VENTICINQUE ANNI DI CEMENTIFICAZIONE SELVAGGIA: SARDEGNA SFREGIATA D’ITALIA SECONDO IL DOSSIER DEL W.W.F.


di Nicola Muscas

Venticinque anni di cementificazione selvaggia sulle coste d’Italia documentati dall’impietoso dossier del Wwf  “Cemento coast to coast”. Le ferite peggiori, spiega l’associazione ambientalista, in Sardegna e Sicilia, “rispettivamente con 95 e 91 casi di nuove aree costiere invaso da cemento”. Nel dettaglio, tra il 1988 e il 2013, la nostra Isola è la più colpita per quel che riguarda i siti “direttamente interessati da impatti rilevanti dovuti all’attività antropiche”. Sono 20 in Sardegna le aree interessate. La Sicilia segue con 18. Prosegue il dossier: “Le trasformazioni più rilevanti riguardano le due isole maggiori, Sicilia e Sardegna, in cui si riscontra un forte impatto dello sviluppo turistico confermato dai 26 impatti rilevati (più del 50% del totale nazionale per questo tipo di interventi) dovuti alla costruzione ex novo o all’ampliamento di residence o altre strutture ricettive. Di rilievo anche gli impatti dovuti alla costruzione di dighe foranee e darsene e all’urbanizzazione della fascia costiera”. Nei 25 anni presi in esame, i comuni costieri sardi hanno visto sorgere 177 mila nuovi edifici: 3 mila e 200 ogni anno, un terzo dei quali disabitato. In Sicilia il numero sale addirittura a 520 mila, 9 mila e 300 l’anno. “Il tasso di crescita del numero di edifici registrato nella costa sarda nel periodo indagato – prosegue il dossier – è uno dei più alti (oltre sei volte) mentre la Sicilia si attesta su un aumento del 400%”. Secondo la vasta documentazione prodotta dal Wwf, la Sardegna rappresenta un caso particolare perché dotata degli strumenti normativi necessari alla tutela del territorio: “Dopo un Piano Paesaggistico che prometteva di correre ai ripari da una cementificazione sempre più massiccia delle coste, nel 2009 il Consiglio regionale sardo, annullando i vincoli, ha dato la possibilità di nuove edificazioni all’interno della fascia di 300 metri dal mare, ampliamenti di alberghi, residence e strutture turistiche (sino al 25% delle volumetrie esistenti)”. Il riferimento è al Ppr del 2006 della Giunta Soru, “che si uniformava, anche con interessanti innovative prescrizioni, al Codice del paesaggio”, e al Piano casa della Giunta Cappellacci, che sempre secondo il dossier ha “avvallato un modello di sviluppo che ha privilegiato le presenze turistiche e non la salvaguardia del patrimonio territoriale. L’indagine mette in evidenza che sono stati effettuati notevoli interventi edilizi all’interno di almeno 15 Siti di Importanza Comunitaria e molti altri a ridosso di altri SIC o aree protette”. Ed è proprio l’aspetto normativo uno degli obiettivi dell’indagine: Wwf, insieme al F.A.I., chiede “due cose di estrema semplicità: l’estensione dei vincoli paesaggistici di tutela dai 300 metri ai 1000 metri dalla battigia (come fatto dalla Regione Sardegna con la presidenza Soru salvo poi annullare queste ed altre disposizioni di tutela sotto la presidenza Cappellacci), la moratoria di tutte le edificazioni sulla fascia costiera fino all’approvazione dei nuovi piani paesaggistici (che per altro avrebbero dovuto essere già vigenti)”.

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