Il gioco dalle origini antichissime: morra, passione senza tempo

di Pier Sandro Pillonca

Ritmo, intuito, prontezza di riflessi. Requisiti essenziali della morra, gioco di origini antichissime. Le prime tracce sono state ritrovate dagli archeologi in Egitto. Nella pittura di una tomba di un alto dignitario della XXV dinastia, gli esperti hanno riconosciuto due giocatori che incrociano le dita. Una pratica diffusa anche nell’Antica Grecia e a Roma. I romani la chiamavano micatio, da micare digitis (segnare con le dita). Del gioco, si trovano testimonianze anche negli scrittori medievali e nei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (nel capitolo VII si racconta di "due bravacci, che seduti a un deschetto, giuocavano alla mora, gritando tutti e due ad un fiato"). In Italia ha avuto alterne vicende. Considerata pratica d’azzardo dal fascismo, fu messa al bando e inserita nella tabella dei giochi proibiti (art. 110 del Testo Unico per le Leggi in materia di Pubblica Sicurezza). La norma, ancora in vigore, vieta il gioco nei luoghi pubblici. Disposizione, però, quasi mai rispettata. La pratica è tollerata dalle forze dell’ordine: troppo forte la passione della gente per poter essere repressa. Oggi esiste in Italia una Federazione del Gioco della Morra. Dal 1998 è riconosciuta dal Coni come disciplina sportiva. La morra è, da sempre, uno dei passatempi preferiti dei sardi. Le voci dei giocatori facevano e fanno da colonna sonora alle feste per tosature, matrimoni, sagre paesane. Il gioco, secondo gli studiosi, sarebbe sbarcato in Sardegna con la dominazione spagnola e si sarebbe diffuso in tutta l’isola trovando terreno particolarmente fertile nelle zone dell’interno. Nel corso dei secoli è stato corretto, rivisto, adattato: in una parola, sardizzato. Come è accaduto per il canto polifonico: i cori sardi, a Nuoro, hanno un timbro e una melodia differenti dalle formazioni canore dell’Alta Italia. Quella per la morra è una passione forte, mai sopita in Sardegna. Centinaia di persone partecipano con entusiasmo ai vari tornei che si svolgono, ogni estate, in tutti i territori dell’isola. A Urzulei, da dodici anni, si tiene il Campionato Sardo di Morra, un evento che richiama nel paese ogliastrino centinaia di turisti. Un’intuizione dell’associazione culturale "Roberto Mulas", da anni impegnata nella difesa dell’identità e della cultura sarda. "Abbiamo organizzato il primo torneo nel 1998 – dice il presidente dell’associazione Fabrizio Vella – con l’obiettivo dichiarato di restituire dignità ad un gioco che appartiene al dna dei sardi. Per troppo tempo, a causa dei divieti di epoca fascista, è stato praticato quasi di nascosto. Oggi diventa, invece, occasione di confronto e di fratellanza tra i popoli". A Urzulei, oltre al campionato sardo, si svolge anche "S’Atobiu de sos murradores de su Mediterraneu", l’incontro tra i migliori giocatori dei paesi che si affacciano sul Mare Nostrum, giunto quest’anno alla settima edizione. Oltre ai sardi, erano presenti i rappresentanti di Catalogna, Aragona, Basilicata, Corsica, Friuli, Marche, Molise, Piemonte, Provenza e Trentino. Nello splendido scenario di piazza Funtana Becia, i giocatori hanno incantato il pubblico con il loro ritmo cadenzato, la rapidità di esecuzione, la varietà di gioco. I sedilesi Antonello Pùtzulu e Giampietro Manca si sono aggiudicati, per il terzo anno consecutivo, il campionato sardo, battendo in finale la coppia di Seui formata da Raimondo Anedda e Claudio Lai. "In questi anni – afferma Vella – abbiamo cercato di organizzare una festa con l’unico scopo di divertirci e far divertire i giocatori. A Urzulei, a differenza di altri tornei spuntati come funghi dopo il nostro input, non ci sono soldi in palio". Una scelta precisa, quella degli organizzatori, per evitare possibili tensioni e malumori tra i partecipanti a causa dei montepremi in denaro. I vincitori vengono omaggiati con prodotti dell’enogastronomia e dell’artigianato locale. Ai ragazzi dell’associazione "Roberto Mulas" bisogna riconoscere un altro merito: contrariamente a quanto avviene in tante manifestazioni dedicate alle tradizioni e alla cultura sarda, hanno saputo evitare il rischio folclorizzazione. Quello di Urzulei è un evento organizzato dai sardi per i sardi, prima di tutto. In questo contesto rientra anche la decisione di utilizzare la lingua sarda durante tutte le fasi della gara, oltre che per la promozione dell’evento. I turisti possono così apprezzare l’autenticità e la genuinità del "prodotto". Le sfide a colpi di battorò e murra-bella incantano gli spettatori. La morra richiede abilità, destrezza e concentrazione, non basta la fortuna. In Sardegna si gioca prevalentemente in coppia, a differenza di altre realtà dove la contesa avviene tra due soli murradores. Gli sfidanti devono dichiarare un numero non superiore a dieci e stendere simultaneamente il braccio. Guadagna il punto chi indovina la somma dei numeri corrispondente a quella delle dita mostrate dai giocatori. L’incontro si svolge secondo il criterio partita, rivincita e bella. Vince chi arriva per primo a 16, aggiudicandosi due partite su tre, oppure chi tocca per primo quota 21 nella sfida decisiva (sa bella). La bravura dei giocatori sta nella capacità di studiare "la mano" dell’avversario e anticiparne le mosse. A Urzulei, l’incontro tra le migliori coppie del Mediterraneo ha permesso agli spettatori di conoscere modi diversi di interpretare il gioco. La morra sarda, rispetto a quella giocata in altre regioni italiane ed europee, è più veloce e ritmata. I più esperti riescono a cogliere la provenienza dei giocatori dal loro intercalare e da alcune espressioni colorite. Ogni paese, pur rispettando la stessa matrice, ha le sue caratteristiche peculiari, il suo segno di riconoscimento. Come succede per la lingua sarda e i suoi municipalismi. L’obiettivo dell’associazione "Roberto Mulas" è, adesso, quello di approfondire lo studio su questo gioco, sulla sua storia e sulla sua evoluzione nel corso dei secoli. Interessante anche l’aspetto sociale. Oggi, come ieri, la morra rappresenta un forte elemento di aggregazione: migliaia di giovani si muovono per partecipare ai vari tornei estivi, incapaci di resistere al suo fascino. Come accadeva ai loro padri e, ancora prima, ai loro nonni.

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