L'iniziativa editoriale dell'Unione Sarda che riproduce i "Quaderni del Carcere"

di Celestino Tabasso *

"Emozione" è la parola che ricorreva più spesso a Cagliari, nella sede della Fondazione Giuseppe Siotto, durante la presentazione della nuova edizione in copia anastatica dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, a cura del docente Gianni Francioni, che L’Unione Sarda sta mandando in edicola in questo periodo. L’emozione, in primo luogo, è quella di Giuseppe Marci, il direttore del Centro di studi filologici sardi, che introducendo il convegno ha ricordato la trepidazione con la quale da studente si avvicinò per la prima volta alle testimonianze di quel cervello che il regime fascista, imprigionandolo, si propose inutilmente di spegnere per vent’anni. Una passione, ha detto il docente, che «riscontro anche negli studenti di oggi, quei ventenni ingiustamente sospettati dalla nostra opinione pubblica di essere poco inclini allo studio e all’approfondimento». Ma di emozione ha parlato spesso anche il presidente della fondazione Siotto, Aldo Accardo, tanto nel descrivere l’appassionato stupore dei liceali di Nuoro e di Olbia nell’avvicinarsi al pensiero del fondatore del Pci quanto nel ripercorrere la collaborazione con il direttore editoriale di questo giornale, Gianni Filippini, nel nome dei Quaderni: «È nella verifica concreta dei fatti che noi possiamo articolare i nostri giudizi» ha detto, dando atto al quotidiano di aver condotto una vicenda editoriale «che lascerà traccia e che già suscita interesse e richieste oltre i confini nazionali». Un dato confermato da Gianni Filippini, che ha parlato di «un’operazione vissuta come eccezionale da tutto il comitato editoriale dell’ Unione Sarda , che ha valutato con spirito liberale l’opportunità di pubblicare l’opera di un personaggio complesso e per certi versi lontano dalla sensibilità di molti lettori». I risultati «sono confortanti, anche dal punto di vista della diffusione», e dopo «quelle intellettuali del periodo in cui cominciavo a fare il giornalista», quelle editoriali sono le «nuove soddisfazioni» che il pensatore di Ales gli sta dando. E in tema di soddisfazioni, è massima quella espressa da Giuseppe Vacca, presidente della Fondazione Istituto Gramsci, che ha definito «ardimentosa e felice» la pubblicazione in copia dei Quaderni e la loro destinazione alle edicole, un’azione culturale «in linea con la convinzione di Gramsci che non vi fosse un’effettiva frattura tra "popolare" e "alto", ma una differenza di grado da agire in modo circolare per dare fondamento alla comunità». In quelle pagine, ha spiegato, si legge l’evoluzione del pensiero gramsciano, con la graduale sparizione delle categorie di struttura e sovrastruttura e il termine gruppi sociali che via via prende il posto di classi : un percorso di grande rilevanza nello studio «del pensatore più letto e tradotto del Novecento». E per concludere tornando sul filo delle emozioni, oltre a quelle evocate dal professor Angelo D’Orsi dell’Università di Torino – che ieri, nel settantaduesimo anniversario della morte dell’autore dei Quaderni, ricordava le condizioni in cui fu costretto dal fascismo ad elaborare il suo pensiero e metterlo nero su bianco – ci sono quelle del nipote e omonimo del filosofo di Ales. Nel suo impeccabile italiano dalla cadenza russa, eredità del trasferimento in Urss della famiglia del leader comunista perseguitato in Italia, Antonio Gramsci junior ha parlato con curiosità affettuosa dei messaggi oltre il testo che ancora oggi ci trasmettono quella grafia minuta e ordinata, le correzioni vergate dal nonno, le cancellature. C’è, in quei fogli, il progetto di una cattedrale del pensiero che ancora oggi ispira movimenti di liberazione e nemici dei totalitaristi oppressivi. «In Russia – ha detto -i nuclei giovanili che si oppongono all’ondata montante di formazioni d’estrema destra sono maltrattati dalla polizia, spesso più vessati degli stessi fascisti. Via internet sono riuscito a mettermi in contatto con il loro leader, uno studente che ha scelto come fonte della sua azione politica proprio i Quaderni. Per ovvi motivi di sicurezza non può usare il suo nome, e quindi ha scelto uno pseudonimo: Antonio Gramsci».

* Unione Sarda, 28 aprile 2009

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