IL TRIONFO A TOKYO 1964 DI PAOLO ANGIONI: IL CAVALIERE CAGLIARITANO E' L'ULTIMO OLIMPIONICO SARDO


redazionale Tottus in Pari

Paolo Angioni, cagliaritano, classe 1938, in Giappone vinse l’oro nel concorso completo a squadre di equitazione. L’ultimo trionfo della Sardegna ai Giochi Olimpici insieme a quello del pugile Atzori. I successi nel concorso a squadre ricorda Angioni insieme a quello individuale di Checcoli, furono i primi dell’Italia in quella Olimpiade. Ne seguirono altri otto. Gareggiammo all’inizio dei Giochi. Subito dopo saremmo dovuti rientrare a casa. Ma il CONI, per premiare quelle prime medaglie d’oro, ci consentì di restare sino alla fine. L’Olimpiade di Tokyo fu molto particolare. Organizzata da un paese che era uscito distrutto dall’ultimo conflitto e che per la prima volta si riaffacciava alla ribalta mondiale. Nel villaggio olimpico gli atleti alloggiavano all’interno di meravigliosi chalet. I giapponesi riadattarono la zona che era stata il quartier generale delle truppe d’occupazione americane alla fine della II guerra mondiale. Noi gareggiamo a circa 180 km da Tokyo. Un posto verdissimo, in collina. La chiamavano la Svizzera del Giappone. L’avvio della prova olimpica non fu dei migliori. Ricorda Angioni: La gara iniziò male, dopo il dressage eravamo terz’ultimi nella classifica a squadre. Poi il recupero sino al successo. L’Italia riassume Angioni era stata sorteggiata come prima formazione a scendere in campo. Ed io ero il primo azzurro: feci una bella prestazione nella prova di fondo e poi ancora nel salto ad ostacoli, un percorso netto. Che galvanizzò i miei compagni e condizionò gli avversari. Sbaragliata la favorita squadra britannica, dietro di noi finirono USA e Germania. Altri tempi anche per l’informazione: Non c’era la televisione al campo di gara, di giornalisti italiani manco l’ombra. Arrivarono di corsa da Tokyo quando seppero delle due medaglie d’oro. A quel punto foto e interviste si sprecarono. Angioni era arrivato quasi per caso, vista la sua abilità negli ostacoli. Assegnato, dopo la nomina a sottotenente dell’esercito nell’agosto 1962, al Centro preolimpico ippico militare di Passo Corese. La carriera agonistica del colonnello Angioni, dopo il trionfo di Tokyo, subisce un brutale stop nel 1966 in Polonia. Un incidente in un salto a ostacoli a Olsztyn in cui rischia la vita. Il cavallo, prima di una doppia gabbia, si è piantato racconta il cavaliere. Sono finito schiacciato fra gli ostacoli e il cavallo. Rimasi per una settimana in coma. A mia moglie i medici dissero che avrei potuto più camminare. Fu eccezionale l’intervento del generale Di Lorenzo che fece arrivare un aereo militare dall’Italia per riportarmi indietro. Fatto straordinario, visto che eravamo in piena guerra fredda. Restai ricoverato due mesi al Celio. Alla fine dopo un lungo travaglio, mi ripresi. Al punto non solo di camminare, ma anche di tornare in sella, alle gare e, infine, ai Giochi di Città del Messico nel 1968. Ma fu un Olimpiade disastrosa per noi dice Angioni. Ci preparammo all’altitudine messicana. Ai Giochi si gareggiò ad Avandaro, località a 1800 metri sul mare a 150 km dalla capitale. Un caldo infernale. Tanto che due cavalli furono abbattuti nel corso del percorso di campagna. La squadra italiana fu subito eliminata. Un risultato che ha lasciato l’amaro in bocca al cavaliere cagliaritano. Una carriera iniziata a 10 anni, nel 1948, quando montò il primo cavallo presso la Società Ippica Torinese. Nato a Cagliari nella centralissima via Martini, si era trasferito con la famiglia in Piemonte quando il padre, ufficiale di artiglieria, era partito per la guerra. Il legame con la Sardegna è sempre restato vivo, grazie e soprattutto ai cavalli. Ogni anno con mio padre, ritornavamo nell’isola, per cercarne di nuovi da allevare. Il primo che mi fu assegnato fu una femmina baia nata nel 1948 a Porto Conte, in un allevamento che purtroppo non esiste più. Angioni continua ad andare a cavallo e a scrivere di equitazione. La sua carriera brillerà per sempre, e non solo per quell’indimenticabile oro di Tokyo.

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