UN EPISODIO STORICO AD ORISTANO CHE RIGUARDA IL CROCIFISSO DI NICODEMO AL TEMPO DELLA II GUERRAMONDIALE

Cristo di Nicodemo di Carlo Contini


di Gian Piero Pinna

La Sovrintendenza ai Monumenti della Sardegna e i Frati minori conventuali della Chiesa di San Francesco di Oristano, che da sempre custodiscono il Cristo di Nicodemo, scultura lignea risalente al XIV secolo, gioiello dell’arte medioevale, secondo alcuni di scuola renana e per altri, invece, di scuola  spagnola, prototipo di una serie di crocifissi, dislocati in varie chiese della Sardegna, nel periodo della II Guerra mondiale, vista la brutta piega che stavano prendendo gli eventi bellici, si preoccuparono di mettere in salvo, il prezioso simulacro. Il timore era causato dal fatto che la Chiesa di San Francesco, potesse venire bombardata e nel settembre del 1940, per paura che il crocifisso andasse distrutto, venne presa la drastica decisione di metterlo al sicuro. Dieci giorni dopo la festività di Santa Croce, il 24 settembre, alla fine della funzione serale, presenti don Giovanni Melis, il Padre Provinciale dei Minori conventuali, il reggente della Sovrintendenza ai Monumenti della Sardegna, Raffaello Delogu e tutta la comunità, come viene riportato nel libro storico del convento: “È stato tolto dalla sua cappella l’antico Crocifisso di Nicodemo e collocato in un sotterraneo del Seminario, per tenerlo al sicuro dai bombardamenti”. 
Dopo i tentativi, per fortuna falliti, degli aerosiluranti anglo americani, che a più riprese cercarono di far saltare in aria la diga del Tirso, anche quella soluzione, non dovette sembrare più tanto sicura, perché sempre nel libro storico del Convento di San Francesco, per il giorno 7 del mese di maggio del 1941, viene riportato che: “Alle ore 5, dal rifugio del Seminario arcivescovile, dove fu collocato al sicuro dallo scorso settembre, fu trasportata la cassa contenente il crocifisso artistico della nostra Chiesa, la statua marmorea di San Basilio, il reliquario di San Basilio, a Seneghe e collocata nell’abitazione del parroco. Questo trasporto è stato fatto per ordine della Sovrintendenza dei Monumenti di Sardegna, per togliere questi oggetti dal pericolo dell’inondazione, in caso di rottura della diga del Tirso”.
Per quasi un anno, lo spazio dove era alloggiato il Cristo di Nicodemo rimase vuoto, ma all’approssimarsi della festa del 14 settembre del 1941, i frati commissionarono al pittore oristanese Carlo Contini, un quadro che riproducesse lo stesso soggetto. Contini eseguì il lavoro commissionato, che gli venne pagata 80 lire e per alcuni anni la sua opera sostituì l’originale, finché questa non venne riportata ad Oristano.
Anche questo evento si trova annotato nel libro storico del convento di San Francesco, e per l’undici settembre del 1941, il redattore delle cronache del convento, scrive che: “È stato collocato un quadro in legno compensato, con riproduzione dell’ingrandimento del Crocifisso, eseguito dal pittore Contini, Accademico delle Belle Arti di Roma; è stato collocato nella cappella, per la soddisfazione universale del popolo. Tanti desiderano di vedere il Simulacro, che per le tristi vicende della guerra è stato collocato in rifugio antiaereo. Fu benedetto il quadro dal Padre Guardiano ed esposto alla pubblica venerazione dietro autorizzazione del Monsignor Arcivescovo”.
Per il 14 settembre, giorno della festa di Santa Croce, il cronista scrive ancora: “Festa di Santa Croce, numerose Sante Messe. Alle 7 Messa con sermoncino e commento generale, celebrato dal predicatore. Alle 8 Monsignor Arcivescovo Giuseppe Cogoni, ha celebrato all’altare maggiore Messa con conferimento del suddiaconato ai minoristi fra Raffaello Demurtas, fra Michele Bulla, fra Tommaso Pinna. Alle 10 Messa solenne celebrata dal Padre Provinciale. Alle 12 ultima Messa.
Di sera alle 18,20 Vespri solenni celebrati dal Padre Provinciale, panegirico, benedizione eucaristica. Bacio della reliquia della Santa Croce”.
Dopo poco più di settanta anni, da questi fatti significativi della nostra storia recente, sono rimaste poche tracce nella memoria collettiva e sono sempre meno coloro i quali sono stati diretti testimoni di quei tempi e oggi, solo poche persone, hanno avuto la fortuna di poter ammirare il capolavoro del Contini, che ora si trova custodito nel convento di San Francesco.

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