LA BURRASCOSA VITA DEL PRESIDENTE DEL CAGLIARI: I VENT'ANNI TORMENTATI DI MASSIMO CELLINO ALLA GUIDA DELLA SQUADRA DI CALCIO

Massimo Cellino


Vent’anni vissuti pericolosamente. Vent’anni di presidenza del Cagliari calcio – acquistato nel giugno 1992 – burrascosa, sia dal punto di vista sportivo, con la nomea subito acquisita di mangia-allenatori, ma anche fuori dal campo, con inchieste giudiziarie che lo hanno portato in carcere due volte (la prima nel 1994, la seconda questa mattina) o quando, nel febbraio del 1997, sparò e ferì un ladro tunisino entrato nella sua villa.

Massimo Cellino, classe 1956, sposato con Francesca e padre di tre figli (Ercole, Edoardo ed Eleonora), è fatto così, prendere o lasciare. Presidente vulcanico e superstizioso come pochi, con la passione del golf e della chitarra: la maggior parte dei tifosi sardi lo ama, appunto, ma sono in tanti che in questi 20 anni lo hanno contestato per le sue scelte spesso azzardate e per un carattere non facile. Stesso discorso tra i colleghi presidenti, che non sempre hanno condiviso le sue battaglie in Lega Calcio.

Da questa mattina Cellino è di nuovo rinchiuso in una cella di Buoncammino. C’era finito la prima volta il 31 maggio 1994 con l’accusa di truffa ai danni della Cee e di peculato ai danni dell’Aima, quando era a capo dell’azienda di famiglia, la Sem Molini (ai domiciliari finì anche la sorella Lucina). Nel 2001 era stato condannato ad un anno e tre mesi nel 2001 per falso in bilancio, per illeciti riferiti o ad alcune operazioni relative all’acquisito del Cagliari dai fratelli Orrù e alla compravendita di Daniel Fonseca. E quella ‘fuga’ a Miami, inizialmente dovuta a delle minacce subite da pseudotifosi, con l’intenzione più volte manifestata di lasciare Cagliari ed il Cagliari. Miami che è poi diventata la sua seconda casa, non solo la località dove trascorrere le vacanze con la famiglia, ma anche sede di affari.

Ma per i tifosi Cellino è soprattutto quello che per 20 anni ha mantenuto il Cagliari ad alti livelli, con ben 15 anni in serie A: da una storica semifinale di Coppa Uefa nel 1994, persa con l’Inter, a quella squadra brillante allestita con l’esordiente Allegri in panchina che dava spettacolo in tutti i campi. Ha portato allenatori come Trapattoni in Sardegna, ‘scoperto’ Tabarez e lanciato in A tantissimi giovani tecnici oggi famosi: non solo l’attuale allenatore del Milan, ma anche Ballardini, Giampaolo, Arrigoni. Stesso discorso per i giocatori: ha lanciato tanti giovani e fatto conoscere ai grandi palcoscenici calciatori come Marchetti, Matri, Biondini, finiti in nazionale, o stranieri come Suazo e Dely Valdes.

Ma Cellino, in questi anni burrascosi di presidenza, si è contraddistinto soprattutto per le battaglie portante avanti con grande temperamento – per i critici anche con troppa arroganza – prima fra tutte, appunto, quella dello stadio, che ha portato alle conseguenze attuali. Clamorosa l’iniziativa di installare all’interno dello stadio Sant’Elia che il presidente rossoblù riteneva ormai obsoleto e fatiscente, le gradinate in tubi innocenti a ridosso del campo, sopra la pista. Doveva essere una soluzione provvisoria, è andata avanti quasi dieci anni. Poi la rottura col Comune di Cagliari, dopo anni di discussioni sul futuro dello stadio, e la decisione di costruire uno stadio privato nella vicina Elmas. Progetto poi fallito, come è noto. Fino al provvisorio trasloco a Trieste e alla ristrutturazione di un vecchio impianto comunale a Quartu Sant’Elena, diventato in pochi mesi uno stadio di serie A, con infinite polemiche sull’agibilità e lo 0-3 a tavolino con la Roma su cui pesano due ricorsi al Tar.

 

 

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