LA COWGIRL D'OGLIASTRA: LA SFIDA AL GENNARGENTU DI SIMONA MIGHELA


di Paolo Merlini – Nuova Sardegna

 

«Mi chiedono: ma come hai fatto? Come fai a resistere? Per incoscienza, rispondo io, non tanto per coraggio o forza di carattere, ma per una sana follia. E perché ho sempre avuto uno speciale carica batterie: mia figlia Maura». Eppure Simona Mighela, la cowgirl d’Ogliastra o la pastora di Villagrande se volete, sulla forza di carattere potrebbe condurre un master universitario, senza temere confronti con l’altro sesso. Anche sulla forza e la resistenza fisica, a ben guardare, perché il lavoro che ha scelto, l’allevatrice di mucche a quota mille metri nel Gennargentu, è durissimo. In questi giorni la temperatura è spesso sotto lo zero, nevica di frequente, al mattino è tutto ghiacciato. Ma ogni giorno Simona è là, a Calavrigu, ad accudire i cento capi di bestiame ricevuti in eredità dieci anni fa. Un’eredità di cui questa energica quanto aggraziata quarantenne avrebbe fatto volentieri a meno. Nel 2003 il marito Giulio moriva d’infarto, a 49 anni, senza nessun campanello d’allarme. Simona, poco più che trentenne, faceva la rappresentante di pentole in Ogliastra, Giulio stava per dare forma al suo sogno, un’azienda agrituristica nel cuore del Gennargentu, con un piccolo ristorante e una mandria di un centinaio di capi. «Fu terribile – ricorda la donna, che a Mamoiada ha ricevuto il premio S’Istima –. Non avevo alcuna pratica di allevamento, quando accompagnavo Giulio a Calavrigu fuggivo spaventata dalle mucche. Ma non potevo lasciare». E così, dal giorno alla notte, la vita di una giovane come tante è cambiata radicalmente. «L’inizio è stato durissimo, ma mi ha aiutato l’amore per la mia bambina, che allora aveva un anno e mezzo. E i miei parenti, proprio tutti. C’era un mutuo da pagare, è stata dura, ma ho trovato comprensione anche da parte della banca. E ce l’ho fatta: lo estinguo il prossimo anno, l’azienda va bene, anche se portarla avanti è faticoso e la crisi si fa sentire». Ciò che colpisce in Simona Mighela è l’ottimismo, la voglia di guardare avanti nonostante le avversità del passato e un presente durissimo. «Come diciamo in Sardegna: il bisogno fa correre anche i vecchi. Non potevo mandare tutto all’aria». Sveglia alle cinque e mezza ogni mattina, Simona svolge le faccende di casa sino alle 8, quando accompagna a scuola la figlia Maura, oggi in prima media. Poi, col pick-up, si muove da Villagrande verso l’ovile in montagna, a più di mille metri d’altezza, dove l’attendono le mucche e un paio di asinelli. L’azienda agrituristica è ancora più su, a 1200 metri. «Ho anche alcuni maiali, ma me ne disferò perché con le norme sulla peste suina tutto è diventato più difficile. In estate porto qui le mucche, c’è più fresco». Simona alleva bovini da carne, col tempo ha imparato a macellarli da sé. E gestisce il ristorante, dove è necessaria la prenotazione. «Non è facile preparare un pranzo senza preavviso perché manca l’energia elettrica». A Su Calavrigu, che è anche una fattoria didattica, si può gustare un menu ogliastrino, dai culurgiones ai dolci tipici. A Mamoiada per Simona Mighela è stata una giornata di festa, anche se in mattinata ha dovuto accudire il bestiame come ogni giorno. L’accoglienza degli organizzatori del premio, pastori anche loro, l’ha ripagata di mille sacrifici. Da qualche tempo anche la vita ha ripreso a sorriderle. Da due anni ha un compagno, allevatore di bovini anche lui, e il lavoro a Calavrigu è meno faticoso, anche se lei continua a voler fare tutto da sola. «Il peggio è passato», sembra dire il suo sguardo.

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