LE PAROLE DI ANNA MARIA ALOI: "ERASMUS FLOP CON CONTRIBUTI SCARSI ED IN RITARDO"


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Bamboccioni? Parrebbe di si. Almeno a guardare i dati delle partenze del progetto europeo di mobilità studentesca Erasmus riguardanti l’Università di Cagliari. L’anno scorso su 1047 borse di studio disponibili (di 550 euro mensili), sono partiti alla volta dei campus europei – dalla Gran Bretagna alla Polonia, dalla Spagna alla Romania – solo 480 studenti. Meno della metà dei posti messi in palio. Quest’anno sono disponibili più borse, 1226. Visti i magri risultati del 2010 le attese per questa edizione non sono certo positive. Per incentivare le partenze Anna Maria Aloi, capo settore della Mobilità studentesca dell’ateneo del capoluogo, ha organizzato un incontro con gli studenti per spiegare i vantaggi di partecipare ai progetti in campo per la mobilità studentesca. «Chi decide di partire ha la possibilità di apprendere una o più lingue straniere, di imparare a relazionarsi con persone culturalmente distanti da noi e, soprattutto acquisisce capacità di organizzazione che studiando nell’Isola è impossibile apprendere». Sembra però che gli studenti nostrani privilegino le pantofole e la cucina di mamma piuttosto che l’esaltante esperienza di studio – e divertimento – in uno o più paesi europei. Nella carriera universitaria, infatti, uno studente può partecipare a ben sei programmi di mobilità. Sia di studio, sia di lavoro, sia per preparare la tesi. Questo significa che un universitario può trascorrere buona parte della sua carriera risiedendo in tante città europee, americane o di qualsiasi altra parte del mondo, imparando una o più lingue straniere e formandosi in università dove l’iscrizione per uno studente “normale” può costare anche decine di migliaia di euro. Allora a cosa è dovuta tanta pigrizia? Gli studenti isolani sono davvero più bamboccioni dei loro colleghi del continente ed europei? Ha colpito anche loro quella maledizione che affligge l’isola e che la vuole impermeabile alla contaminazione? Se la pigrizia è un fattore che spiega questa dinamica – non è casuale infatti che a partire siano in misura maggiore gli studenti fuori sede, già abituati a vivere lontano da casa – anche la scarsità di mezzi finanziari e la burocrazia sono un fattore di freno. Chi parte, specie nel primo periodo, quando si arriva nella nuova città, deve affrontare costi rilevanti per cercare alloggio, pagare caparre e tutti i costi iniziali. E le famiglie di molti studenti, specie in tempo di crisi, non possono permettersi un “lusso” simile. Certo, tutto sarebbe diverso se la burocrazia venisse incontro agli universitari sardi. Ma, come spesso succede, tempi e timbri di un ufficio sovente costituiscono un bastone fra le ruote alla realizzazione dei progetti. È la stessa Anna Maria Aloi ad ammetterlo: «Il vero problema è che i finanziamenti agli studenti arrivano tardi. Nella maggior parte dei casi quando sono già partiti». L’Università, essendo a conoscenza di questi problemi, potrebbe anticipare i soldi agli studenti, che poi le verrebbero rimborsati da Unione Europea, Regione e ministero dell’Istruzione. Favorendo quindi, specie per chi non può permetterselo, la partecipazione ai programmi di mobilità. Attuando in questo modo quel famoso articolo 34 della Costituzione che recita: «I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». E che troppo spesso rimane lettera morta.

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