"LA BUROCRAZIA MI STA UCCIDENDO": LA TRISTE STORIA DEL MARESCIALLO MARCO DIANA, COLPITO DALL'URANIO IMPOVERITO

Marco Diana

Marco Diana


di Paolo Salvatore Orrù

“Non riesco a capire perché debbano accadere queste cose”. Marco Diana quando pronuncia queste parole è fuori di sé. L’aver indossato la divisa con onore e fedeltà è costato tantissimo al maresciallo dei Granatieri di Sardegna, che dopo aver servito il suo Paese in molte contrade del mondo è da tempo malato di cancro, una malattia che, secondo i medici, è stata causata dal contatto con uranio impoverito. La reazione del soldato è comprensibile, non riesce a comprendere perché l’Asl di Iglesias ha perduto per la terza volta i documenti che attestano il suo stato di salute. Documenti importanti, redatti dall’Istituto Europeo dei tumori diretto da Umberto Veronesi, senza i quali l’Azienda non può somministragli le terapie salvavita di cui ha bisogno. Senza quelle cure, ha calcolato Diana, non “vivrei più di 15 giorni”. Prima il danno poi la beffa: “Il direttore mi ha telefonato per dirmi che mi debbo presentare, benché io sia inabile al cento per cento e bisognoso di essere assistito 24 ore su 24 da un badante, con i documenti in mio possesso negli uffici dell’Asl per incontrare con il rappresentante dell’economato, dottor Sulcis e il direttore all’assistenza domiciliare integrata (Adi) dottor Cusano “per valutare tutta la situazione”, spiega Diana: “Questo vuol dire che la vicenda è ancora tutta in fieri”. Eppure, fa notare il soldato, c’è un atto dispositivo permanente a vita, firmato da Antonio Martino, l’allora Ministro della Difesa, nel quale si dice che la “Asl non ha alcun carico né economico né amministrativo sulla spesa per gli integratori sanitari. Queste spese sono a carico del Ministero”. Ormai, Diana e la direzione dell’Asl comunicano solo attraverso le agenzie stampa, con le quali l’ente sanitario ha fatto sapere che “non sarà interrotto il profilo terapeutico seguito sinora dal maresciallo Marco Diana”. Fin qui le precisazioni dell’Azienda. Della vicenda si è occupato anche il partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (PDM). Luca Marco Comellini, il segretario dell’associazione, per tentare di dirimere la vicenda ha inviato un’email a Maurizio Calamida, commissario dell’Asl Carbonia-Iglesias e ad Antonello Liori, assessore regionale della Sanità della Regione Sardegna: “Apprendo da numerose agenzie di stampa – ha scritto Comellini – che sarebbe stato adottato un provvedimento di interruzione delle indispensabili cure e dell’assistenza medica che gli garantiscono a Marco Diana di poter continuare a vivere. Ove risultasse fondato quanto riportato dai media ciò rappresenterebbe, a mio avviso, un fatto di inaudita gravità”.  In trincea anche Franco Porcu, il sindaco di Villamassargia, un paesino del Sulcis Iglesiente. Il primo cittadino conosce molto bene – “in città lo conoscono tutti” – il maresciallo. Così, quando alcuni compagni (parola che in paese abitato da tantissimi ex minatori si usa ancora) gli hanno fatto notare “l’appello di Marco su Facebook” ha prima voluto sincerarsi di persona dello stato di salute del suo concittadino, poi ha voluto vederci chiaro, andando a rovistare anche sui fatti e i misfatti dell’Asl di Iglesias. “Sono stato da lui per tentare di rincuorarlo, ovviamente la malattia e i dispiaceri di questi ultimi giorni lo hanno prostrato”, commenta il primo cittadino. “Ho preso posizione contro l’Asl – commenta ancora il sindaco – non è possibile che per questioni meramente burocratiche qualcuno debba rischiare la vita”. Diana, che ha una pensione privilegiata di prima categoria (2000 euro al mese), ha sempre anticipato il costo dei salvavita, somme che l’Asl ha sempre rimborsato. “Ho visto la ricevuta per le medicine, i farmaci costano 16 mila euro al mese”. Marco, inoltre, spiega sempre Porcu, “avrebbe dovuto ricevere dal Ministero della sanità emolumenti integrativi che non sono mai arrivati”. L’ex Granatiere di Sardegna vive in campagna, non lontano dal paese natale, in luogo dove le ginestre e i papaveri a primavera colorano le campagne. Colori che Marco ama, ma a cui spesso deve rinunciare perché la malattia lo indebolisce e lo prostra psicologicamente: “E’ come se il mondo gli sia crollato addosso”, spiega il suo badante Stefano Aresu.

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2 commenti

  1. Questa triste storia mi fa venire in mente che l’Italia è nata dal sangue dei Sardi; e non lo dico solo pensando al Regno di Sardegna che ha inglobato, attraverso i plebisciti del biennio 1859-1860, i territori degli ex staterelli italiani, divenendo il Regno d’Italia ma sulla base dell’Ordinamento Giuridico Sardo (Statuto Albertino compreso); lo dico pensando anche e soprattutto agli eroi della Brigata Sassari e alle loro gesta nella Grande Guerra; lo dico pensando ai Gramsci, ai Segni, ai Berlinguer; lo dico pensando ai minatori di Buggerru del primo novecento; lo dico pensando ai Sardi nel mondo, spesso emigrati perchè abbandonati dalla Madre PATRIA nella propria terra; e lo sgomento diventa rabbia mentre constato che alla sofferenza di gente come Marco Diana, fa da contraltare la danza di nani e ballerine nel tramonto funesto della c.d. Seconda Repubblica. Quante altre repubbliche e quanti regni dovremo aspettare prima che la cieca e spietata burocrazia romano-piemontese ritragga i suoi tentacoli micidiali dalle membra afflitte dei cittadini italiani?
    Quante vite pretenderà ancora in sacrificio il Moloch delle scartoffie inchiostrate?
    Ma il sangue vale più dell’inchiostro! Albix

  2. Onore a te amico! E te lo dico cone ex Militare e come cittadino Italiano, non sono Sardo ma ho avuto tanti amici, un POPOLO ORGOGLIOSO E CORAGGIOSO come pochi continetali!

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