VIAGGIO NELL’UNIVERSO SCLEROSI MULTIPLA: INTERVISTA ALLA DOTTORESSA ELEONORA COCCO, NEUROLOGA DELL’UNIVERSITA’ DI CAGLIARI

ph: dott.ssa Eleonora Cocco


di Francesca Cardia

La sclerosi multipla è la prima causa di disabilità nei giovani dopo gli incidenti stradali. Colpisce una persona ogni 3 ore, viene per lo più diagnosticata tra i 20 e i 40 anni. Si è appena chiusa la settimana nazionale della sclerosi multipla con una fotografia della situazione scattata da Aism: le persone con Sm sono 3 milioni nel mondo, 600mila in Europa e 114mila solo in Italia. Il costo sociale medio per persona con Sm in Italia è di 45mila euro: 5 miliardi di euro all’anno il costo totale in Italia per la sclerosi multipla. Eleonora Cocco, neurologa dell’Università degli studi di Cagliari, responsabile del Centro Sclerosi multipla del Binaghi, fa il punto sulla situazione nell’Isola. 

La Sardegna ha una prevalenza particolare rispetto alle altre regioni del continente. Quali sono i dati dell’Isola? Secondo i dati dell’assessorato regionale alla Sanità al 31 marzo 2016 la prevalenza era di 336 casi su 100mila abitanti; 360 casi su 100mila abitanti se contiamo anche le cosiddette Cis (sindrome clinicamente isolata), i casi con un primo episodio sospetto di Sclerosi multipla ma che non è ancora evoluto. Si tratta di dati doppi rispetto all’ultima determinazione che è stata fatta in Toscana che parlava di 180 su 100mila. Addirittura in alcune determinazioni, come quella del Lazio, la differenza è ancora più alta. Stiamo parlando di una problematica oggettivamente sarda. Oltre alla prevalenza, verosimilmente c’è stato un aumento dell’incidenza, i nuovi casi annui, perché se si va a vedere l’ultimo lavoro che avevamo svolto circa 10 anni orsono nel Sulcis-Iglesiente, la prevalenza era di 210 su 100mila nel 2007. In dieci anni abbiamo avuto un aumento importante della prevalenza e questo dà un’indicazione indiretta di un aumento dell’incidenza. Attualmente il Centro sclerosi multipla del Binaghi segue 4.200 persone. 

Come mai nell’Isola questa patologia è così frequente? Per ragioni genetiche e ambientali. Esiste una predisposizione genetica della popolazione, legata a elementi contenuti nel nostro DNA che ci proteggevano da alcuni fattori ambientali. Le persone con quel sistema immunitario geneticamente determinato, che era protettivo nei confronti di agenti come la malaria, non si ammalavano o se si ammalavano sopravvivevano. Quindi si è venuta a selezionare una popolazione protetta, persone con un sistema immunitario particolarmente esuberante. Una volta eliminato l’agente esterno verso cui faceva barriera, l’organismo ha iniziato ad attaccare se stesso e fare autoimmunità. 

Che tipo di problematiche si porta dietro questa patologia a livello di stigma sociale? E’ una situazione molto subdola. Quando noi pensiamo allo stigma ci vengono subito in mente altri tipi di patologie, malattie psichiatriche, Aids. In realtà la multipla è ancora vista come una patologia altamente disabilitante e la persona viene considerata come finita, senza più nessun valore nella società. Esiste una importante sofferenza sociale: le persone con Sm, anche se stanno bene, si trovano poi a confrontarsi con una società che non conosce la malattia e non la accetta. Sul lavoro o tra amici, tutti abbiamo un parente o un conoscente con la Sm, ciononostante la persona si trova a dover affrontare nel proprio quotidiano, in alcuni casi, delle vere problematiche di discriminazione.   

Insieme ad Alberto Caocci, antropologo dell’Università degli studi di Cagliari, ha portato avanti un progetto di medicina narrativa. Relazione e ascolto per un modo differente di prendersi cura delle persona con la sclerosi multipla. Quale è stato il risultato di questo percorso? E’ una co-costruzione del percorso di cura. Avvicinarmi all’approccio narrativo mi ha permesso di vedere le cose da un altro punto di vista. Noi operatori sanitari abbiamo una formazione biomedica, curiamo l’organo, il sistema, curiamo il corpo; però in realtà ti rendi conto che le tue priorità nel curare la malattia possono essere molto diverse da quelle che ha la persona. Capire non vuol dire che devi calarti nei panni del malato, perché noi non viviamo la malattia in prima persona. Questo approccio narrativo mi ha permesso di guardare con altri occhi tutta una serie di situazioni e rendermi conto alla fine che, all’interno della relazione, del processo di cura, ci sono anche io come persona, che ho un ruolo e influenzo le scelte, e che questa interazione con l’altro è fondamentale. Il paziente è l’attore principale ma noi non siamo delle comparse, la famiglia non è una comparsa. E quindi alla fine la medicina narrativa che cos’è? La co-costruzione di un percorso di cura, che non vuol dire per forza medicina, ma vuol dire tante cose: aiutare la persona a capire come si possono affrontare certe problematiche di vita quotidiana e cercare di trovare assieme delle soluzioni. E’ una modalità che riporta la medicina a come dovrebbe essere; compito del medico è mettersi nella modalità d’ascolto.  

La nuova indagine condotta da AISM sulla rete dei Centri clinici dedicati alla Sm evidenzia la necessità di garantire le risorse ai centri per sopperire alle carenze del personale e supportare l’assistenza per ridurre i tempi d’attesa delle visite. Lei ha da poco preso le redini del Centro Sclerosi multipla del Binaghi, quali sono le sfide più importanti che vi trovate ad affrontare? Il nostro è un Centro grande con tanti pazienti. Il primo febbraio ho iniziato a confrontarmi con questi aspetti, che non sono solo medici ma anche organizzativi e amministrativi. All’inizio siamo andati in affanno con due colleghe che sono andate via e la professoressa Marrosu che è andata in pensione. La fortuna ha voluto che, in questo momento di riorganizzazione del sistema sanitario, con lo sbocco del turn over, è stata firmata una convenzione per i ricercatori, giovani che sono cresciuti all’interno di questa struttura, assolutamente esperti di sclerosi multipla e questo ha permesso di riprendere fiato e riavviare l’attività di ricerca. Chiaro che non posso nascondere una certa ansia per il futuro perché parliamo di ricercatori a tempo determinato. Prima facevo molto ambulatorio, ma ora con tutte queste nuove incombenze ho dovuto ridurre. Guardando al futuro con una malattia che aumenta di frequenza e di complessità e con le esigenze delle persone in costante aumento non è semplice. Bisogna anche tener presente che al giorno d’oggi la persona con sclerosi multipla è giovane, va su internet, segue i dibattiti, sta sui nuovi media ed è altamente informata con conoscenze avanzate. Oggi devi essere in grado di dare risposte adeguate e questo complica ulteriormente la gestione. E poi con il vasto armamentario tra cui scegliere per le terapie, dodici-tredici farmaci  e altri tre in arrivo, la questione diventa davvero complessa.

Proprio a proposito dei farmaci, negli ultimi anni il trattamento della sclerosi multipla è notevolmente cambiato: moltissimi studi sono in corso in tutto il mondo per sperimentare nuovi approcci alla malattia, per ottenere farmaci più efficaci e con scarsi effetti collaterali, e migliorare la qualità di vita delle persone con Sm. Quali sono oggi i principali tipi di farmaci per la sclerosi multipla? Abbiamo vari tipi di approccio farmacologico. Un approccio alla fase acuta, alla ricaduta, dove usiamo il cortisone e in quei casi che non rispondono al cortisone si può fare la plasmaferesi. Poi c’è l’approccio sintomatico in cui abbiamo dei farmaci che gestiscono i sintomi, disturbi sfinterici, dolore, rigidità degli arti. Ad esempio, se c’è la rigidità degli arti usiamo la cannabis terapeutica, il sativex, che ha la rimborsabilità nella spasticità della sclerosi multipla.  Possiamo dire che la grossa rivoluzione nell’approccio alla malattia è arrivata nel 1996 con l’uscita dell’interferone beta. Questo farmaco ha messo in luce la possibilità di tenere a bada la malattia, per evitare che arrivino le ricadute, per cercare di rallentare la progressione. Si è visto che ci sono delle persone che rispondono così bene a questi farmaci che la malattia, addirittura, può essere bloccata nel lungo termine. A più di vent’anni dall’utilizzo dell’interferone, possiamo davvero affermare che sono stati i primi farmaci che hanno mostrato di poter cambiare la storia naturale della malattia. Il tempo è passato, adesso ci sono le evidenze che la malattia è cambiata e fa meno paura.  Nel 1997 e nel Duemila sono usciti gli altri interferoni. Siamo rimasti con Interferone beta 1a, Interferone beta 1b e Glatiramer acetato sino al 2007. Nelle persone che non rispondevano a questi farmaci fino al 2007 si utilizzavano dei farmaci immunosoppressori, tra cui Mitoxantrone e Ciclofosfamide, efficaci ma il mitoxantrone ha un grosso evento avverso (in una bassa percentuale di persone) può indurre leucemia acuta. Nel 2007 è uscito il Natalizumab, farmaco molto potente con un’efficacia superiore sulla carta all’interferone (perché non ci sono studi comparativi tra i farmaci), poi nell’utilizzo quotidiano, alla fine degli studi, è venuto fuori un evento avverso molto grave: la riattivazione di un virus che può portare alla leucoencefalopatia multifocale progressiva. Quindi il farmaco negli Stati Uniti è stato ritirato, hanno fatto tutta una serie di valutazioni ed è così che è nata la seconda linea e la divisione in prima e seconda linea  In pratica si sono definiti in seconda linea i farmaci che sono teoricamente più efficaci ma che hanno un profilo di sicurezza che presenta qualche aspetto di problematicità. La seconda linea ha dei costi economici superiori a quelli di prima linea e delle indicazioni ben definite: può essere data a persone che non rispondono alle terapie di prima linea o che hanno delle forme già dall’inizio particolarmente aggressive. Successivamente nel 2012 è uscito il Fingolimod: efficacia sulla carta superiore agli interferoni e prima terapia orale per la Sm. Negli Usa è stato messo come prima linea, con un utilizzo più semplice, mentre in Europa è stato messo in seconda perché durante le sperimentazioni ci sono stati eventi avversi: due persone che sono morte per l’attivazione del virus della varicella. Ha anche bisogno di un monitoraggio cardiologico. Per questi aspetti di sicurezza l’Ema l’ha messo in seconda linea. Anche il prezzo è più alto perché vengono tutti paragonati al primo farmaco di seconda linea, il natalizumab. Nel 2014-2015 sono usciti altri quattro farmaci. Il Teriflunomide una terapia orale che è stata inserita in prima linea, con studi registrativi che hanno determinato un’efficacia sovrapponibile a quella dell’interferone e un buon profilo di sicurezza. Subito dopo è uscito il Dimetilfumarato, sempre una terapia orale, prima linea, negli studi registrativi leggermente superiore come efficacia rispetto agli interferoni. Il punto è che noi non abbiamo dei dati di efficacia comparativi, perché è difficile fare il cieco con modalità di somministrazione così diverse. Sulla carta l’efficacia è intorno al 40-50 per cento, ma non si può fare un paragone perché gli studi registrativi sull’efficacia degli interferoni sono stati fatti negli anni Novanta, quelli di questi nuovi farmaci negli anni Duemila. Stiamo parlando di una popolazione che è cambiata perché quando si vanno a vedere i gruppi placebo ti rendi conto che stanno meglio in tutti questi anni. E’ un dato positivo, perché significa che la malattia è cambiata, però non permette poi di paragonare questi aspetti. Poi è uscito l’Interferone peghilato, a rilascio lento, anche questo inserito in prima linea. Dal punto di vista della modalità di somministrazione ha il vantaggio di essere somministrato una volta ogni due settimane, rispetto agli altri che vengono somministrati a giorni alterni, oppure tre volte o una volta alla settimana. Il farmaco nello studio ha rivelato efficacia sovrapponibile alla categoria interferoni, un passo in avanti nell’inclusività di una terapia nel quotidiano. Poi è uscito l’Alemtuzumab che è un anticorpo monoclonale, come il Natalizumab, di pari efficacia, ma con un meccanismo d’azione molto diverso. Mentre Natalizumab si fa una volta al mese, in infusione, questo si fa una volta al giorno in infusione per cinque giorni consecutivi, poi niente per tutto il resto dell’anno, e infine una flebo per tre giorni l’anno successivo. Ha un’efficacia di tre anni ed è in seconda linea. E’ un farmaco che ha le sue problematiche, per avere un’azione così duratura ha un impatto estremamente forte sul sistema immunitario. E veniamo a oggi. Nel prossimo anno avremo altri tre farmaci a disposizione che verranno collocati in seconda linea.  Daclizumab, anticorpo monoclonale, target specifico, efficacia da seconda linea, un buon profilo di sicurezza, una iniezione ogni 4 settimane. L’altro farmaco Ocrelizumab, anticorpo monoclonale, si fa ogni sei mesi ed è un farmaco con un buon profilo di sicurezza e una buona efficacia. Sarà verosimilmente in seconda linea. E’ il primo farmaco che negli Stati Uniti ha l’indicazione nella progressiva primaria, quella forma che ormai era orfana di terapie che esordisce generalmente un po’ più tardi, dopo i 40-50 anni, e ha un andamento graduale e costante con disabilità e problemi che si accumulano. La Cladibrina è l’ultimo che uscirà. E’ un farmaco che ha un’azione immunosoppressiva e immunomodulante, i dati sono molto rassicuranti sia dal punto di vista dell’efficacia che della sicurezza. Altro vantaggio è la somministrazione: cinque pastiglie per una settimana, poi nuovamente il mese successivo sulla base del peso e poi niente per tutto il resto dell’anno. Ha un’azione duratura nel tempo e in genere si fa un secondo ciclo nel secondo anno, con un’efficacia che dura alcuni anni. E’ un farmaco che ha dei vantaggi economici, più dura e meno necessità di trattare. Per il paziente è una pacchia perché devo fare un monitoraggio meno pesante. Verosimilmente anche questo sarà in seconda linea. Siamo in un campo in cui abbiamo un armamentario molto vasto e la cosa intrigante è che ogni farmaco ha dei meccanismi d’azione molto diversi, per cui se una persona non risponde a una terapia potrebbe rispondere a un’altra. Ovvio che ho dei problemi perché non ho degli indicatori che mi permettano di dire, sicuramente questa persona mi risponde meglio a questa e quest’altro a un’altra terapia. Molta della ricerca adesso sta andando in questo senso. Non si può dire che siano tutti farmaci equivalenti, ci sono tante problematicità legate anche alle situazioni specifiche dei pazienti. Bisogna vestire la terapia sulla persona e magari cambiarla in corsa
: c’è la persona agofobica o quella che non riesce a inghiottire le pastiglie, quella che magari deve trasferirsi fuori, oppure il paziente che è anche cardiopatico o ha un problema epatico. 

 Proprio in relazione ai farmaci sempre l’indagine Aism evidenzia che il 16% dei Centri ha difficoltà a garantire ai pazienti i nuovi farmaci. In modo particolare nell’Isola i farmaci per la Sm hanno subito l’applicazione di un cut-off economico che difficilmente si concilia con le nuove terapie disponibili. Secondo lei, la Regione Sardegna quali misure dovrebbe intraprendere per garantire cure di qualità per i pazienti e nello stesso tempo la sostenibilità del sistema sanitario regionale? La Regione Sardegna non ha mai negato l’accessibilità ai farmaci, magari la velocità di introduzione dei nuovi farmaci nei prontuari è un po’ diversa dalle altre regioni. Sicuramente una cosa che si può fare sulla sostenibilità è lavorare a livello nazionale con delle contrattazioni dei costi dei farmaci che sono molto elevati. Far presente nelle sedi opportune la peculiarità della Sardegna e l’impatto doppio che la patologia ha nel nostro territorio rispetto al resto d’Italia. In questo senso bisogna pensare che per questa malattia bisogna investire di più. Ci vorrebbe un impegno per incidere maggiormente su Ministero, Aifa ed Ema per far ridurre il costo di questi farmaci che è elevatissimo, ma questo non è un problema solo dell’Isola. 

La gestione multidisciplinare della malattia è fondamentale. L’alleanza tra il neurologo, il farmacista e il paziente diventa essenziale per la condivisione di scelte d’uso e di accesso ai farmaci. Ma a che punto del percorso ci si trova qui in Sardegna? Abbiamo una collaborazione costante con la nostra farmacia, con cui discutiamo sia gli aspetti di farmaco-economia sia quelli di sicurezza dei farmaci e gli aspetti di aderenza. Si stanno cercando le strategie migliori per poter dare delle opportunità alle persone per gestire le risorse continuando a fornire un’assistenza di qualità. Altro aspetto è quello della distribuzione territoriale: abbiamo messo su un nostro database per fare le prescrizioni e avere un controllo sul territorio. L’abbiamo costituito con i fondi di ricerca: apro la mia paginetta vedo che la persona ha fatto il piano terapeutico in una certa data, che gliel’ho fatto per un certo numero di scatole e monitorizzo la sua situazione.  Chiaro che probabilmente ci vorrebbe una maggiore interazione fra il territorio e la farmacia del centro prescrittore per avere anche dei feedback più diretti sull’aderenza alla terapia da parte dei pazienti. Ci auguriamo che all’interno dell’Ats ci possa essere una maggiore interazione e possibilità di coordinarci. E se ci fossero dei mezzi informatici che ci permettessero di fare questo in maniera più semplice, la macchina sarebbe sicuramente più maneggevole ed efficace. La distribuzione territoriale per i pazienti è stata una cosa fondamentale. 

Infine, cosa chiederebbe all’assessore per migliorare il sistema di cure per i malati di Sclerosi Multipla? L’informatizzazione anche del sistema di prescrizione di questi farmaci permetterebbe una maggiore interazione tra centro prescrittore e distribuzione territoriale e un maggior controllo. E poi, visto che abbiamo fatto questo grosso sforzo del Percorso diagnostico terapeutico assistenziale, Pdta, ora dobbiamo metterlo in pratica. Questo permetterebbe, in un secondo momento, di trovare delle linee di indirizzo anche sull’utilizzo dei farmaci e su come gestire le persone sul territorio. Quindi sicuramente auspico che dalla parte teorica di costruzione di questo Pdta si passi alla applicazione reale e mi auguro si possa realizzare l’implementazione con l’aspetto dei farmaci. 

http://www.sardegnamedicina.it/

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