UN FUTURO ONIRICO PRIVO DI NUCLEARE IN GIAPPONE: I BAMBINI DI FUKOSHIMA IN SARDEGNA NELL'ORISTANESE CON L'ASSOCIAZIONE "L'ORTO DEI SOGNI"


di Sergio Portas

Da Fukushima, a leggere le cronache di oggi, continuano defluire in mare tonnellate d’acqua radioattiva, milioni di becquerel (1 Bq è attività di un radionuclide che ha un decadimento al secondo) che vanno a inquinare flora  e fauna del mar del Giappone. E da lì la catena alimentare si va a spandere per i mari del mondo, visto che a tutt’ora i pesci nulla sanno dei confini artificiali che noi umani ci sforziamo di tratteggiare in carte nautiche prive di senso. I tonni non hanno bisogno di passaporto. Cosa siano capaci di fare i radionuclidi alle cellule dei viventi ce lo ricordano le date del 6 e 8 agosto del ’45, Hiroshima e Nakasaki : due nomi a perenne ricordo della capacità umana di farsi del  male. Vergogna perenne per una nazione, quella americana, che non riuscì a fermarsi prima dell’abisso. Sarebbe stato più che sufficiente far esplodere una bomba atomica su di un qualsiasi atollo disabitato per terrorizzare ampiamente giapponesi ancora combattenti e alleati già infidi (leggi russi). L’altro mese è morto Masao Yoshida, il direttore della centrale di Daiichi a Fukushima che diresse i lavori di “contenimento danni” i primi tre mesi dopo il disastro. Con lui erano una cinquantina di tecnici, eroi che sperano di evitare il tumore che ha portato alla tomba il loro superiore. E gli abitanti di quelle zone? Di una quindicina di bambini sappiamo tutto, che ortodeisogni (ortodeisogni.org) anche quest’anno è riuscito a portarli a Marrubiu, il comune dell’oristanese (sindaco Andrea Santucciu) che ha messo a loro disposizione l’ostello per ospitarli. Orto dei sogni nasce dalla capacità onirica di Claudio Carta che da Riola Sardo se ne è prima andato in Oriente, dove è riuscito a inanellare una carriera di successi non comuni nel campo del tessuto- moda-import-export, trovando il tempo per tessere ( è il verbo giusto) relazioni di lavoro (e d’amore) a livello internazionale. Tornato in Italia vinto dalla nostalgia il caso gli fatto incontrare una ragazza giapponese che diventerà sua moglie, Cayo Tokunaga, giornalista di professione, che si è messa a sognare con lui. Primo esito una bimba che oramai dovrebbe viaggiare sui sette anni d’età, Sara: italo-sarda-giapponese. Hanno tirato dentro nel loro sogno un trio di donne che più in gamba non ce ne è e si sono dati da fare per rimediare all’ingiustizia di un destino che ti fa nascere vicino a una centrale nucleare che uno tsunami manda a gambe all’aria. Quindici bimbi sono una goccia nel mare dell’ingiustizia, ma pure di gocce unite una all’altra sono composti gli oceani che , per tre quarti, coprono il pianeta che ci ospita. Allora si va da Antonio Marras, stilista di Alghero che pure ha avuto contatti di lavoro col Giappone ( direttore della casa di moda Kenzo fino all’altrieri), questi “crea” una borsa a edizione limitata: “Giacomina” e quelli di Kidsrevolution (vendono a professionisti nel settore “bimbo”) la mettono all’asta a Firenze a fine giugno. Il ricavato va nel “budget” del progetto “Sardegna che si mette in gioco e dà il meglio di sé”,  nel tentativo di alleviare il disagio, il dolore di bambini innocenti. Che sono, per definizione, tutti quelli del mondo. Ma ce ne è di più innocenti ancora, li vediamo in ogni telegiornale che sbarcano da navi fatiscenti a sud di capo Passero, quando le barche che li stipano riescono a non affondare. E pure questi di Fukushima, quanto a mala fortuna, non sono male. Hanno smesso di svegliarsi verso le cinque del mattino (18 ore di aereo e 8 di fuso orario) e sono in Sardegna, al mare di Is Aruttas nel Sinis e nella spiaggia di Pistis nel guspinese, a Gonnostramatza vanno a lezione d’equitazione (presso la fattoria Cuscusa), giocano a pallone, fanno grembiuli policromi e aquiloni (di cultura giapponese “tako”) che fanno invidia all’arcobaleno d’aprile. Coltivano l’orto che più biologico non si può. E mangiano: quanto mangiano questi, mi diceva Claudio Carta l’anno scorso, al termine del primo appuntamento sardo. Merito dei prodotti “bio” della cooperativa “Arborea” anche, che ci ha messo del suo pure quest’anno.  Vivere un mese in Sardegna, isolani tra isolani, tu mi saluti in giapponese e io ti rispondo in campidanese, come non possiamo non intenderci? E poi, vuoi mettere quando li accompagni al mare e, leggo nel loro sito, tre di loro non lo hanno mai visto in vita loro! Poter assistere alla meraviglia che monta e deborda in questi occhi a mandorla , per questo mare di Sardegna che pure ha da guardarsi da gente di pochi scrupoli che lo usa talvolta a bersaglio di missili, ma è a tutt’ora uno dei più puliti d’Italia. Sardegna che ha da essere denuclearizzata in toto, via più presto che si può le basi militari e i poligoni di tiro che attirano uranio “impoverito”. Quando questo sarà, in un futuro che dipende da noi sardi e solo da noi, verranno a Marrubiu orde di turisti giapponesi, con le loro macchine fotografiche di ultimissima generazione, a fotografare i posti che hanno ospitato i bambini di Fukushima, quando il loro mare era radioattivo e i pesci che lo vivevano morivano di vecchiaia, salvati da un destino che diversamente li avrebbe visti tagliuzzati in un ristorante di sushi.

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