A CENT'ANNI DALLA NASCITA DI MARCELLO SERRA PER RICORDARE I SETTANT'ANNI DAI BOMBARDAMENTI DI CAGLIARI

Marcello Serra


di Ilaria Muggianu Scano

In occasione del centenario della nascita dell’intellettuale di Lanusei, morto a Cagliari nel 1991, ricordiamo come egli parlò della Rinascita di quella Cagliari che egli amava e di cui seppe cogliere ogni sfumatura esistenziale, anche i teneri sforzi di recupero dopo esser stata giustiziata dai bombardamenti aerei del ’43. Lo scrittore, cagliaritano d’elezione, con penna arguta e libera ricorda così il secondo risorgimento sardo: “Ad onta di tutto lo sterminio, che ha travolto alcuni alcuni quartieri ed ha scompigliato tutti gli altri dissestandoli con gravissimi danni, la città “cagliarizzata” per prima, dopo appena un lustro è già tutta tesa nella febbre del suo risorgimento. Già nel 1947, è in atto la meravigliosa rinascita, che non sarà mai ripetuto abbastanza, è merito quasi esclusivo dell’iniziativa privata: della abnegazione, della volontà risoluta e della capacità dei singoli cittadini, perchè l’intervento dello Stato, l’aiuto degli enti preposti furono quasi sempre tardivi, deludenti e inconcludenti. la vita ha ripreso un po’ dovunque anche se enormi difficoltà, dettate dalla sconfitta, dal diktat schiacciante imposto all’Italia, dalle massiccie distruzioni, dallo scardinamento di tutta l’economia nazionale, oltre alle discordie ed ai rancori politici, frenarono e dimensionarono ogni tentativo coraggioso di rispresa. A complicare tale situazione già così pesante contribuisce l’ingombrante presenza di numerosi contingenti di truppe anglo americane, che, specie a Cagliari, spadroneggiano con la goffa presunzione e con l’arroganza di tutti i vincitori. Spesso scoppiano gli incidenti, che soprattutto nei numerosi nights sorti in tutta la città, vanno a finire, secondo lo stile yankee, in gigantesche cazzottate collettive, come quella che il 4 gennaio del 1947 ha messo addirittura a soqquadro un dancing del corso Vittorio Emanuele. Altre volte le risse avvengono per strada e sono come sempre provocate dal pappagallismo dei militari U.S.A. che, specie quando hanno fatto il pieno di vino e di alcool, danno molestia a tutte le donne, provocando naturalmente la reazione dei cagliaritani giovani e no. Ad uno di questi soldati, nero per giunta, altissimo e con appena due dita di fronte a suggello di una faccia da mandrillo, che ha rivolto a due ragazze che vanno per i fatti loro il solito invito: ‘Segnorina, venire con me? Io dare sigarette, corned beef e molto money’. MIstu Avendrace, detto su fusteri, intervenuto a protezione, accompagnando le parole con gesti espressivi, dice ‘Stesia Gionn!! Allonghia pasta e cixiri! Lascia stare quelle ragazze, chi non funti cosa po tui!’ Il nero reagisce con rabbia e bestemmiando nella sua lingua. Riesce anche a dire in italiano: ‘Noi vinto la guerra, tutte signorine italiane essere di americani. Capito tu, dirty man?’ Mamma rua – risponde Avendrace – è de tottus! E infatti si vede nel figlio. Tui Gionn, paris fattu de una coperativa; tottus is amigus da mamma rua ndanti fattu un’arrogu. E là chi ses longu, ses propriu una strantaxiada de omini. Si biri chi mamma rua, po ri fabbricai, ha fattu puru su straordinariu!..E poi, ascurta, o turcu, moru nieddu americanu, tu mi hai detto anche una parola che non ho capito bene, ma deve essere un inzurto: Dertu mannu, tu mi hai detto. Ebenisi, o Gionn, proprio tu che tieni a jajo, a nonno tuo, che era ancora appicculato e facendo i cuccurumbeddi negli alberi con le martinicche, puita si bì beni chi anche tu un poco martinicca sei rimasto, e scummittu chi tenis finzas un’arrogu de goa, proprio tu o Gionn, inzurti a mistu Avendrace? E allora scis itta fazzu? appustis mi infomu del tuo inzurto e po immoi, o caddaioni, o martinica purescia, o laramini, pigarì custu’ e con un repentino colpo di testa vibrato al mento – il classico colpo dei cagliaritani che suppliscono così alla loro modesta statura – stende a terra quel mandrillo in divisa. Non sempre però c’è un mistu Avendrace pronto ad intervenire per difendere le ragazze insidiate da quella marmaglia, nè tutte le ragazze purtroppo restano sempre sorde a certi inviti…Venno ai dancing organizzati dai vincitori soprattutto per sfamarsi. Madri e figlie con una tacita ed avida complicità, gareggiano a stivare in quella grande borsa tutto ciò che capita a tiro, purchè sia commestibile, pensando al resto della famiglia che aspetta a casa il loro ritorno per poter mangiare. Gli uomini cagliaritani non possono entrare, sono respinti in malo modo e così scoppiano spesso delle zuffe furibonde. Da tale discriminazione sordida nasce la canzoncina beffarda cui viene adattato il motivo di un boogie-woogie, il ballo allora più in voga:

Ita cosa bella, su ballu americanu

cumenzara a de notti e accabara a mengianu.

Sa mamma a cazzoledda, sa filla a cappillinu

su babbu si consolare cun sa buttiglia ‘e binu.

Ohi pistun down

Ohi mister Brown,

appizzus de sa filla

ci pappa sa familia”

Dopo nove mesi qualche signorina, o signora (sposata) trovava il regalino negretto a mo’ di souvenir delle pazze notti col ‘coloured man’. “Ed ecco la scenetta che il sarcasmo dei cagliaritani ha immaginato al ritorno di uno di questi disgraziati mariti, che ha avuto la sgradita sorpresa di trovare in casa un negretto che frigna nella culla. Alle sue proteste sdegnate la moglie con candido volto ritorce le accuse per difendersi: ‘Ascurta Efixeddu, sa curpa è sa rua! Sissignore: propriu sa rua! T’arregordas cussa borta chi t’emu domandau de mi comprai arrigulazia? E tui non fiasta boffiu calai a buttega a da pigai? E duu femmu a salias disigiendidda, non t’indarregodas? Ebenis, my dear, custu pippieddu de custu colori esti unu disigiu de arrigulizia – La suocera, che ha scoltato impassibile la spiegazione della nuora, a questo punto, osservando la faccia del proprio figlio, così facilmente gabbato, interviene per dire: ‘Si pori donai chi cussu chi ha nau mulleri rua sia berus e chi custu strumingiu nieddu, siara unu disigiu de arriulizia!..Si pori donai..cussu chi è siguru, ad ogna modu, fillu miu dicciosu, esti chi tui sesi arangiu’ (dal frutto che si infilza per festosa decorazione nelle corna dei buoi quando aggiogati trainano il carro del Santo durante le sagre!!)

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