DEDALO E ICARO, IL VOLO CONTRO LE IPOCRISIE ED I PREGIUDIZI. A TINDRI (ME) L’ORIGINALE INTERPRETAZIONE DEL MITO CON LA REGIA DEL SARDO FRANCESCO FRONGIA

Francesco Frongia

di GIANRAIMONDO FARINA

Lo scenario impareggiabile dell’anfiteatro greco di Tindari, l’antica “Tyndaris” offre sempre spettacoli di grande afflato e richiamo. Dalle opere classiche, naturalmente,e dalle loro moderne ed attuali reinterpretazioni. È innegabile,poi,che il contesto scenografico del sito, “incastonato a metà tra il cielo ed il male”, che ha tanto ispirato Salvatore Quasimodo con quella poesia lirica che è “Vento a Tindari”,contribuisca sempre a rendere ogni opera, che vi viene rappresentata, un “unicum”. E lo stesso, si può dire della reinterpretazione, in chiave moderna,di uno dei grandi miti dell’antichità classica, quello di Dedalo ed Icaro. Questa volta, l’ “unicum” è stato raggiunto dal fatto che nella drammaturgia dell’autore siciliano Tindaro Granata, si deve aggiungere anche un “tocco di sardita’ “, essendo uno dei due registi ( l’altro è l’attore Giacomo Ferrau’) Francesco Frongia, affermato regista del Teatro Elfo Puccini di Milano. Dopo aver iniziato la carriera come video-maker, si è dedicato alla regia di prosa e musica. Aveva iniziata con il successo di SdisOre’ di Testori nel 2003, anno in cui s’intensifica anche la sua collaborazione con l’Elfo. Queste sono le sue successive produzioni : “La Tempesta di Shakespeare” (2005),”L’ignorante e il folle”,”Rosso”, “Nel buio dell’America”, “L’eclisse”. Con i suoi viaggi video ha contribuito  ha trasfigurare le scenografie di alcuni fra i più significativi spettacoli dell’ Elfo, sperimentazione ben riuscita con “Alice Underground”, vero e proprio cartone teatrale in un originale cortocircuito tra teatro ed immagini. Del 2015 è la cura, con Bruni, di ” Mr Puntilla ed il suo servo Matti” di Brecht, cui seguiranno, nel 2017, “Tamburi nella notte”,  L’importanza di chiamarsi Ernesto” e “Atti osceni ” di Kaufman, per giungere al 2020 in cui firma con Bruni l’edizione italiana di “The Laramie project”, ‘Il seme della violenza”. Importante è anche la sua produzione come regista musicale, con la collaborazione con i “La Crus”, arrivando alla produzione di “La costruzione di un amore” ed il progetto di illustrazione multimediale dei “Quadri di un’esposizione di Musorgskji” al Festival di Stresa. Dal 2018 cura la rassegna “Nuove storie”, riservata alle compagnie giovani ed emergenti,con una particolare attenzione alla drammaturgia più attuale per temi e scrittura. Com’è, appunto, il caso di “Dedalo ed Icaro”.

 Per il resto, All”Dedalo ed Icaro”, interpretata in chiave moderna, non è altro che

un’opera teatrale sul tema dell’autismo, indagato con delicatezza e in profondità. Oltre i citati autori, sono da menzionare anche gli interpreti Giacomo Ferraù, Giulia Viana, Libero Stelluti , Enzo Curcurù e la coproduzione Teatro dell’Elfo ed Eco di Fondo. Oltre, naturalmente, l’organizzazione del Tindari Festival e del Comune di Patti (Me) che martedì 26 luglio hanno reso possibile la drammatizzazione, davanti ad un pubblico numeroso, qualificato ed attento.

Ed in un certo senso questo dramma mitologico ha  sapientemente reso ed interpretato tutto quello che la regia siciliana e sarda ha voluto trasmettere.  Ossia la rivisitazione dell’autismo, tema e problema attuale che,in due isole- continenti come Sicilia e Sardegna,pervase da fatalismo e miti ancestrali ben chiari anche nelle letterature di entrambe, riesce ad assumere una valenza unica e particolare, ben segnata dall’onnipresente rapporto- dicotomia “padre-figlio”,di cui “Padre padrone” di Gavino Ledda non è altro che un aspetto, peraltro significativo. Qua, certamente, non vi è un “padre-padrone” ma un padre che vuole la libertà per il proprio figlio, Giacomo- Icaro, un figlio “neuro diverso”, che non parla, non ride, può essere violento o dolce, può sottrarre lo sguardo o scavare dentro con gli occhi. Si tratta, in sostanza, di una nuova reinterpretazione didattica e pedagogica che dovrebbe aiutare noi tutti ad “uscire” dai vecchi stereotipi e pregiudizi per capire che esiste una diversa maniera di elaborazione della realtà da parte di persone,solo apparentemente definite “anormali”, ma che, invece, sono perfettamente inserite ed integrate nel mondo, seppur con l’utilizzo di canali comunicativi differenti. A questo punto ci si chiede: ma il Mito, in questo dramma, che fine fa’? Esso permane perché trattiene le figure di Icaro con le sue ali, di Dedalo, e del labirinto. Lo stesso Granata ha evidenziato come nel loro  Dedalo e Icaro ci fossero un padre ed  un figlio, come nel mito. Per questo, però, per  il padre (Vincenzo) il labirinto nel quale si perde quotidianamente è suo figlio (Giacomo). A questo fa seguito l’affermazione dei due registi,ancora più precisa:”Nella nostra storia “Dedalo- Vincenzo” siamo noi, e la nostra incapacità ad accettare un mistero”. Dedalo e Icaro prendono vita sulla scena per raccontare il dramma dell’isolamento sociale in cui le famiglie e le persone sono rinchiuse. Dedalo costruisce le ali per il figlio, nella speranza di poterlo liberare con l’unica arma che aveva a disposizione : un amore incondizionato, sconfinato come il cielo “dove il padre ed il figlio aprono le ali per librarsi in volo”. Giacomo-Icaro  ha alcuni comportamenti ossessivi, compulsivi, impenetrabili, tesi e agitati, ma anche altri pieni di grande ed intensa tenerezza invocante umanità. Ebbene “Dedalo e Icaro” è, in fondo, questo calarsi negli “abissi” impenetrabili del labirinto ed,allo stesso tempo,lottare per liberarsi dalle tante prigioni degli stereotipi e dei pregiudizi cui, purtroppo, l’autismo, questo “male indefinito del terzo millennio”, condanna tanti bambini e ragazzi. Un po’ come, purtroppo, è successo,per rimanere “simbolicamente” in Sardegna, con la recente, triste e drammatica storia di Mattia, ragazzo quindicenne di Cagliari, che qualche mese fa’, proprio perché incompreso e rifiutato dalla scuola, dalle istituzioni e dalla società,si è tolto la vita in un parco cittadino, portandosi seco e dietro l’immenso dolore- denuncia dei genitori, ben descritto in un post dalla madre con queste parole :”Nostro figlio non era altro che un figlio amatissimo a cui il buio ha tarpato le ali. Nostro figlio poteva essere uno dei vostri figli; il figlio del sindaco, dello psicologo e di chi risponde al maledetto telefono di un reparto di neuropsichiatria infantile. I pensieri di nostro figlio, possono essere quelli dei vostri e loro figli e chiunque potrebbe ritrovarsi come noi disperati per non essere riusciti a salvare il proprio figlio”. Dedalo ed Icaro,pertanto, non sono un Mito,ma una realtà che  interroga una società,l’attuale, elitaria e falsamente includente.

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Un commento

  1. Adriana Valenti Sabouret

    Dedalo e Icaro mito e realtà: un interessante spunto per riflettere.
    Grazie, Gianraimondo Farina.

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