Sclerosi multipla: il decorso si può fermare

di Massimiliano Perlato

 

Un gene «benigno» metterà al riparo i sardi dalle forme più gravi di sclerosi multipla. Dopo tre anni di ricerca su centinaia di campioni di sangue di pazienti ammalati, in Sardegna e in altre parti del mondo, gli studiosi dell’Università di Sassari hanno infatti individuato un gene che consentirà cure particolarmente efficaci nelle forme più severe di una malattia autoimmune fra le più insidiose. Una patologia di cui oggi non si conosce la causa e che pone la Sardegna fra le regioni europee a più alta incidenza di casi, seconda soltanto a un angolo della Scozia. A rendere noti in tutto il mondo scientifico gli importanti risultati della ricerca è stata la prestigiosa rivista di medicina americana Proceedings National Academy of Science. Una grande soddisfazione per lo staff dell’istituto di Neurologia dell’università di Sassari guidato da Giulio Rosati (che è anche preside della facoltà di Medicina) e per i ricercatori Stefano Sotgiu e Maura Pugliatti che da anni svolgono indagini scientifiche ad ampio spettro sulle cause che determinano l’eccezionale suscettibilità (una sorta di predisposizione genetica) alla sclerosi multipla tipica della popolazione sarda. Gli studi stanno dunque portando a risultati interessanti che balzano ora all’attenzione del mondo scientifico. «Abbiamo condotto gli studi assieme ai laboratori del dipartimento di neurologia dell’università di Oxford guidato dal genetista George Ebers – spiega Stefano Sotgiu -. La proposta, tre anni fa, è partita da noi che avevamo necessità dell’appoggio di una struttura formidabile come quella inglese. Devo dire che l’idea è stata subito presa in esame e accettata. Abbiamo così analizzato un grande numero di campioni di sangue alla ricerca di similitudini e analogie nelle combinazioni dei geni e finalmente siamo arrivati alla conferma della tesi iniziale». In sostanza i ricercatori hanno osservato che i pazienti con la forma «benigna» di malattia (cioè scarsamente disabilitante nell’arco temporale di 15 anni) posseggono dei geni «protettivi» all’interno del cromosoma 6. Tali geni sono invece pressoché assenti nei pazienti con decorso di malattia più tumultuoso e invalidante. I risultati ottenuti costituiscono un importantissimo tassello nell’intricato puzzle genetico della malattia pur avendo al momento un’applicazione clinica limitata. Lo studio è stato eseguito su 500 pazienti di cui circa la metà sono in cura nella clinica dell’università di Sassari. «È chiaro – spiega Sotgiu – che, sapendo già dall’insorgere della malattia quale decorso avrà, si potranno applicare le terapie più indicate. In altre parole se un paziente fosse destinato a una forma patologica particolarmente severa potremmo trattarlo dall’inizio con dosaggi adatti ad attenuare gli effetti più gravi». Si arriverebbe quindi a un maggiore controllo dell’evolversi della malattia. In un futuro prossimo di applicazione terapeutica delle tecniche di ingegneria genetica, poi, si potrebbe pensare a rinforzare i geni della «benignità» nelle persone affette da questa malattia. La sclerosi multipla è la patologia neurologica disabilitante più frequente fra i giovani dopo i traumatismi della strada. Le cause della malattia sono purtroppo ancora in gran parte ignote. Pur essendo generalmente considerata una malattia rara, in Sardegna la sclerosi multipla sta assumendo col tempo una valenza di malattia frequente, probabilmente a causa di un particolare assetto genetico della nostra popolazione. La sclerosi multipla colpisce individui giovani-adulti, in particolare le donne, tra i venti e i trent’anni, in pratica in una fase importantissima della loro vita, quella della programmazione del presente e del futuro. Uno dei drammi psicologici delle persone alle quali la malattia viene diagnosticata, e quindi delle loro famiglie, è infatti l’incertezza sul futuro, inteso come capacità di mantenere autonomia personale, lavorativa e di relazione sociale. La sclerosi multipla è considerata tra le più gravi malattie neurologiche disabilitanti. Ha una frequenza di circa 0,8 casi su 1000 persone, soprattutto di origine nord-Europea, con una prevalenza per il sesso femminile due volte maggiore rispetto a quello maschile. Nell’insorgere della sclerosi è stato osservato un forte coinvolgimento dei fattori genetici, con un rischio 20 volte maggiore di sviluppare la malattia nei fratelli gemelli monozigoti. Questo rischio decresce con l’aumentare della distanza genetica (cioè con la riduzione del grado di parentela) dal paziente. Il fatto che la sclerosi multipla sia più diffusa nelle persone di origine nord-europea e meno comune in quelle di origine asiatica o africana, indica una predisposizione genetica su base razziale. Tuttavia da precedenti ricerche risulta che fattori ambientali, specie virali, contribuiscono alla comparsa della malattia, talvolta in forme epidemiche, in soggetti o popolazioni geneticamente predisposte. Pertanto, la controversia tra l’ipotesi genetica e quella ambientale fra gli studiosi è ancora accesa. Così si è stabilito che la genesi di questa malattia può essere definita «multifattoriale». Si tratta comunque di una patologia che si ripresenta a cicli e che nelle forme più gravi impedisce i movimenti più elementari, dal camminare al tenere un oggetto tra le mani. Ecco perchè, in tutto il mondo, gli investimenti sulla ricerca relativa a questa malattia non sono trascurabili e l’obiettivo finale dei numerosi studi in corso è quello di individuare il gene responsabile della sclerosi multipla.

 

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