IL FUTURO NEGATO A NOI GIOVANI SARDI: QUELLO CHE A MILANO RAPPRESENTA LA CRISI, IN SARDEGNA E' UN PRIVILEGIO


di Laura Tocco

Ho 28 anni, una laurea triennale e una specialistica, un master e tre tirocini alle spalle. Ho studiato in Spagna e in Turchia. Ho lavorato in Messico, in Francia e in Palestina. E ora? Faccio il dottorato di ricerca e lo alterno al mio quarto stage. Lavoro? Neanche l’ombra. Ho vissuto all’estero spinta dall’idea che, prima o poi, avrei raccolto i frutti dei miei sacrifici per portarli nella mia terra, in Sardegna. Sì, perché voglio sentirmi libera di scegliere dove vivere. Invece, eccomi di nuovo a Milano, approdata qui per il mio quarto stage! Certamente anche Milano vive la crisi. La disoccupazione è un problema che, oramai, riguarda l’Italia intera, dove il tasso dei giovani disoccupati ha raggiunto il 27,9% e il precariato il 46,7%. Probabilmente, io non ho idea di come vivano la crisi le famiglie milanesi. Tuttavia, quello che percepisco è che se qui la situazione è difficile, in Sardegna è tragica. Arrivata a Milano, dopo le prime settimane di assestamento, mi inserisco in un piccolo gruppo di amici. Quasi tutti hanno un contratto di lavoro che, seppur precario, consente loro di arrivare alla fine del mese! Ho stretto la mano anche a coetanei con l’“ambitissimo” indeterminato! Addirittura! Sì, perché io arrivo da un mondo dove l’ancora di salvezza è il co.co.co! E non è finita. La mia coinquilina di Milano fa uno stage a 450 euro. 450 euro?!? Ma in Sardegna questa cifra equivale quasi a un salario! Sì, perché nell’isola le società offrono pochissimi contratti, oppure propongono solamente stage, rigorosamente senza rimborso. Ma l’impresa ti offre la sua esperienza, così dicono! Scorrendo le pagine delle inserzioni di lavoro in Sardegna, troverete soprattutto annunci per telefonista. Un lavoro che fa schifo a tutti, ma è l’unico che c’è. I centri di telefonia, infatti, spuntano come funghi, se ne trovano in tutta l’isola. Pullulano di persone validissime, laureati e “masterizzati”, i quali lavorano interminabili ore sotto la tortura psicologica del famigerato “team leader” che cerca di convincerti che il bene dell’impresa è anche il tuo bene. Il contratto? Ovviamente a progetto! Quindi, guadagni se vendi. Non vendi? Non mangi. Ma tra le altre offerte del mercato sardo vi sono anche le richieste di praticanti commercialisti e avvocati, ovviamente senza rimborso. Eh sì, lo studio ti offre il nome e l’esperienza della famiglia. E cosa vengo a scoprire qui? A Milano esiste persino un rimborso per il praticantato! Ma dove sono finita? Mi sembra di essere atterrata in un altro mondo. Girando per i negozi, poste, supermercati e locali, noto che gli impiegati sono giovanissimi, molti probabilmente non hanno nemmeno la mia età. Qui, inoltre, si discute di retribuzioni troppo basse o dell’eccessivo carico di lavoro, tutte rivendicazioni sacrosante! Eppure, ascoltando i miei coetanei, per un attimo, mi viene da pensare che, in fin dei conti, almeno loro hanno uno stipendio. Sì, penso questo perché quello che a Milano rappresenta la crisi, nella mia isola è già diventato, purtroppo, un privilegio. Qui la crisi si sente, ma si percepisce ancora qualche spiraglio di salvezza. È dura, ma almeno i ragazzi hanno ancora delle speranze per il futuro e non hanno dimenticato quello che vogliono fare nella vita. Al contrario, in Sardegna, la crisi, non solo si vede, ma si vive e si tocca con mano. Oltre ad aver lasciato alle spalle il futuro brillante che sognava, la mia generazione ha quasi rinunciato alle proprie ambizioni. Non solo, ma si trova anche a gestire le drammatiche situazioni familiari dove padri di famiglia, che hanno investito una vita per far studiare i propri figli, finiscono in cassa integrazione e, spesso, con i debiti da pagare in banca. Questi sono i drammi della realtà in cui viviamo. Non li leggiamo sui giornali, li vediamo, li sentiamo e li tocchiamo con le nostre mani giorno dopo giorno. Parlo di genitori che battagliano con le banche, di amiche che piangono disperate perché non hanno il lavoro e il loro padre è in cassa integrazione, famiglie che hanno investito una vita solo sulla casa e sull’istruzione dei figli e si ritrovano con un’ipoteca sulla casa, quando non l’hanno venduta, e con i figli disoccupati! Queste sono diventate le preoccupazioni dei giovani sardi! Non si tratta solamente di non avere più un progetto per il futuro, ciò che è più angosciante è il timore di non essere capaci di salvare la propria famiglia dal baratro. In una realtà come questa, che ha utilizzato selvaggiamente gli strumenti del precariato, i giovani lavoratori sono privi di qualsiasi tutela. Giudicate voi, se in un contesto come questo è possibile affidarsi al futuro! Cancellati ambizioni e progetti, si programma per sopravvivenza e solamente per brevi periodi. Così, anche lo stage retribuito dei miei amici di Milano diviene, ai miei occhi, un’oasi nel deserto. È questa è la storia mia e quella di tanti altri sardi. Si riparte dall’inizio, costretti a rinunciare ai sogni e pentiti di aver seminato per un futuro che tarda ad arrivare.

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