IL DOCUMENTARIO "CAGLIARI … APPUNTI DI VISTA" FRA LE INIZIATIVE CINEMATOGRAFICHE A PARIGI PER "LES ARTS FLORISSANTS DE LA SARDAIGNE"


di Brunella Mocci

Su un battello ancorato sulla Senna, dal nome intrigante di le Peniche Anako,  l’associazione Suoni e Pause di Cagliari ha presentato a Parigi, dal 2 al 4 novembre, tre lavori cinematografici arrivati dalla Sardegna nell’ambito del festival “Les Arts florissants de La Sardaigne” presentati da Antonello Zanda, direttore della Cineteca sarda.

Uno di questi era “Cagliari… appunti di vista” un documentario molto particolare sulla nostra città, girato nell’arco di tre anni, dal regista  Federico Boy,  con le parole di Antonello Zanda  e le musiche di Arnaldo Pontis. Durante la proiezione, il commento italiano del film,  recitato da Rita Atzeri, è stato tradotto in diretta da Irma Toudjan per l’attento pubblico francese presente.

Cagliari… Appunti di vista, è un documentario davvero anomalo. Presenta la città di Cagliari attraverso un secolo di immagini, fotografie in bianco e nero del passato e immagini video del presente che si incrociano, grazie alla tecnica digitale, sovrapponendosi tra loro con  perfezione certosina dopo anni di riprese da parte del regista..

Un alternarsi di panorami di oggi e del nostro passato storico architettonico, fatti di luoghi, strade, edifici, persone e piazze che si alternano in unico e intrigante continuum spazio-temporale.

Fin dai titoli di apertura, cominciano a scorrere nell’aria polverosa immagini di donne e uomini che si muovono senza fretta accompagnati dal sottofondo di zoccoli su selciati che si uniscono a frenesie d’oggi.

Il torpore dei suoni legando immagini e possibilità temporali, fa riemergere il languore solare delle pietre nude calpestate da passanti severi ma al tempo stesso leggiadri, con i loro nobili volti spesso appena intuiti che si lasciano scrutare dall’obiettivo.

Il tempo fluisce sposando le immagini di una Cagliari antica, quasi addormentata nei mattini soleggiati, lenta ma non inoperosa, che attraversa il proprio tempo con indolente curiosità, bevendo quel sole che da sempre la impregna sdraiata mollemente a farsi lambire dal mare, con i palazzi signorili e le case arroccate, attraverso un suono di strumenti di canna arcaici aggrovigliati ad elementi elettronicamente  suadenti.

Ci si lascia coinvolgere in una narrazione fatta di dissolvenze, parole pregnanti e suoni, sospesi in un intreccio voluttuoso che culmina nella fusione ibrida di una città nell’altra. Quell’altra città nella quale da oggi ci sorprenderemo a cercare quegli antichi palpiti ancora vivi, sollevando lo sguardo a scrutare dettagli preziosi, di antichi palazzi nel bianco abbagliante del tufo macchiato di cappero.

Immagini e suoni di passaggi temporali che si inseguono e  risvegliandoci dal torpore ci trascinano in un’attesa quasi fisica di qualcosa che non arriva mai, se non nel nostro immaginario. Radici fluttuanti che ci riuniscono con qualcosa proprio di un passato dormiente e mai seppellito dentro di noi,  riuscendo a risvegliarlo. E ci si immerge nel controluce brulicante di questa città…

Quasi come in un fiume d’acqua che scorrendo sovrappone il nuovo dimenticando il vecchio, scordando di fermarsi ogni tanto sulle sue rive per  vedere, con il cuore, quelle parole e quei suoni che ancora attraversano l’aria. Memorie sospese che solo se lo desideriamo possiamo continuare a percepire, e farle continuare a fluire, dentro e fuori di noi.

 

Nell’atmosfera magica di una notte parigina dentro un barcone adagiato sulla Senna si è consumato un rituale collettivo. Un rituale dove riscopriamo di aver vissuto tutti la memoria di ciò che siamo stati, della città perduta di tutti che mai dovremmo scordare di riportare nel presente, nel nostro mare quotidiano.

E anche se voltandomi dall’oblò vedo l’acqua della Senna che ci avvolge, io mi sento quasi dentro il mio mare.

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Un commento

  1. Grazie a Brunella Mocci per le sue impressioni e care parole su questo articolo.
    Tutti hanno apprezzato queste serate franco-sarde, il documentario e l’esposizione di Clotilde Pillosu.
    Un grazie anche a Irma Toudjan, che ogni anno si impegna moltissimo per questo Festival qui a Parigi!

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