SCONCERTANTE ESEMPIO DI MALASANITA' IN SARDEGNA: CRONACA DI UN NON SOCCORSO DI MEZZA ESTATE A LANUSEI


di Giovanna Mulas

Domenica 4 agosto mia figlia cade accidentalmente, a mezzogiorno circa i volontari del 118 l’accompagnano al pronto soccorso dell’ospedale N.S. della Mercede, di Lanusei. La visita al pronto soccorso viene fatta subito, la ragazza viene trasferita nel settore Radiologia dove un infermiere, l’unico presente nel reparto (“Ogni domenica e’ così”, ci dice dolcemente), accerta una doppia frattura alla gamba. Con mio marito ci guardiamo desolati: domenica bestiale. Gabriel spinge il lettino di Noemi nuovamente al pronto soccorso, visto che l’unico infermiere disponibile in quel momento e’ l’unico addetto al suo reparto. La cosa non e’ ‘normale’, mi dico ancora, ma dopo tutto e’ nostra figlia: si fa con piacere. E chi non ha genitori in grado di trasferirlo da un reparto all’altro? Mi domando. Ma metto a tacere la coscienza. Al pronto soccorso Noemi viene parcheggiata coi suoi dolori santi in una sorta di sgabuzzino: stanza claustrofobica e non destinata al ricovero dove sono in evidenza, in una serie di scaffali, gli archivi dei ‘Passaggi in Pronto Soccorso’ di una decina di anni a questa parte. Nello stesso stanzino trovo seduti, in due poltrone, un ragazzo che ha appena subito un prelievo del sangue ed un uomo che si trova al pronto soccorso dalle nove di mattina: e’ ferito e ricucito in varie parti del corpo, ha vistosi ematomi, occhi pesti, probabilmente un trauma cranico. Si sono fatte le tre del pomeriggio: sento gli infermieri (al momento ne conto cinque, due donne e tre uomini) ridere, chiacchierare di spuntini e carne di vitello e maiale nella stanza accanto. Chiedo come mai mia figlia, e gli altri, devono aspettare ancora e cosa. Nello sgabuzzino il ragazzo pare stia meglio, ma l’uomo contuso si lamenta irritato e dolorante, la gamba di mia figlia si e’ gonfiata pericolosamente, domando almeno un antidolorifico, le viene somministrato via flebo. Mi dicono che il medico reperibile, tale dott. Salvatore Piras, non e’ reperibile. Chiedo come mai e perché non c’e’ nessuno che lo sostituisca. Mi dicono che  lo stanno cercando dalle nove del mattino per l’urgenza e lui non risponde al telefono. Mi dicono inoltre che, nonostante sia l’unico reperibile, viene disturbato di domenica solo per le ‘vere’ urgenze. Ne concludo che chiunque si trovi a passare al pronto soccorso di domenica, trauma cranico, doppia frattura o diarrea del viaggiatore, dovrà comunque attendere, felice e contuso, che il medico chiuda con calma il suo ombrellone. Si sono fatte le cinque. In sala d’aspetto sono arrivati un uomo in sedie a rotelle a causa, pare, di una distorsione, e la sua graziosa e giovane moglie. Mi dicono di chiamarsi Ines Caddori e Gianluca Loi, sono di Tortoli’, si trovano in ospedale dalle 10.20 del mattino, sono stanchi e affamati. Anche loro attendono di essere ‘refertati’. Salvatore Foddis, l’uomo contuso, in piedi nonostante il probabile trauma cranico, e’ accompagnato dai famigliari in ansia, vengono da S.Maria Navarrese. Con Gabriel ci spostiamo qualche metro avanti, all’ingresso dell’ospedale, vogliamo un po’ di sole. Salvatore chiama i carabinieri, lamenta la situazione vergognosa. Dalla sala di attesa di alza un coro di nuove proteste. Arriva una pattuglia, una donna in divisa prende le nostre testimonianze, fa il suo ingresso al pronto soccorso, chiude la porta. Mia figlia Noemi, dentro, la sentira’ dire agli infermieri che occorre risolvere la situazione “…perché ci sono molte lamentele: non e’ il caso di passare ad una denuncia”. Piu’ tardi Noemi mi rivelerà che, all’arrivo a sorpresa della donna in divisa, un’ infermiera stava per chiudere la porta dello stanzino, come a nasconderci dentro gli infortunati. Alle proteste di mia figlia (“Qui dentro non c’e aria!”) la porta resta aperta. Intanto la sala di attesa del pronto soccorso si e’ riempita, sento parlare diverse lingue. Uno dei famigliari di Salvatore Foddis mi dice di aver telefonato alla redazione dell’Unione Sarda. Arriva dopo una mezz’ora circa, sigaretta e infradito fashion, tale Mirella o Mariella, rampante aspirante giornalista che, anziché informarsi sulle generalità del Doctor Who, chiede a ruota ai presenti come mai si trovano in pronto soccorso. Come chiedere all’assetato perché beve. Mi chiede cosa ha mia figlia, le dico ironica di non preoccuparsi che su di lei scriverò io. La principessa sul pisello pare prendersela a male: abbiamo una discussione alquanto vivace su etica e pennivendoli da sagra della cipolla e perdita delle chiavi di casa, ma del resto, si sa, all’Unione Sarda di unità sarda e’ rimasto solo il nome. Poveri figli: che si ha da fare per campare. Shakespeare avrebbe detto di loro, ed altri, che sono fatti di immaginazione, così come il mondo che descrivono: apolitico, acritico. Intanto, nel mondo reale si sono fatte quasi le sei, ci chiamano al pronto soccorso perché il fantasma del medico pare abbia ‘refertato’. Per email, rivela qualcuno. Chiedo di parlarci, col Doc Who intendo, mi dicono che non e’ disponibile. Chiedo di parlare col dott. Bruno Pilia, responsabile di base pro reparti vuoti e/o medici da Bancomat e referto via email, nonché presidente della fin troppo vittimizzata, e neo commissariata, Provincia Ogliastra. C’e’ chi dice che scomparendo la Provincia anche un servizio primario come l’ospedale andrebbe a scomparire. C’e’ chi dice di no, c’e’ chi dice che merita di scomparire chi siede per guadagnare e non sostenere popolazione e territorio. Ma si dice solo. Vero e’ che l’elemosina, come l’attenzione di questo pezzo, ad esempio, può essere data di modo che si muti in pietra tra le mani di chi riceve. Nel frattempo, nel mondo reale, pare che del medico presente non sia presente neppure il fantasma dell’ email. Wilde avrebbe scritto che uomini che desiderano essere diversi da cio’ che sono riescono invariabilmente ad essere cio’ che vogliono essere. E’ la loro punizione: coloro che vogliono una maschera, devono indossarla. Coloro che aspirano soltanto a realizzare se stessi, o come diceva l’oracolo greco, conoscere se stessi, non sanno mai dove finiranno, perché non lo possono sapere. ‘Domine, non sum dignus’, dovrebbe fiorire qualche volta, solo qualche volta, nelle menti impunite. Siamo nati nel dolore altrui per morire nel nostro, ha scritto Francis Thompson. Penso che Mens sana in corpore sano forse si trova solo in persone assolutamente prive di coscienza. La mancanza di coscienza rende ‘sani’: credete a me, a  Böll o, in alternativa, ai dottori Pilia  e Piras. Si riceve per appuntamento.

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2 commenti

  1. era ora che se ne parlasse schiettamente. chissà se si sveglia qualcuno!!!!

  2. stavo per raccontare qui la mie esperienza ma per vostra fortuna mi sono fermato subito…ci vorrebbe un romanzo dell’orrore… credetemi bisogna rifondare dalle radici l’intero sitema sanitario e la cultura sanitaria, ne va della civiltà di un popolo intero

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