UNIVERSITA', AIDS E PRIVACY: UNA BRUTTA STORIA CHE TESTIMONIA UNA FORTE CARENZA DI INFORMAZIONI CORRETTE


di Brunella Mocci

La Lila con questo comunicato interviene riguardo le notizie pubblicate sulla Nuova Sardegna dello scorso 12 gennaio per ribadire e chiarire quanto avvenuto a Sassari.  La nostra associazione, durante il 2012, ha infatti denunciato all’Autorità Garante della Privacy, il grave caso di discriminazione nei confronti di uno studente sieropositivo all’interno dell’Università di Sassari.  Allo studente, perché potesse usufruire di un tutor era stata richiesta, da parte della commissione interna per le problematiche degli studenti disabili, oltre alla normale documentazione che attestasse il suo stato di invalidità, anche ulteriore documentazione che rivelava il suo stato sierologico, che veniva per questo motivo reso noto non solo all’università ma obbligatoriamente anche al tutor.  Dall’essere venuti a conoscenza della patologia, vi è stato un crescendo di continue richieste di ulteriori documenti sanitari, relazioni mediche e dati specifici, tutti motivati da una “presunta” tutela del tutor, come veniva detto all’interessato. La Lila di Cagliari è stata  interpellata dallo studente proprio a causa del protrarsi di tali atteggiamenti discriminatori da parte dell’università, che continuava non soltanto a negare il tutor (che peraltro si era già reso disponibile ma venne fatto retrocedere dall’incarico) ma lasciava trapelare un clima di intolleranza e di paura, oltre che incapacità di gestione della situazione, emarginandolo completamente.  A nostro avviso quanto accaduto, motivato da un regolamento in forte contrasto con la stessa legge 135, oltre a rappresentare un abuso ledeva gravemente il diritto alla privacy della persona in questione.  Abbiamo sollecitato il rettore a voler variare il regolamento e “regolarizzare” le modalità di trattamento della persona in questione, senza successo. Il pronunciamento del Garante ci ha dato infine ragione ed ha imposto all’università di abolire il regolamento precedente. Meglio avrebbe fatto quindi l’Università a relazionarsi con lo studente in maniera corretta non sottovalutando le nostre richieste. Giunti al termine di tutta la vicenda spiace davvero constatare come proprio all’interno di una commissione universitaria per i disabili che dovrebbe tutelare i soggetti più deboli, siano state ignorate le più elementari norme comportamentali.  Dispiace anche rilevare l’assenza totale delle informazioni di base sul contagio e sull’inesistenza del rischio reale rappresentato da qualsiasi persona sieropositiva che viva in un contesto di normali rapporti sociali o lavorativi.  Sono queste delle informazioni che oggi risultano alla portata di qualsiasi scolaro adolescente. Le modalità di trasmissione dell’hiv sono le stesse, da sempre. E dovrebbero essere ben note  all’interno delle istituzioni che si occupano di istruire tutti. Al contrario proprio loro sembrano ignorare le più elementari nozioni e regole di convivenza con le persone sieropositive. La sieropositività NON rappresenta un pericolo per nessuno, visto che le modalità di trasmissione non sono certo quelle previste in un rapporto di lavoro o studio. I ripetuti atteggiamenti che abbiamo denunciato sembrano fare arretrare di almeno 20 anni l’integrazione delle persone sieropositive nella vita sociale in genere. E che questo sia avvenuto all’interno di una istituzione pubblica che dovrebbe garantire conoscenza, formazione, accoglienza e l’accesso per  tutti, con particolare attenzione verso chi è portatore di una invalidità, ci sembra quanto meno in contraddizione con le finalità della stessa istituzione.

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