TRA I TANTI FIGLI DELL’ILLUSTRE GEOLOGO TORQUATO TARAMELLI IL PIÙ FAMOSO È ANTONIO, PROTAGONISTA ASSOLUTO DELLA RICERCA ARCHEOLOGICA IN SARDEGNA NELLA PRIMA METÀ DEL NOVECENTO

di PAOLO PULINA

Pavia ha programmato di riservare grandi celebrazioni, nel corso del 2022 (anno del centenario della morte), a Torquato Taramelli (Bergamo, 15 ottobre 1845 – Pavia, 31 marzo 1922), illustrissimo Professore di Geologia nell’Università di Pavia, al cui nome è intestato uno dei Licei scientifici della città.

Nell’occasione la stampa locale ha ripreso un’informazione ben evidenziata nel “Dizionario Biografico degli Italiani: «Si sposò nel 1868 con Clotilde Boschetti (morta nel 1912), da cui ebbe sedici figli, tre dei quali morirono in tenera età, e due già adulti. I figli maschi raggiunsero ottime posizioni sociali e lavorative, in particolare il primogenito, Antonio [a lui lo stesso “Dizionario” dedica una scheda, NdR], insigne archeologo».

Qualche cenno biografico merita dunque l’archeologo Antonio Taramelli (Udine, 14 novembre 1868 – Roma, 7 maggio 1939), noto soprattutto per le sue ricerche in Sardegna. Dopo la laurea in Lettere nell’Università di Pavia e il diploma in archeologia conseguito presso la Scuola Nazionale di Archeologia, intraprese la sua carriera nell’ambito della ricerca archeologica e della tutela e conservazione dei beni culturali. Fra gli incarichi da lui ricevuti vi furono la direzione del museo di Cagliari e la direzione degli scavi archeologici nel territorio del capoluogo sardo. Il suo ambito di competenza arrivò a comprendere l’intera regione quando divenne “Sovrintendente di I classe agli scavi e musei archeologici della Sardegna”. Fu attivo anche in ambito accademico: si dedicò all’insegnamento nell’Università di Cagliari occupando la cattedra di archeologia come professore incaricato. Fu accolto come membro nell’Accademia dei Lincei; un grande riconoscimento gli giunse anche quando ricevette la nomina a senatore del Regno.

Alberto Moravetti, Ordinario di Preistoria e Protostoria dell’Università di Sassari, in una conferenza tenuta presso il Circolo culturale sardo “Logudoro” di Pavia nell’ottobre 2010 (a 70 anni dalla morte dello studioso), definì Taramelli «certamente il più grande archeologo che abbia operato in Sardegna nella prima metà del Novecento».

I suoi studi, le sue ricerche e le sue scoperte sono ancora alla base della moderna ricerca archeologica in Sardegna, prima affidata ad appassionati e cultori, più o meno eruditi, ma privi di una qualsiasi metodologia scientifica. Inoltre, il Taramelli ha avuto il grande merito di avere sempre pubblicato i risultati dei suoi scavi – con ricco corredo grafico e fotografico – in riviste prestigiose, favorendo in questo modo la diffusione in Europa della conoscenza della preistoria e protostoria della Sardegna.

Ed è proprio per il valore dell’opera infaticabile del Taramelli che il prof. Moravetti ha voluto pubblicare (nella collana “Sardegna archeologica” da lui diretta per l’editore Carlo Delfino di Sassari) 1) quattro volumi con tutti i suoi contributi più significativi; 2) la riedizione delle Carte archeologiche della Sardegna compilate dal Taramelli; 3) la ristampa degli Atti del Convegno archeologico tenutosi in Sardegna nel 1926.

Nell’incontro pavese, il prof. Maurizio Harari, Straordinario di Etruscologia e di Antichità italiche dell’Università di Pavia, riferì su alcuni documenti relativi a Taramelli presenti nell’ Ateneo: una campionatura di cocci, anche micenei, raccolti in Grecia; tre suggestive fotografie relative al Nuraghe Losa di Abbasanta.

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