SCORIE TOSSICHE NELL'ARCIPELAGO: UN TERRITORIO SENZA PACE QUELLO DE LA MADDALENA


di Alessandra Deleuchi

C’è un dubbio, terribile. Oltre ad essere stata occasione propizia per tante ruberie, le bonifiche compiute a La Maddalena per liberare i fondali davanti all’ex arsenale dai depositi accumulati in decenni di attività industriale, in previsione del G8 mai fatto, potrebbero avere innescato una bomba ecologica, liberando nelle acque di quella che sarebbe un’area protetta uno sciame di scorie tossiche. Per usare una metafora, un po’ come stuzzicare un vespaio senza sapere a quali conseguenze si sarebbe andati incontro. Arare e dragare strati su strati di idrocarburi aggrappati per decenni ai fondali dell’ex Arsenale militare della Maddalena, ha provocato lo sradicamento di metri cubi di materiale inquinante che si sono staccati dalle profondità marine della Mita Resort, ed hanno incominciato a vagare, depositandosi chissà dove. Lo spiega chiaramente un biologo che preferisce rimanere anonimo ma che è perfettamente consapevole che quelle operazioni di pulizia dei fondali «non sono state condotte secondo i canoni. Smuovere quegli strati velenosi ha significato il rilascio delle particelle inquinanti che hanno preso la loro strada per il mare». Ottanta sette mila metri cubi di sedimenti inquinanti, dei quali solo 46 mila sono stati dragati, erano da sempre stratificati fino a due metri di profondità, perché per cento anni le sentine delle imbarcazioni militari venivano ripulite riversando i liquidi in acqua e la conoscenza di quelle che sarebbero state le conseguenze per l’ambiente era minore rispetto ad oggi. Rimuovere quei tappeti di materiale inquinante ha significato attuare un piano di bonifica sbagliato, perché quella sporcizia galleggiante quasi conviveva con quel fondale, era rimasta lì come addormentata: «Forse sarebbe stato meglio se tutto fosse rimasto com’era o se si fosse agito diversamente », sostiene il biologo. Oggi tutto tace e la bonifica è stata interrotta perché i fondi sono finiti: il triste simbolo di quella che doveva essere la ricollocazione dell’isola. Quei fondali che erano inquinati anche quando nemmeno un anno fa le imbarcazioni della Vuitton Cup veleggiavano libere ed inconsapevoli, di fatto bloccano il decollo definitivo della struttura della famiglia Marcegaglia che avrebbe dovuto significare la ricollocazione di numerosi maddalenini precari o disoccupati. Mentre il chilometrico molo, dove si favoleggiava che sarebbero sbarcati i maxi yacht, rimane incredibilmente deserto. Come sotto un incantesimo maligno. Non è stata calata nemmeno un’ancora, tanto meno una cima. Solo qualche turista curioso, in tour tra le strade deserte della struttura, in arrivo con il pullman, si aggira qua e là, spaesato ed attratto più che altro dalla cronaca che si è sviluppata intorno alla vicende del G8 mancato e degli appalti non chiari. L’Arsenale diventa tappa di un viaggio tocca e fuga, dopo Garibaldi e il suo museo c’è la Mita. Gli altri, i turisti a cinque stelle e forse anche di più, quelli attesi che avrebbero dovuto riempire ristoranti ed alberghi dell’Hotel arsenale ancora non si vedono. Tanto che lo stesso amministratore delegato della Mita, non vedrebbe negativamente la possibile istallazione di una base Nato nell’isola. Mentre la stagione è già incominciata e La Maddalena sembra ancora una volta aver perso il treno del rilancio economico.

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