IL ‘REDDE RATIONEM’ DEL GOVERNO DRAGHI E LA SCOMPARSA DELLA POLITICA: DIETRO ED OLTRE LA CRISI

Italian Prime Minister Mario Draghi

di GIANRAIMONDO FARINA

In vista delle elezioni è molto interessante capire e fare un’oggettiva disamina dell’eredità politica lasciataci dal governo Draghi. Analisi che, indubbiamente, va’ ad intaccare anche risvolti sociali e storico-economici di non poco conto. Partiamo da quella che sarebbe dovuta essere la “panacea” di tutti i mali: il PNRR. L’acuta osservazione politologica di accademici come Giulio Sapelli ed Alessandro Mangia, però, ci offre un quadro tutt’altro che idilliaco riferito proprio al sistema sottostante il meccanismo di erogazione di questi finanziamenti comunitari cui il nostro Paese deve sottostare. E gli stessi, ultimi, Cdm del “governo dei migliori” pare lo abbiano dimostrato. Stando a questa attenta e disinteressata lettura stiamo assistendo al ritorno del neocameralismo prussiano. Con la conseguente “narcotizzazione di una Nazione” da parte di un decision maker nella “gabbia d’acciaio del pilota automatico dell’UE”. Questo ha fatto sì che prevalesse sempre di più una procedura tecnica della decisione, sempre più burocratica, a discapito di quella politica.  

Il vero vulnus creato dall’appena sciolto esecutivo, denunciato peraltro, da pochi costituzionalisti non asserviti, è stato ed è quello di non aver dato legittimazione alla politica non solo di rappresentanza, ma anche parlamentare.  

Per Sapelli e Mangia il PNRR ha negato questo vincolo di rappresentanza con un modus operandi redatto per la sola propaganda. Questo facendo venire meno l’azione e l’incisività di enti locali e regioni. E, soprattutto, aspetto decisivo nel corso di applicazione del programma, di province e Camere di Commercio, già di per sé “distrutte” e riformate, senza le quali non è  stato, finora, possibile svolgere un’azione di una tale colossale rendicontazione. Aspetto sfuggito al “governo dei migliori”. Quella poco efficace ed efficiente applicazione del PNRR è la “cartina di tornasole” dell’analisi critica relativa alla deminutio progressiva della politica italiana dell’ultimo periodo, dall’affermazione del cosiddetto “partito della Pelosi”, alla vittoria delle “élites”antidemocratiche. Tutti aspetti che ci portano a delineare chi siano realmente i veri padroni dell’Italia dopo la crisi dei partiti. Il vero “lascito” del governo Draghi. A partire da quello definito da Giulio Sapelli come il “partito della Pelosi”. Un partito, quest’ultimo, di neowilsoniani ben ideologicizzati che, purtroppo, sta’ prendendo piede anche in Italia e che ben si è manifestato con il recente viaggio pelosiano nel nostro Paese. Un Paese che, occorre precisare, non ha ancora un ambasciatore americano da più di tre anni: segno chiaro di diffidenza, non affatto cambiato dalla nomina di Draghi a primo ministro. L’eventuale nomina pelosiana, stando alla lettura fornita da Sapelli, potrebbe portare l’Italia da “piattaforma ideale di mediazione tra mondi”, come lo era nella storia recente, a “pista di lancio”di una guerra tra mondi , si spera più economica ed ideologica.  Anche questa “prima eredità” del governo draghiano.  

Per capire meglio gli altri “pilastri” dell’esecutivo dei “migliori”, occorre, però, andare dentro la crisi che stiamo affrontando. In sostanza, la scelta del Presidente della Repubblica di affidare a Draghi la guida del Paese, non ha portato i benefici augurati. Soprattutto nell’ultimo periodo. A partire dall’annuncio dell’UE del 21 luglio di uno “scudo anti spread”, cui l’Italia rischia di potervi accedere quando servirà, perdendo la “partita” del Patto di stabilità.  A questo si aggiunge il fallimento, di fatto, dell’ultimo “conato di dignità euromediterraneo” prima delineato dal trattato franco- italiano e sostenuto, poi, anche, inutilmente, da Spagna e Grecia. Con l’incapacità del governo uscente di gestire meglio , con più creatività ed intelligenza politica, il PNRR (come già ricordato) e di allargare la base di consenso partendo dal basso e non schierandosi dalla parte delle multinazionali “neoschiavistiche”. Un governo che, purtroppo, lo stesso già ricordato Sapelli non ha stentato a definire come “eterodiretto dall’anglosfera”, ossia dal binomio USA-GBR, ed alla quale, bene o male, si deve rendere conto. Il tutto, purtroppo, sta’ avvenendo in un Paese, l’Italia, il cui ceto politico continua a rimanere sordo verso una società che si avvia ad una crisi sociale non solo di produzione. Crisi che segnerà una svolta notevole anche nella storia economica interna. 

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