L'ALLARME DELLA CORTE DEI CONTI, LA SOLUZIONE DEI SARDI: PER L'ISOLA NIENTE DI NUOVO SE NON LACRIME E SANGUE


di Ornella Demuru

Il presidente della Corte dei Conti, Mario Scano, durante la cerimonia d’apertura dell’anno giudiziario della Corte dei Conti della Sardegna, dopo aver lanciato l’allarme recessione ha poi ricordato che l’art. 8 dello Statuto “non ha, all’evidenza, natura di norma di principio, ma detta un precetto di immediata applicazione”. Detto in “parole povere” – anche – per il presidente della Corte dei Conti il governo italiano deve versare nell’immediato quelle entrate che sono “per Statuto” dovute alla Sardegna. Insomma com’è naturale che sia, anche la Corte dei Conti – che ricordiamolo è un organo ausiliario della Costituzione con funzioni giurisdizionali e di controllo in materia di contabilità pubblica – ribadisce che lo Stato ha il dovere fare il suo dovere. Proprio come il nostro “operoso” Consiglio regionale ribadisce e richiede oramai da anni e anni; richieste che ci appaiono sempre più come oscure voci nella nebbia.

I vari richiami sono sempre stati accomunati da un fatto: l’invocazione all’articolo 8 dello Statuto. Un articolo che dovremo leggere per capire davvero di cosa si tratta. In questo articolo vengono elencate le quantità del gettito delle imposte dei sardi. Un lungo e interessante elenco che lo stato italiano conosce, e misconosce nello stesso tempo (visto che non ci rende le percentuali dovute da almeno da 20 anni!)

Ma quindi, qual è la notizia di questi giorni? E’ evidente che non ci possiamo aspettare che un organo dello Stato come la Corte dei Conti suggerisca soluzioni come una presa di sovranità reale da parte del nostro parlamento sardo, ma ciò che ci colpisce nelle parole di Scano è la sua inquietudine: una preoccupazione, un timore che da oggi a quanto pare attraversa anche le figure più imminenti della Corte dei Conti. Figure che normalmente mantengono – al contrario della società civile – un aplomb freddo e distante e difficilmente lanciano allarmismi verso noi comuni mortali. Ma stavolta anche la Corte risulta seriamente angosciata.

In fondo quello che ci stanno dicendo è “cari sardi siamo alla frutta!”.

Di contro, in Consiglio regionale si azzuffano nuovamente sulla Finanziaria. Terminano la loro seduta all’una di notte per poi riuscire a “bucare” la riunione dell’indomani mattina dove, appunto, veniva presentato un ennesimo emendamento. C’è da dedurre che dovevano aver dormito poco. Come potevano essere lì alle dieci del mattino, dopo una nottata passata a ridiscutere di somme di denaro virtuali e di buchi delle nostre finanze reali? Insomma, la palla rimbalza, e continua a rimbalzare da un banco all’altro, pur di non trovare una collocazione adeguata e ferma, una soluzione coraggiosa e onesta.

Una soluzione che in Sardegna oramai sta diventando sempre più nota: un’autonoma gestione delle entrate sarde. E questo non è altro che ciò che indica il nostro stesso famigerato Statuto che dovremo leggere tutto, anche oltre l’articolo 8. Infatti all’articolo successivo, l’articolo 9 appunto, c’è la soluzione.

Una soluzione però non di delega ma di presa di responsabilità. Per dar corso a questa voglia di responsabilità e concretezza moltissimi sardi stanno firmando la proposta di legge popolare proposta dal comitato “Fiocco Verde” e portata nelle piazze sarde a partire da dicembre. Una proposta di legge in 56 articoli che sostanzia e attua un articolo statutario realmente risolutivo. Una legge che mira a dare vita ad una “Agenzia sarda delle entrate” con un conseguente diretto controllo sui nostri soldi: le entrate e le uscite, come in un qualsiasi bilancio, da quello familiare a quello aziendale.

Riuscire a dare una ferma e decisa virata a questa irrefrenabile recessione economica e sociale è quindi possibile, ma con questa grande presa di responsabilità e di coraggio.

Il “decreto Salva Italia” del Governo Monti come abbiamo già compreso è un decreto onesto e sincero: salverà l’Italia, punto. Per la Sardegna non ci aspettiamo niente di nuovo se non lacrime e sangue.

A partire dai già annunciati rialzi sulle accise (tasse sui prodotti energetici) – ma non siamo noi quelli che già pagano l’energia elettrica più cara d’Italia? – e un bell’aumento dei costi sui beni di consumo primari (carne, pasta, pane) pari a 200/300 € in più all’anno.

Insomma la Sardegna continua ad essere una prefettura di mussoliniana memoria, con una servile amministrazione e un mancato esercizio delle proprie competenze di sovranità. Se ciò sia dovuto ad una volontà politica precisa o ad un’incompetenza oramai diffusa in tutta la politica e in tutta la classe dirigente, per noi poco cambia.

Ciò che conta è invece essere consapevoli che chi ha maggiore lungimiranza e lucidità politica sul futuro dei sardi non è tra i professionisti della politica affogati nelle sabbie mobili del gossip da segreteria di partito, ma tra chi la Sardegna la vive quotidianamente nella sua complessità sociale ed economica, e che invece di struggersi nella rassegnazione come spesso accade in queste critiche situazioni trova spazi politici concreti per rilanciare questo popolo e questa terra.

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