LA TERRA DEI GIGANTI DI PIETRA: SORGONO, IL LUOGO CHE INCANTO’ LAWRENCE

Sorgono, tradizioni. Foto di Carlo Marras

di COSTANZA LODDO

Incastonato nel cuore geografico della Sardegna, Sorgono è un importante centro agricolo che si incontra nell’antica regione del Mandrolisai, di cui è stato anche storico capoluogo di mandamento. Questo borgo di granito si erge a 700 metri d’altitudine e si adagia su una verde conca, sul versante occidentale del Gennargentu, in un’area ricca di sorgenti dalle proprietà diuretiche, tra rilievi montuosi e colline ricoperte da pregiati vigneti. Qui il territorio è uno spettacolo: profili granitici scolpiti dal vento si immergono in fitti boschi incontaminati, regalando paesaggi mozzafiato che anche la poesia più profonda farebbe fatica a descrivere. Oltre alla natura, pregiata è anche l’architettura del centro storico, dove, tra graziose dimore in pietra a più piani, svettano antichi palazzi nobiliari in stile gotico aragonese e liberty, tracce dell’antico ruolo rivestito dal paese. Sorgono, infatti, fu un importante centro nodale del Mandrolisai, luogo di radicate tradizioni e incroci linguistici: qui si parla “sa limba de mesania” (lingua di mezzo), una commistione tra la parlata nuorese e il lessico campidanese. Questo centro barbaricino è noto, soprattutto, per il suggestivo patrimonio archeologico che conserva. Circa duecento menhir – dei veri e propri giganti di pietra che, come sentinelle, sono a guardia del paese – si raggruppano nel parco archeologico di “Biru ’e Concas” (sentiero delle teste), una delle più spettacolari concentrazioni di sculture preistoriche del Mediterraneo. Sorgono, però, è anche terra di vini pregiati: i vigneti di uva Cannonau, Muristeddu (Bovale sardo) e Monica si trasformano nel famoso vino rosso Mandrolisai D. O. C. che, proprio alla fine di ottobre, è protagonista della festa locale de “Sa Innenna” (la vendemmia), parte integrante del circuito di Autunno in Barbagia. Questo paese, inoltre, conserva arcaiche tradizioni popolari che, intatte da secoli, si coniugano ai riti ancestrali del carnevale con le caratteristiche maschere, “Is Arestes”e “S’Urtzu Pretistu”. Sorgono, però, è anche culla di una straordinaria spiritualità: lo testimoniano i numerosi luoghi di culto, divisi tra abitato e campagna, tra cui spicca l’importante santuario campestre di San Mauro Abate, uno dei luoghi di culto simbolo della Sardegna: i festeggiamenti in onore del Santo, cui i sorgonesi sono estremamente devoti, si accendono ogni anno, a maggio.

Scenari naturalistici, straordinari profili preistorici, rinomata produzione enologica, tradizioni e spiritualità: ecco perché scoprire questa terra di giganti di pietra, un luogo magico che, al principio del ’900, colpì anche David Herbert Lawrence, tanto da dedicargli un intero capitolo del suo libro “Mare e Sardegna”: lo scrittore vi giunse nel gennaio del 1921, con il Trenino verde, che ha la sua stazione di capolinea nel paese.

Interessante è anche la storia di questo paese, il cui nome – attestato nel 1357 con la forma “Sorgano” – è ancora di origine oscura, presumibilmente preromana, e potrebbe derivare da “sorgonu” che significa abbeveratoio. Tutto il territorio sorgonese fu frequentato sin dall’antichità prenuragica. Oltre ai menhir di “Biru’e Concas”, datati tra il Neolitico finale e l’Eneolitico, domus de janas, tombe dei giganti, nuraghi e insediamenti sono le impronte lasciate dagli antichi Sardi. Anche i Romani camminarono su questa terra: lo testimoniano diversi siti, tra cui quello di Donnigaggia, che ha restituito un diploma di congedo(honesta missio), rilasciato a un soldato romano e risalente all’88 d. C. . Le prime notizie certe sull’abitato risalgono, però, al 1180, quando Sorgono era capoluogo della curatoria del Mandrolisai, nel Giudicato di Arborea. Dopo il conflitto con la Corona d’Aragona, il villaggio di Sorgono fu inserito tra i territori amministrati dai conquistatori e fu riconosciuto come “signoria utile”, ottenendo il privilegio di essere amministrato da un’autorità locale, e non da un feudatario imposto dalla Spagna. Successivamente, però, anche Sorgono conobbe il giogo feudale e, dopo gli Asburgo e i Savoia, la comunità locale si liberò definitivamente con il riscatto del feudo, nel 1838.

Storia, natura, tradizioni, architettura, spiritualità ed enogastronomia: l’offerta di Sorgono è variegata. Cominciando dal passato più antico, tappa obbligata è il già citato sito di “Biru ’e Concas”, dove si può passeggiare tra sculture preistoriche, solitarie o disposte in coppia, triadi, circoli e allineamenti. Oltre ai fantastici menhir, il patrimonio archeologico sorgonese è davvero ricco: meritano una visita le domus de janas di “Perdongheddu” e “Santu Loisu” (età del Bronzo), e, tra una ventina di nuraghi e insediamenti nuragici, vi segnaliamo il protonuraghe “Talei”, così chiamato per la sua forma a corridoio, il villaggio di “Ruinacchesos” e le tombe dei giganti di “Funtana Morta”. Passando, poi, ai luoghi di culto, oltre alla parrocchiale in stile tardogotico di Santa Maria Assunta (XVI secolo) e alla graziosa chiesetta dedicata alla Madonna d’Itria, eretta sulla sommità della collina chiamata “Sa pala ’e sa Cresia”(la spalla della chiesa), non si può perdere il già menzionato santuario di San Mauro Abate, la chiesa campestre più grande della Sardegna (lunga 30 metri e larga 9). Circondato da alberi secolari sulle pendici del monte Lisai, l’edificio, in stile tardogotico, è stato costruito nel 1574 e comprende anche i “muristenes”, i classici alloggi per i pellegrini: la facciata in trachite grigia è arricchita da un rosone gotico di 4, 5 metri di diametro, il più grande dell’Isola. Emblema, invece, della storicaarchitettura aragonese del centro abitato sono i palazzi signorili e nobiliari, tra i quali risaltano la seicentesca casa “Carta” e la casa-museo “Luigi Serra”, al cui interno si conservano antichissimi e magnifici arredi dell’epoca. Infine, per una maggiore conoscenza delle tradizioni artigianali locali, da non perdere è il Museo dei segni sul legno – unico in tutta la Sardegna – che celebra l’arte dell’intaglio e dell’incisione: l’esposizione è allestita in un edificio con giardino che ospita una fonte pisana del ’600, “Funtana Lei”.

Altra scoperta di questo centro barbaricino è la natura che si mostra grandiosa sull’altopiano “Isacalas”, dove il paesaggio è modellato da suggestivi complessi granitici. Oltre ai colorati vigneti, sugherete, rovelle, noccioli, castagni e l’essenze tipiche della macchia mediterranea sovrastano il territorio, casa naturale di mufloni, cervi e daini – presenti nella riserva di “Santu Loisu” – ma anche dell’aquila reale e del falco pellegrino. Tesoro naturalistico di Sorgono sono, poi, le numerose sorgenti dalle benefiche proprietà, che sgorgano con tutta la loro freschezza dalle pareti rocciose del territorio: dei veri e propri gioielli sono la fonte di “Perda ’e Mantza” e di “Erriu de Saccu”. Da non perdere, infine, sono i sentieri di trekking che si snodano tra le fitte foreste di monte Littu e di Uatzo, quest’ultima ricompresa tra Sorgono, Belvì e Tonara e attraversata dalla ferrovia del Trenino verde.

Oltre alla pregiata produzione enologica, sono numerosi i prodotti dell’enogastronomia locale. Nel pieno rispetto della tradizione, qui si preparano il pane artigianale e gustosi dolci, quali “seadas” e “su pani ’e saba”, ma l’emblema della cucina sorgonese è senza dubbio “Sa minestra ’e lampanazzu”: una gustosa zuppa di fregola con bietola selvatica, condita con del formaggio fresco, che viene preparata specialmente in occasione della già citata festa de “Sa Innenna”. In relazione, invece, all’artigianato locale, oltre all’intarsio e all’incisione sul legno, le attività spaziano dalla produzione di pipe, a quella delle maschere del carnevale, e, ancora, dalla lavorazione della pelle a quella del ferro battuto.

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