre tiene i Sardi all’angolo in termini geografici, forzatamente li isola anche per la grande storia, per l’arte, la musica, per gli usi e costumi, per il progresso in genere, per i commerci, per la circolazione rapida delle nuove idee, penalizzandoli quindi di riflesso quanto ad una immediata rispondenza alle novità che circolano nella terra ferma – ne ha cristallizzato e ne conserva più a lungo che in altre regioni quelle che sono le caratteristiche esclusive sotto i più vari aspetti, dando esito a una evoluzione esistenziale autonoma tutta particolare. Il Sardo è un professionista del far-da-sé nell’evoluzione storica. Oggi mi piace focare l’attenzione su alcune "virtù" dei Sardi, qualità positive scaturenti dalla loro identità.

■ I Sardi, sotto ogni latitudine, hanno una fortissima coscienza di essere un popolo unico, senza confini. Le prime migrazioni erano motivate essenzialmente dall’impellenza esistenziale, per sé e per la famiglia, che allontanava i Sardi da casa. Tanto o poco, però, il maggior contatto con l’esterno aveva indotto i Sardi emigranti a fare un paragone sui diversi regimi di vita di altre genti e sulla possibilità di poter raggiungere an-ch’essi un livello di vita più soddisfacente. Man mano questa pulsione causata da necessità primordiali della prima migrazione scemò. Oggi l’emigrazione è prevalentemente per motivazioni di ordine intellettuale, artistico, dirigenziale, professionale… Si emigra per specializzarsi, per studiare, per assumere incarichi di responsabilità o rappresentativi. Ma – e questo è il punto – noi Sardi siamo così profondamente segnati dalla nostra terra che, ovunque ci troviamo, conserviamo sempre il senso di appartenenza all’unico popolo sardo. Un minimo comun denominatore ci accomuna: il sentimento della sardità. Come dire che i Sardi, persa la Sardegna come luogo geografico, conservano dovunque quel fortissimo attaccamento alla loro etnia. La Sardegna, che dà alla sua flora e alla sua fauna colori e profumi e gusti tutti suoi, più intensi che altrove, parimenti crea nell’animo dei suoi figli quel qualcosa di indefinibile che chiamiamo sardità: la sardità come stato d’animo, anche senza il contatto geografico.

■ Il Sardo è introverso e solitario. Giudico questo come una qualità positiva. L’isolamento che da millenni ha costretto il Sardo nelle solitudini sconfinate e ventose della sua terra, non poteva non favorire un carattere etnico introverso, riflessivo, egocentrico, ripiegato su se stesso, meditativo. E’ un difetto, di per sé, perché può portare alla solitudine psicologica, a un comportamento civile rudimentale, a una visione incompleta della realtà e a ignorare la voce "prossimo". Il Sardo è di natura poco socievole, poco discorsivo, solitario e silenzioso, impacciato nel parlare e mediocre affabulatore. Non sa fare il buffone e non ha fama di possedere grande fantasia. La musica, i costumi, i balli iterativi ne sono un riscontro. Però, da un altro versante, questo difetto può anche essere visto come attitudine alla riflessione e all’in-dagine interiore, come abito connaturato a dialogare con la propria anima e ad esaltarne i sentimenti. Le migliaia di proverbi e detti popolari sono espressione di una saggezza antica decantata in secoli di riflessione.

■ Il Sardo, forse per la sua abitudine alla introspezione, ha un’anima naturalmente poetica. La struggente e solitaria bellezza della terra, del cielo e del mare, segna in lui tracce profonde; questi argomenti costituiscono i temi costanti della sua poesia. I poeti improvvisatori che con strabiliante bravura si esibiscono in piazza, sono seguiti con estremo interesse da ogni genere di persone, anche da chi fatica a comprendere a fondo il verso poetico formulato in un altro dialetto. 

■ Il coraggio, la balentìa, la testardaggine. Educato dalla natura a sbrogliarsela da solo, davanti alle difficoltà il Sardo è portato a trovare in sé l’energia per superare l’ostacolo e non cede facilmente di fronte all’entità del contrasto che gli si oppone. Del coraggio dei Sardi potrebbero parlare a lungo i cartaginesi, i legionari di Roma, gli spagnoli, i francesi, gli austriaci… Così scrive Diodoro Siculo: "Sebbene i cartaginesi e i romani sovente li abbiano inseguiti con le armi, non poterono mai ridurli all’obbedienza… I cartaginesi non poterono ridurre in servitù gli antichi possessori (della Sardegna)… Anche i romani, per nessuna forza militare che impiegassero poterono giungere a soggiogarli"; gli spagnoli sperimentarono a più riprese il valore degli eserciti dell’Arborea; i francesi che, volendo francesizzare la nostra isola,  attaccano e sono sconfitti una prima volta a Cagliari (16 febbraio 1793) e poi a La Maddalena, vengono cacciati assieme al giovane comandante, un certo signor Bonaparte Napoleone, dall’isola di Santo Stefano: sono sconfitti pesantemente da un gruppetto di maddalenini guidati da Domenico Millelire e le navi sono costrette a fuggire (25 febbraio 1793); gli austriaci che temono l’impeto temerario da camikaze dei fanti "straccioni" del 151° e del 152° Reggimento della Brigata Sassari (13 medaglie d’oro, 405 d’argento, 551 di bronzo); i piemontesi che vengono spediti fuori dalle scatole il 28 aprile 1794… I Sardi non sono stati mai vinti per mancanza di coraggio ma per il numero preponderante dei nemici che li ha soprafatti.

 Ospitale, fedele e generoso. Il Sardo doc è spontaneamente ospitale. Alle volte fino all’esagerazione: "Se non mi rendi visita mi offendo". Se il Sardo è motivato è capace di una generosità e di un altruismo senza confronti. Forse è nel suo DNA ereditario pervenutogli da tempi millenari. L’ospitalità dei Sardi sa di tempi omerici. L’ospite per lui è la persona debole e indifesa che ha bisogno d’aiuto; è compagnia, può essere un aiuto leale, un amico in un ignoto futuro, è difesa, è punto d’appoggio su cui contare. Quanto il Sardo è ospitale, totalmente amico per l’ospite sincero, altrettanto diventa diffidente e perfino feroce col nemico. Fino a quando non constata il tradimento e la doppiezza egli è fedele e dà l’anima per l’am
ico. Se i Punici, i Romani, gli Spagnoli o i Piemontesi avessero capito questo, si sarebbero fatti amici i Sardi e non avrebbero ricevuto tante micidiali reazioni alla loro arroganza. In Sardegna, chi si presenta come un amico dubbio o malfidente fa poca strada. Il Sardo non scorda mai il tradimento.

Senso religioso. Fin dalla preistoria sappiamo che il Sardo è di animo religioso. Perfino, ci sono degli studiosi, come il prof. Massimo Pittau, i quali sostengono che i nuraghi, più che monumenti di status simbol o fortezze militari, fossero dimore di venerazione eterna per i propri lari e per i penati del villaggio. I Sardi nuragici, dopo aver lasciato i loro defunti all’aperto per essere scarnificati dalle fiere e dai rapaci riportavano le loro ossa nella capanna di famiglia, interrandole sotto il pavimento, sistemandoli seduti rivolti a est o accuratamente deposti in fosse comuni. E’ il segno del loro affetto e di una speranza futura. Le preistoriche domus de janas e le tombe dei giganti attestano una credenza della nostra gente in un altrove esistente oltre la morte. Divertimento, folclore, socialità, musica figurano ancora oggi legati con grande naturalezza al religioso. Le feste per S. Efisio ne sono valida testimonianza. Va be’ che certe volte i Sardi nuragici precipitavano da qualche dirupo il vecchio nonno in stato terminale, o lo facevano soffocare da s’accabadora (eutanasia nuragica!… usanza certificata fino agli anni trenta del secolo scorso, di cui anche la gerarchia ecclesiastica prendeva atto) e le ragazze madri venivano murate vive dai famigliari stessi in qualche anfratto montano fino alla morte… Ma pure questo era per obbedire a qualche imperativo di ordine religioso, sebbene orripilante. La superstizione, la magia, s’ogu pigau e altre idiozie similari che ancora imperversano nei nostri paesi, altro non sono che schegge impazzite di sustrato religioso.

Amante della terra e della natura. E’ la terra che fa germogliare gli alberi e le persone e a ognuno dà i suoi umori inconfondibili: la terra di Napoli fa i napoletani, la terra del Trentino fa i trentini, la terra di Sardegna fa i Sardi… Ognuno è diverso per l’indole e per il proprio patrimonio genetico, non solamente nella persona singola, ma nel DNA etnico. Il Sardo ha un profondo legame con la terra, le assomiglia: taciturno, arcigno, disadorno, duro… per questo io resto fiducioso che, fin quando ci sarà la terra sarda vi saranno i Sardi con le loro caratteristiche specifiche. Quanto è preziosa e amabile la nostra terra! Tutto parte da lì. E’ terribile e inesorabile, ma pure ti offre infiniti appigli e risorse per poter sopravvivere; il Sardo li sa tutti sfruttare e lavorare al meglio, e ha imparato a vivere congruamente alla destinazione in cui madre natura lo ha collocato.

Orgoglioso. Il Sardo è insofferente delle leggi, è amante della sua autonomia e della sua libertà. Il Sardo è difficilmente omologabile e difende testardamente le proprie opinioni, cosa che alle volte può originare esiti poco simpatici. Alle volte anche autolesivi. Le terrificanti incursioni contro i nemici romani  e affini, l’insofferenza per le leggi, l’osservanza inadeguata del codice stradale, le manifestazioni di autonomismo, le infinite diatribe dei nostri "praticanti" politici… sono tutte esteriorizzazioni di un orgoglio nativo che non sopporta finimenti addosso.

Senso della famiglia. Il primo cerchio dell’isolamento è il mare che si frappone tra i Sardi e la terra ferma, cerchio che costruisce un popolo dalle caratteristiche singolari. Un secondo cerchio è dato (oggi non più tanto, per fortuna) dalle difficili condizioni logistiche e delle comunicazioni tra le varie comunità isolane, che, così isolate, si creano anche tantissime varianti di dialetto, differenti perfino da villaggio a villaggio. Un terzo cerchio è rappresentato dalla sua famiglia. Il Sardo è estremamente geloso delle sue cose e della propria famiglia, il suo piccolo mondo, che lo chiude al mondo esterno.

Convivialità e generosità. Il Sardo è amante della convivialità e delle grandi tavolate tra amici, favorito anche da una sontuosa copia di prodotti e alimenti naturali ricchi di un gusto straordinario. I convivi sponsali e le feste paesane, frequentissime e molto partecipate riproducono una convivialità di tempi omerici. Sorgerà forse una domanda: ma di quale Sardo stiamo parlando? Esiste ancora questa identità di Sardo e in quale fase si trova oggi? E’ più vero ed evidente il Sardo dei contenuti ereditari positivi o quello delle tare ataviche? Quali sollecitazioni assalgono o mettono in pericolo oggi la nostra identità? Riusciremo a salvarla? Quali strumenti abbiamo per ravvivare e professare la nostra identità? Sono altrettanti interrogativi che meritano indagine e risposta adeguate.

Vitale Scanu

 

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Un commento

  1. leggendo attentamente come parli della nostra terra annuisco con benevolenza.ma quando parli di ogu pigau come fesseria beh devo riprenderti.la magia bianca fa parte della nostra storia.io stessa tramandata da mia nonna materna bonanima pratico la medicina talvolta salvando persone che stanno male.se non ci credi va bene ma non e rispettoso da parte tua denominare queste pratiche come scemenze.ti auguro di non averne mai bisogno.sono tante le persone che come te non credono ma come si usa dire “si cerca sempre nel momento del bisogno”e noi per voto non possiamo mai rifiutarci di levare il male….saludus e trigu

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