IL 2012 CATASTROFICO DELLA SARDEGNA: DISOCCUPAZIONE, POVERTA' DA TERZO MONDO CON UNA POLITICA INADEGUATA E IMPREPARATA. RIMANE UN'ISOLA FIACCA, PROSTRATA E FERITA


di Claudia Sarritzu

Un altro anno si chiude per questa terra grande, buona e forte, abituata a non scoraggiarsi, a non mollare, a lottare per carattere, per indole. Eppure la stanchezza si sente, la si percepisce per strada, negli occhi dei passanti sempre più chini e sfiduciati, si sente nell’aria umida di questa terra selvaggia che cambia consistenza, sapore e temperatura, da nord a sud per tutta la Carlo Felice. La si legge nei taccuini dei cronisti, stracciati da una vertenza informazione che fa impallidire qualsiasi altra crisi editoriale al mondo.

La Sardegna, che tira le somme di questo anno terribile di depressione, si ritrova con dati sulla disoccupazione e la povertà da terzo mondo, con una politica inadeguata e impreparata, quasi stordita e impaurita di amministrarla, un’isola così fiaccata, prostrata e ferita. L’occupazione è diminuita di 13 mila unità, nel giro di un trimestre si sono persi 4 mila posti di lavoro, un anno fa la disoccupazione si attestava all’11%, quest’anno è al 14%. Poi c’è il dato sui giovani, la disoccupazione è al 45% e se fino all’anno scorso lo urlavamo arrabbiati, quest’anno è più probabile che ci venga da piangere.

Il fatto è che l’ottimismo non può durare per sempre e se tutto continua a cambiare per far restare ogni cosa ingiustamente identica, alla fine il fiato si spezza anche al miglior maratoneta. Siamo abituati alla fatica, ma questi dodici mesi hanno provato anche un popolo come il nostro, sono stati una guerra senza vincitori, una marcia di lavoratori continua, una protesta, un presidio, un sit-in al giorno senza ottenere risposte. Nel 2012 sono morti i sogni di tanti giovani sardi. Non tutti, per fortuna restano quelli che continuano a credere che da questa parte della riva possa restare la speranza di una vita migliore. Ma non si possono dimenticare quelli che se ne sono andati e non vorranno più tornare, sono rimasti spezzati e traditi da una regione che non ha saputo prendersi cura del loro futuro, e si tratta spesso dei nostri migliori ragazzi, i laureati specializzati, i ricercatori.

È qui nell’isola si è persa anche l’ideologia, l’amore incondizionato per un’idea. Durante le primarie del centro sinistra sono stati fischiati tutti i candidati, e non perché tutti avessero delle reali responsabilità in merito a quella determinata crisi del settore, sono stati fischiati perché se ne sono visti tanti sfilare in passato e non offrire risposte concrete, risolutive e dignitose. Siamo diventati degli animali da zoo, tutti vengono a trovarci, esaminarci, provano un po’ di compassione, offrono una manciata di finanziamenti che sanno di elemosina, si fanno la croce, come quando si cammina vicini a un cimitero e privi di sensi di colpa tornano nella penisola, certi anche loro stessi che questa sarda è una storia che fa tormento, che non fa dormire, che toglie l’appetito e sporca l’umore anche al miglior comico. Eppure non è tutto perso, o almeno non tutti la pensano così. Lo dimostrano gli operai ex Rockwool stipati in miniera nel Sulcis a lottare per il reinserimento nelle bonifiche, lo leggo dalle parole degli operai della Vinyls che vogliono quella chimica verde concessa come fosse un regalo neppure tanto meritato dall’Eni e che forse riuscirà ad assorbire solo un terzo dei vecchi operai. Lo ascolto dagli anziani pensionati con il minimo che continuano a togliersi il necessario per vivere pur di assicurare una paghetta ai nipoti e pur di pagare una bolletta ai figli precari e in difficoltà.

Ma il dato più terribili è quello del mattone. Non siamo più l’isola delle tre M, come qualcuno ci definì, massoni, medici, mattone. Perché la terza M non esiste più. L’isola sfregiata dai costruttori oggi non offre occupazione più neppure in questo settore, si è registrato infatti un meno 17,7 % di posti di lavoro. Mentre il settore agropastorale è in calo del 12% e la qualità della vita a Cagliari precipita al 73 esimo posto con un Pil procapite di soli 19mila euro annui. Senza parlare dei risparmi che sono calati a una media di 7 mila euro a famiglia nel Sulcis e di 9mila a Olbia. Questi numeri tragici vanno letti avendo ben presente che da noi il costo della vita è aumentato di due punti e sono 130 mila i sardi che vivono di sussidi.

I dodici mesi del 2012 sono stati le nostre dieci piaghe d’Egitto, una catastrofe, subdola e silenziosa, nascosta e mistificata da una società che continua mettersi debiti per comprarsi le Hogan e forma una fila lunga decine di metri per acquistare l’Iphone5. Il divario fra ricchi e poveri è sempre più incolmabile, e forse avremmo bisogno di una generazione che decida di rompere col passato, di imporsi socialmente e politicamente, per salvare se stessa, i propri genitori e i propri nonni, da una morte economica certa.

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4 commenti

  1. Isabella Masala (New York)

    Che tristezza!

  2. Alba Canu (Sassari)

    AUGURI DI UN NUOVO ANNO FELICE

  3. Giovanni Sini Mandula (Castelvetro di Modena)

    L’analisi può anche andar bene, quello che manca è il chiedersi quali siano le possibili vie per cambiare la rotta, Claudia Sarritzu,scrive che ormai siamo diventati animali da zoo ,che ormai dalla penisola arrivano in Sardegna per fare le solite promesse e per lasciare un pò d elemosina ,giustissimo come non condividere,quello che lascia perplessi è che la stessa Claudia Sarritzu si è spesa in lungo e in largo per le primarie in Sardegna , facendo gli onori di casa per l’ arrivo di Matteo Renzi, ora mi chiedo il tour dei vari candidati per le primarie nel mese scorso fa parte di queste visite allo zoo ??? oppure si è convinti veramente che l esito delle primarie abbia una qualche influenza sulle sorti del isola????

  4. Fabrizio Steri

    Analisi impietosa ma drammaticamente reale. Grazie Claudia .

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