GRAZIA DELEDDA E DON PRIMO MAZZOLARI: CONVEGNO A MONZA CON IL CIRCOLO “SARDEGNA” E GLI INTERVENTI DI EDOARDO BRESSAN E ANTONELLO MENNE

di GIANRAIMONDO FARINA

L’importante convegno, tenutosi presso il centro civico San Gerardo al cospetto di un numeroso ed attento pubblico, ha segnato un passaggio decisivo verso la sensibilizzazione delle istituzioni locali monzesi per il conferimento della cittadinanza onoraria postuma a Grazia Deledda. Punti segnati, “in primis”, dalla grande rilevanza pubblica dei soggetti coinvolti. A partire dal prestigioso Centro Culturale Beato Luigi Talamoni, ben rappresentato dal suo presidente, il ch.mo prof. Edoardo Bressan, docente universitario di storia contemporanea, ordinario a Macerata, con alle spalle una lunga e sterminata attività accademica e pubblicistica alle spalle.  Per arrivare al Distretto culturale del Nuorese “Atene Sarda” ben rappresentato dall’avvocato Antonello Menne. Ne è venuto fuori un intenso ed arricchente momento di grande riflessione culturale, che ha molto interessato e coinvolto i presenti.

A partire dall’intervento del carissimo Antonello Menne, avvocato di Orotelli (Nu), editorialista dell’Unione Sarda e presidente del Comitato Scientifico del Distretto culturale Nuorese “Atene Sarda”, nonché docente di diritto turistico comunitario in Cattolica. È stato proprio lui, professionista stimato, affermato da tempo in Lombardia, ma “con il cuore in Sardegna” a contribuire a fornire una nuova lettura e visione di Grazia Deledda. Dopo gli interventi ed i saluti istituzionali del Comune di Monza, rappresentato dal sindaco Paolo Pilotti e dall’assessora alla Partecipazione Andreina Fumagalli, ormai “aficionada” alle iniziative culturali proposte dal sodalizio sardo- brianzolo, la “palla è passata” ai due illustri relatori, chiamati ad affrontare il tema del rapporto fra “Grazia Deledda e don Primo Mazzolari”: i già ricordati Antonello Menne ed il prof. Edoardo Bressan. A fare da contorno, oltre un pubblico qualificato ed attento, gli interventi moderatori del presidente del Circolo Sardegna Salvatore Carta e del vice Gianraimondo Farina. Introducendo la sua appassionata relazione Antonello Menne ha parlato, emblematicamente, di “potenza di una scrittrice”. Potenza perché il Nobel alla Deledda “sconvolse” l’impalcatura costruita dal regime fascista. Una scrittrice di un paese nascosto (tale era Nuoro in quel periodo, prima di assurgere, nel 1929, a capoluogo di provincia), che, con i contenuti alti dei suoi ideali e del suo modo di scrivere, “sono stati una ferma risposta all’Italietta fascista di allora”. Altro punto di riflessione toccato dal presidente del Comitato Scientifico del Distretto culturale del Nuorese è stato che le opere di Grazia Deledda hanno un linguaggio universale, nel senso che “parlano all’Umanità e dell’Umanità”. Per Menne, anzi, con queste opere, è la stessa Sardegna “a parlare al mondo”, affrontando i temi “enormi” della fragilità e della resistenza, la cosiddetta, antica “costante resistenziale sarda”, già a suo tempo individuata, studiata e definita da quell’immenso archeologo e paleontologo che fu Giovanni Lilliu. Grazia Deledda fu anche una “donna moderna” che accettò di condurre le sue battaglie dentro il sistema. Basti pensare che nel 1902 usciva il romanzo “Dopo il divorzio”, pubblicato proprio in un periodo in cui, già da diversi anni,era in corso un animato dibattito sull’ introduzione del divorzio in Italia (progetto di legge poi bocciato). “Ebbene”- ha chiosato l’avvocato orotellese- “la nostra scrittrice è riuscita anche a contribuire a fare cadere questo muro del matrimonio che non ammetteva discussioni”.  Il passaggio successivo Menne lo compie nel contribuire a delineare meglio, raccogliendo il testimone del sindaco Pilotto, il tema del “percorso aperto verso il conferimento della cittadinanza onoraria postuma” da parte del comune di Monza e fortemente voluto dal Circolo Sardegna. E lo fa partendo da un assunto: Deledda non è stata solo della Sardegna. Aveva collaborato fittamente con il “Corriere della Sera”. “Motivo per cui è d’uopo, primariamente”- ha sempre ribadito Menne – “parlare di persone, collocandole nelle visioni storiche”. Un po’ come sta’ facendo, nel suo piccolo, con quasi trenta iniziative l’anno, il circolo Sardegna di Monza. E come, invece, su scala maggiore, fa il prestigioso ed importante Distretto culturale del Nuorese “Atene Sarda” la cui definizione fu coniata appunto dall’ appena ventenne Grazia Deledda che così scriveva della sua città nelle pagine della “Rivista delle Tradizioni popolari italiane” diretta da Angelo de Gubernatis: “Nuoro è chiamata, scherzosamente, dai giovani artisti sardi, l’Atene della Sardegna. Infatti, relativamente, è il paese più colto e battagliero dell’Isola. Abbiamo artisti e poeti, scrittori ed eruditi, giovani forti e gentili, taluni dei quali fanno onore alla Sardegna e sono avviati verso una relativa celebrità”. Il Distretto culturale del Nuorese, tanto per snocciolare alcuni numeri, è l’istituzione di rete culturale più importante della Sardegna, nata nell’isola ma ideata in Cattolica a Milano durante la frequenza di un master in marketing del turismo tenuto dallo stesso Menne. Un’idea, un progetto, che poi ha trovato “gambe” e concreta realizzazione, divenendo l’industria economico-culturale sarda più importante, con vari e ragguardevoli soggetti pubblici e privati coinvolti. L’ultimo, ma assolutamente decisivo punto dell’analisi di Menne è, poi, andato a concentrarsi sul “forte primato delle regole e della società”, sempre presente nello stile deleddiano, ripreso e codificato da Ignazio Pigliaru in quell’opera magistrale che è “Il codice della vendetta barbaricina”. Opera in cui si sostanzia la prevalenza delle leggi non scritte rispetto a quelle scritte, la cui lettura invita a capire meglio per quale motivo, nella società pastorale sarda, vi era l’obbligo giuridico della vendetta. Una società che, inevitabilmente, ha “impattato”, con tutte le conseguenze del caso, con il mondo cattolico. E Grazia Deledda era anche cattolica. È proprio quest’ultimo passaggio dell’intensa ed appassionata relazione di Menne che ha introdotto il successivo intervento del prof. Edoardo Bressan. Al centro vi è stato il rapporto tra la scrittrice nuorese e don Primo Mazzolari che, per qualche anno, ne fu parroco in quel di Cicognara di Viadana nella bassa mantovana. E l’accademico, dopo aver portato i saluti del prestigioso Centro Talamoni, che da quarant’anni fa grande e significativa cultura a Monza, lo fa da par suo. Partendo da una data storica, il 1926. Anno del conseguimento del Nobel per la Deledda, ma anche anno di morte del beato monzese don Luigi Talamoni (1848- 1926). Sia la Deledda che il beato Talamoni hanno vissuto il “passaggio di secolo”. Talamoni, poi, nel 1923, era capolista della lista popolare a Monza, proprio laddove quella fascista aveva raggiunto il minor numero di consensi su scala nazionale. In entrambi, che non s’incontrarono mai, era rimasta l’attenzione per il senso della vita e per l’affronto dei reali problemi della società. “Aspetto ben presente”- ha sottolineato lo stesso prof. Bressan- “anche nella interrelazione fra la stessa scrittrice sarda e don Primo Mazzolari, il suo parroco lombardo”, “tromba dello Spirito Santo in Val Padana”. Questa immedesimazione Sardegna- Lombardia trova un’esplicazione nel romanzo padano per eccellenza della grande scrittrice nuorese, quell’

“Annalena Bilsini” del 1927, poco conosciuto ma tanto significativo e profondo. Romanzo che, peraltro, non fu inviato al sacerdote mantovano per cui il mondo delle lettere era già un “mondo altro”. Un altro aspetto finale su cui il presidente del Talamoni ha insistito è stato quello del cosiddetto “pluralismo della storia italiana” di cui la Deledda fu espressione. Una storia radicata, per lui, in quella fondata lettura cattaneana del Risorgimento italiano unita a quella cattolica per cui l’unità religiosa fu raggiunta prima di quella politica. E per cui le regioni italiane, tranne quelle, ovviamente, a Statuto speciale, rinnegando la loro plurisecolare storia statuale, venivano relegate, fino agli anni Settanta del XX secolo, a meri compartimenti statistici. È per questo che “Canne al Vento”, con i suoi paesaggi e la sua gente racconta anche di una Sardegna vera, “di pascolo e di mare”, profondamente e radicatamente cattolica. 

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2 commenti

  1. Adriana Valenti Sabouret

    Complimenti per l’articolo a Gianraimondo Farina e alle iniziative culturali sempre coinvolgenti del Circolo sardo di Monza.

  2. Un incontro davvero ‘commuovente’ per la ricchezza di suggestioni storiche antropologiche e letterarie di entrambi i relatori. Incontri cosi danno un respiro largo alla nostra città anche perché costituisco, affrontando seriamente ed insieme tematiche culturali, un vero incontro da persone appassionate: cosi si creano nuove opere, grazie a tutti

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