DA CAGLIARI A LONDRA DA MANAGER A SCRITTRICE: MARIA GRAZIA ZEDDA, L’ORIGINE DELL’ESERGO E IL LIBRO “IL FRUSCIO DEGLI EUCALIPTI”

Maria Grazia Zedda

di ROBERTO CUNCU

Mi sono sempre chiesto, da lettore, quale fosse l’origine dell’esergo. Ovvero della citazione che, a volte, gli autori inseriscono fra il titolo del libro e l’inizio della narrazione. Più che al mondo letterario l’esergo appartiene alla numismatica ed è lo spazio limitato che si trova sotto il disegno principale della moneta, talora separato da una linea orizzontale.

Vi vengono inserite informazioni secondarie che indicano la data di conio, il nome della zecca, o la cifra che ne determina il valore. È chiamato così dal greco ἐξ «fuori» e ἔργον «opera», perché resta fuori dalla parte essenziale della moneta.

Al contrario, l’esergo che l’autore sceglie di mettere nel libro è tutt’altro che secondario. Posto prima dell’inizio della storia, è come il colpo di diapason che dà la nota alla quale tutte le voci del coro, o gli strumenti dell’orchestra, devono accordarsi per poter procedere in armonia. Esprime l’essenza stessa del romanzo. (Non il messaggio, per carità).

L’esergo de “Il fruscio degli eucalipti” di Maria Grazia Zedda, è una poesia di Tagore e dopo aver letto il romanzo ho pensato che questi versi ne sintetizzino appieno lo statuto.

Dove la mente non conosce la paura e la testa è tenuta alta,
Dove il sapere è libero,
Dove il mondo non è stato frammentato entro anguste mura domestiche,
Dove le parole sgorgano dal profondo della verità,
Dove lo sforzo incessante tende le braccia verso la perfezione,
Dove il limpido fiume della ragione non ha smarrito la via nell’arida sabbia del deserto delle morte abitudini,
Dove la mente è da Te guidata verso pensieri e azioni sempre più ampie,
In quel paradiso di libertà, Padre mio, fa’ che il mio Paese si svegli.

Gitanjali Rabindranath Tagore (1861-1941)

Secondo il modello sociale ancora oggi dominante, Martina, la protagonista, esprime tutte le connotazioni negative della diversità: è donna, è disabile, è emigrata.

È nata e vive a Cagliari, in uno dei quartieri più popolari e “veraci”. È donna in una famiglia e una società storicamente maschilista. Il suo rapporto, soprattutto col padre, è di amore e odio. A modo suo, cerca la via della ribellione a una realtà basata sull’apparenza e sui consueti pregiudizi nei confronti del femminile.

Come tacere di fronte a violenze consumate alla luce del sole, o all’atteggiamento remissivo, falsamente protettivo, della madre?

Per di più Martina è disabile in una società abilista. All’età di nove anni le viene diagnosticata una sordità grave, forse dovuta a un attacco di febbre alta avuto all’età di due anni. Così, alle difficoltà d’apprendimento a scuola s’aggiunge la consapevolezza di essere diversa.

In una condizione simile non c’è scelta: o soccombi o diventi una guerriera. E Martina è nata guerriera. Non starà a piangersi addosso, né a pretendere che siano gli altri a trovare la soluzione. Cercherà in tutti i modi di vivere la propria situazione senza lasciarsene condizionare. Con uno sforzo incessante cercherà di trasformarla in opportunità, anche se questo non le eviterà sofferenza e dolore.

Ma esisterà davvero un luogo in cui il mondo non sia stato frammentato in angusti spazi a differenza delle mura domestiche?

Sono passati ormai trent’anni da quando Martina decise di andare a vivere a Londra insieme a Francesca, la sua amica del cuore. Proprio come l’autrice che, nel corso di una chiacchierata virtuale, esprime con la stessa determinazione di allora le ragioni di quella decisione.

Martina e Francesca hanno diciannove anni quando si trasferiscono a Londra. Ad animarle non è solo la consapevolezza che rimanere nella loro città non le porterà a realizzarsi, né l’ambizione di dimostrare che possono farcela da sole. Per Martina è soprattutto una sfida alle ingiustizie. Capire la società diverrà il suo vero scopo.

Inizialmente a Londra saranno tutt’altro che rose e fiori. Se Martina pensava che la società inglese fosse più aperta e niente affatto razzista, l’esperienza le dimostrerà il contrario. Gli inglesi sono solo più politicamente corretti, ma la sostanza non cambia. Ora, alla condizione di donna e disabile si aggiunge anche quella di emigrante. Il che significa lavori umili, in condizioni di sfruttamento.

La manager e scrittrice Maria Grazia Zedda

Il primo rientro in Sardegna sarà traumatico soprattutto per le allusioni sessuali: cosa faranno mai due ventenni per campare lungo il Tamigi? Questo atteggiamento, unito alla consapevolezza che in Sardegna difficilmente troveranno lavoro, non farà che confermare la loro volontà di ripartire.

A Londra sarà un incidente sul lavoro che porterà Martina e Francesca a una svolta inattesa. Da qui in poi Martina s’impegnerà con sforzo incessante in un corso di formazione che le insegnerà ad assolvere compiti d’ufficio, comunicare e usare il computer. Per di più, alcuni compagni di corso hanno disabilità differenti dalla sua e così lei non si sentirà più l’unica diversa.

Se per un verso dovrà ancora una volta fare i conti con la dura realtà sessista – incarnata nel suo tutor, un vero e proprio stalker seriale – d’altro canto l’impegno la porterà a raggiungere risultati insperati, sino a trovare un lavoro importante nella comunicazione televisiva.

Con l’ingresso nella grande comunicazione si chiude la storia di Martina. Un happy end, verrebbe da dire, che fa bene all’anima. Che infonde speranza e dimostra che lottare e impegnarsi contro le discriminazioni può portare a risultati concreti.

Ma Maria Grazia non ha scritto Il fruscio degli eucalipti con questa intenzione. Non le interessava scrivere un’opera di fiction. A lei, che non è una scrittrice di professione, premeva parlare della sua esperienza personale e porre il lettore di fronte alla domanda che sin da bambina l’ha tormentata. Perché le persone tendono a considerare diversi coloro che vivono una condizione psico-fisica di disabilità? In fondo, cosa vuol dire essere normale ed essere diverso?

Per sciogliere questo dualismo, Maria Grazia Zedda va oltre Martina.

Nonostante l’esperienza lavorativa esaltante, lascia la BBC e s’iscrive all’Università, Facoltà di Sociologia, of course. Esperienza e studio la portano a comprendere che la disabilità è creata sì dalle barriere mentali e culturali, ma queste sono indotte da una delle emozioni più istintive dell’uomo: la paura.

Il diverso e il disabile sono come uno specchio per chi non lo è: suscitano la paura di trovarsi in una condizione per cui non si è totalmente autosufficienti, o peggio del tutto dipendenti dalle cure altrui. Suscitano la paura di non capire e non essere capiti, di non essere accettati dalla società.

La sua è dunque una condizione che rimette in discussione il paradigma stesso della società efficientista e abilista.

L’ultimo verso della poesia di Tagore esprime la speranza di Maria Grazia, che conserva ancora l’ingenua purezza della Martina giovanissima e incosciente. Spera che, attraverso esperienze come la sua, la società si svegli a una consapevolezza maggiore per includere sempre più il diverso, anche grazie alle tecnologie ora disponibili.

Non a caso oggi Maria Grazia lavora al progetto di ferrovie ad alta velocità più grande d’Europa come senior manager per le pari opportunità. Col marito Ian Sheeler, anche lui con problemi di udito, già produttore alla BBC e in Sky, ha creato il programma di e-learning adottato dal Parlamento inglese per abbattere le barriere psico-fisiche per i disabili.

Così non sorprende che nel 2019 Maria Grazia sia stata considerata tra le 10 manager più influenti in Gran Bretagna nel campo delle pari opportunità. Notazione questa che apre un altro capitolo inerente alle pari opportunità: quello della fuga dei cervelli dall’Italia, di cui Alexis, una dei personaggi de Il fruscio degli eucalipti, è un ottimo esempio.

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Un commento

  1. Il 10 agosto presenterò Il Fruscio degli eucalipti al Chiostro dell’ex Convento dei Cappuccini a Quartu Sant’Elena.

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