IL CAMMINO DI SANTIAGO DE COMPOSTELA: NICOLA ATZORI DI ABBASANTA SULLE ORME DI SAN GIACOMO

Nicola Atzori

di LUCIANA PUTZOLU

Dal 1993 il cammino di Santiago de Compostela è diventato uno dei patrimoni dell’Umanità. 800 Km, da compiere in 30 giorni, tra passi veloci e lenti, tempo ostile o favorevole; ciò che conta, ieri come oggi, è la direzione. Cammina lentamente, non avere fretta, dove devi arrivare è a conoscere te stesso, scrive un filosofo spagnolo.

Nicola Atzori è un giovane di Abbasanta con una laurea a pieni voti in scienze strategiche conseguita l’anno scorso all’Università di Torino. Parte per Santiago in un giorno molto significativo per la comunità abbasantese, il giorno di Santa Monica, il 27 Agosto; inizia il cammino il giorno di Sant’Agostino, altro santo molto caro al apese. Per un mese il suo stato su Whatsapp è per me un appuntamento quotidiano, al ritorno è raggiante nonostante la stanchezza. L’abbraccio di saluto trasmette tutta la carica potente del traguardo raggiunto. Ha bisogno di giorni per interiorizzare l’esperienza…

Nicola, che cosa ha spinto un giovane di 25 anni come te a partire? Innanzitutto, il bisogno di capire quale indirizzo volessi dare al mio futuro dopo la laurea, per cui era necessario fermarmi e creare le occasioni per riflettere, prendendomi del tempo per me stesso, lontano dalla comfort zone, dagli impegni e dalle distrazioni quotidiane. Un’altra spinta forte è derivata dall’esigenza di staccare la mente dalla negatività che delinea la nostra epoca a livello sociale, economico-lavorativo, geopolitico. Desideravo capovolgere la medaglia, ricercarne il lato positivo che ho riscoperto nel contatto con la natura, nelle opere d’arte, ma soprattutto nelle persone, con le loro radici, i loro stili di vita e i loro racconti di vita vissuta. Il Cammino di Santiago era l’unica esperienza che poteva darmi ciò di cui avevo bisogno.

Quale strada hai percorso e come ti sei preparato? Ho percorso il Cammino francese: 31 tappe, circa 800 km da Saint-Jean-Pied-de-Port, il versante francese dei Pirenei, attraversando le regioni spagnole di Navarra, La Rioja, Castilla y León e Galizia. Ognuna con i suoi tratti paesaggistici: dai pascoli montani alle desolate mesetas, dai pregiati vigneti ai verdi boschi, passando per alcune città note come Pamplona, Burgos e León. Da Santiago ho camminato altri quattro giorni fino a Finisterre, dove ho concluso il mio pellegrinare sulle sponde dell’Oceano Atlantico. La mia preparazione si è basata esclusivamente sulla lettura della guida al Cammino di Santiago curata da Terre di Mezzo, che orienta il pellegrino su come raggiungere il punto di partenza dall’Italia, l’equipaggiamento necessario e su tutti gli alloggi in cui si può pernottare lungo il percorso. Anche a livello fisico non ho seguito un allenamento specifico, ho messo semplicemente lo zaino in spalla e sono partito all’avventura, senza sapere con chi avrei viaggiato o dove avrei dormito, confidando sul fatto che il mio corpo e la mia mente si sarebbero adattati ai nuovi ritmi solo quando avrei cominciato a camminare e così è stato.

Racconta una giornata tipo… Nel Cammino era come se vivessi due giornate distinte: una di cammino e l’altra a fine tappa. Ogni giorno la sveglia suonava intorno alle 5 per partire in gruppo alle 6, armati di torce fino all’alba. Dopo circa due ore di camminata (10 km), facevamo una sosta al primo bar aperto. Da qui io proseguivo da solo per un tratto, ritrovando il gruppo all’ultima pausa prima dell’arrivo, di solito tra le 12,30 e le 14. Dove possibile alloggiavamo nei rifugi comunali o parrocchiali, gestiti da pellegrini volontari più congeniali dal punto di vista spirituale rispetto ai privati. Dopo l’assegnazione del letto, una doccia rigenerante e il lavaggio dei vestiti, iniziavo il mio defaticamento studiando il percorso della tappa successiva e visitando i punti di attrazione del luogo. Poi la cena: comunitaria e all’italiana quando si poteva utilizzare la cucina in ostello, altrimenti menù del pellegrino in qualche ristorante del posto. Entro le 22,30 i rifugi chiudevano i battenti e spegnevano le luci, segno che era ora di dormire.

Quali difficoltà hai incontrato? Fortunatamente non ho incontrato grosse difficoltà. Il rischio di perdersi è praticamente nullo grazie alle frecce gialle, alle conchiglie e al countdown chilometrico che conducono fino a Santiago. I numerosi ostelli lungo la via garantiscono sempre ai pellegrini un alloggio per trascorrere la notte, anche senza prenotare. Solo una volta, a causa della mancanza di posti, in quattro siamo dovuti andare fino al paese successivo a quello previsto, ma ciò non ha fatto che rafforzare il nostro legame. Dal punto di vista fisico, il mio corpo si è adattato bene, sopportando vesciche ai piedi e dolori muscolari. Il sostegno dei compagni di viaggio e l’entusiasmo di scoprire nuovi paesaggi proiettano la mente e il cuore verso la meta, generando una spinta ad andare avanti anche se stanchi, doloranti e in qualunque condizione atmosferica.

Sentimenti e pensieri quando sei arrivato alla meta… Sono arrivato alla meta il 27 settembre, dopo un mese di cammino. Per molti del gruppo era l’ultimo giorno, perciò abbiamo organizzato una partenza in massa alle 4, per tagliare insieme il traguardo finale, percorrendo l’ultimo chilometro scalzi, con l’adrenalina che saliva a ogni passo. All’arrivo siamo stati accolti da una piazza ancora deserta, da cui abbiamo potuto ammirare la maestosità e la sacralità della Cattedrale. Il mio stato d’animo era confuso, stupito, soddisfatto e grato per avercela fatta, per aver percorso tutti quei chilometri con le mie gambe. Per me Santiago è stata certamente la meta ma, non rappresentando la fine del mio cammino, non avevo realizzato che l’esperienza stava volgendo al termine fino al momento di salutare i miei compagni di viaggio. Coloro con cui ho condiviso passi, racconti, emozioni, pianti e risate per un mese, dall’alba al tramonto. Allora il cuore si è riempito anche di malinconia e nostalgia nel vederli voltarsi e andare via con il loro zaino sulle spalle.

Che cosa di questa esperienza porterai sempre con te? Direzione per la vita? Al rientro lo zaino era più pesante, colmo di lezioni e istanti da custodire gelosamente. Il Cammino ti insegna a imparare a saper stare da solo con te stesso, con il suono dei tuoi passi e del tuo respiro; a goderti ogni attimo finché vivi. A vivere esperienze di fede intensa. Insegna a discernere tra l’essenziale e il superfluo della tua vita, a focalizzarti sulle piccole cose, come ammirare un bel paesaggio o ascoltare lo stormire del vento tra gli alberi. Insegna a uscire da una visione del mondo individualista, pregiudiziosa e diffidente, aprendoti a una condivisione a 360 gradi con persone di età e provenienza diverse, ognuna con la sua identità, la sua motivazione, la sua voglia di raccontarsi come realmente è, con il suo passato e il suo stato d’animo, senza quelle maschere di cui ci parlava Luigi Pirandello e che, spesso, indossiamo senza accorgercene. È proprio questa singolare ma intensa connessione emotiva con qualcuno che conosci appena, a rendere così speciale il Cammino di Santiago.

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Un commento

  1. Belinda Boeddu

    Bravissimo Nicola e complimenti a Luciana per l’articolo!

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