LA GUERRA IN UCRAINA ED IL CONFLITTO DEI DATI SARDI FRA CNA E CONFARTIGIANATO: PROVE DI “DEZINFORMATSYA” ECONOMICA IN SARDEGNA?

immagine di guerra dall’Ucraina

di GIANRAIMONDO FARINA

Nell’ambito del conflitto ucraino, in Sardegna vi sarebbe, sottoluce, un altro scontro causato, in particolare, dalla lettura di alcuni dati economici forniti dalle due più importanti confederazioni artigiane presenti sul suolo italiano: la CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato) e Confartigianato. Dati che si sono potuti analizzare in questi giorni a seguito dei report prodotti e delle interviste-articoli riportate da entrambe le associazioni nei media. Apparentemente sembrerebbe un’analisi lineare, esplicativa ed anche semplice da valutare, soprattutto quella fornita dall’ultimo report di CNA. In realtà, la successiva lettura data da Confartigianato farebbe, ulteriormente, riflettere fornendo nuovi spunti di disamina. Ma procediamo con ordine. E partiamo dallo storico pregresso. Per capire anche di chi e di cosa stiamo scrivendo. CNA, innanzitutto, è l’associazione che, a livello nazionale, conta circa 623.000 associati, con, in Sardegna, sedi a Cagliari, Iglesias, Nuoro, Lanusei (Ogliastra), Oristano, Sassari ed Olbia (Gallura). Per un totale isolano di 40.000 iscritti.  È stata, certamente, la prima confederazione artigiana a sottoscrivere accordi con i sindacati dei lavoratori fin dal 1946.La sua struttura ed organizzazione capillare la rendono presente in tutti i contesti territoriali nazionali, con sedi provinciali, zonali e comunali. A questo, poi, si aggiunge un’efficace articolazione per organi di rappresentanza con ben 45 mestieri riconosciuti dalla direzione nazionale e, più o meno, corrispondenti ai famosi codici ATECO. A fare da contraltare a   CNA vi è Confartigianato Imprese con 700.000 iscritti, fondata anch’essa nel 1946 e con circa 50000 aderenti in Sardegna. Per fare una semplicistica distinzione, che in questa sede torna utile, CNA   nasce in seno agli ambienti comunisti e socialisti artigiani; Confartigianato, invece, è più organica a quelli di stampo cattolico. Alla base di Confartigianato vi erano, poi, le famose CGIA provinciali nate negli anni Cinquanta, a seguito delle antiche Federazioni artigiane, grazie al “lavoro intenso, avventuroso, ricco di emozioni, soprattutto in un periodo come quello post-bellico della seconda guerra mondiale”. E fra le CGIA un ruolo decisivo è anche ora assunto dalla CGIA di Mestre che pubblica ricerche a tema economici e sociali di grande attualità’. Di recente la CNA sarda ha pubblicato un report in cui sembrerebbe che quasi si sminuiscano i dati conseguenti alla guerra in Ucraina, soprattutto con riferimento all’isola. Vediamoli. Il rapporto, ben strutturato ed articolato, è stato reso noto da “Unione Sarda” (17 marzo 2022), “Sardegna ieri, oggi, domani” (16 marzo 2022),”Sardinia Post” (16 marzo 2022),”Alguer.it 2000-2020″, “Cagliaripod” (16 marzo 2022) ed Ansa Sardegna (16 marzo 2022).In particolare, da una prima analisi generale, emerge che il blocco delle esportazioni dei prodotti sardi verso la Russia dovrebbe portare delle conseguenze limitate per l’economia isolana. I dati parlerebbero di un valore complessivo di 14 milioni di euro, pari allo 0.3% dell’intero export regionale. Questo ha, poi, portato i responsabili di CNA ad affermare che, anche se le sanzioni contro la Russia dovessero inasprirsi, esse non avrebbero ripercussioni negative per le imprese sarde. Secondo sempre CNA il dato percentuale del valore complessivo delle esportazioni sarde verso la Russia sarebbe, addirittura, inferiore alla media nazionale (0.3% contro l’1.5%) e le esportazioni riguarderebbero di più il settore chimico, con l’84 %, ed, in minima parte, settori decisivi come l’agroalimentare. A livello nazionale, invece,i rischi maggiori si concentrerebbero sul triangolo economico Lombardia- Emilia Romagna-Veneto “con un impatto che, anche in questo caso, risulterebbe marginale”. L’utilizzo del condizionale è d’obbligo, in attesa di una nuova “stretta” sulle sanzioni economiche. Ma cos’è successo nel concreto? Il 23 febbraio l’UE ha, sostanzialmente, “esteso” il campo di applicazione del preesistente disposto sanzionatorio comunitario del 2014, quando la Russia, in conseguenza delle discusse “rivolte” antigovernative di piazza Maidan a Kiev, ha occupato la Crimea. I settori coinvolti nel piano sanzionatorio risultano essere quelli delle telecomunicazioni, delle misurazioni, delle apparecchiature elettromedicali, degli strumenti ottici, delle attrezzature fotografiche, degli articoli nautici, dell’aeronautica e delle tecnologie spaziali. Questo studio, quindi, rileverebbe che il blocco delle esportazioni verso il Cremlino coinvolgerebbe appena l’1.2% delle produzioni isolane esportate nei summenzionati settori. In totale circa 615.000 euro su 50 milioni. Andando ancora nello specifico, al momento, la maggior parte dell’export sardo riguarderebbe gli strumenti e gli apparecchi di misurazione, prova e navigazione (400 mila euro) e settore nautico (210 mila euro). Prima del 2014, ossia delle sanzioni a seguito dell’invasione crimeana, il valore complessivo delle esportazioni isolane verso la Russia ammontava a 13 milioni di euro. La domanda, poi, estesa all’ effettivo peso generale delle esportazioni al momento dei prodotti sardi in Russia, per il report di CNA, farebbe emergere come il maggior valore sia quello del settore chimico (circa l’83-84 % del totale, pari a 12 milioni di euro, ossia il 4.4 % della performance totale del settore nel 2021). E l’agroalimentare? Questo settore contribuirebbe all’export verso la Russia per appena 340 mila euro, circa lo 0.2 % dell’export agroalimentare regionale. Eppure, proprio a questo punto, emerge chiara la discrasia con quanto, quasi in contemporanea, comunicato da Confartigianato Imprese che in Sardegna (ed in Italia) è l’associazione artigiana con il maggior numero di iscritti. Mentre da un lato, infatti, CNA procede con un report “freddo” ed “asciutto”, fondato su dei numeri; l’analisi di Confartigianato va alle persone. In un articolo pubblicato da “Cagliaripod” il 1 aprile 2022, quest’ ultima associazione denuncia che, a causa della guerra russo-ucraina, sarebbero a rischio 30 mila imprese isolane, non proprio noccioline. Crisi che coinvolgerebbe un’ampia platea di attività imprenditoriali sarde di circa 95 mila lavoratori. 35 mila imprese e 95 mila lavoratori: numeri da tenere in conto per Confartigianato perché rischiano di mettere in difficoltà la ripresa delle aziende. Se CNA, quindi, lancia il proprio report, Confartigianato risponde con un’analisi più “sostanziale” del suo ufficio studi che si focalizza “sulle imprese in prima linea per l’impatto della guerra nel centro Europa”. Ed i dati che ne emergono sono più contrastanti. Non abbiamo la constatazione “asciutta” di CNA, ma la “prima linea” della guerra dei prezzi e dei mercati sconvolti dal conflitto. Una guerra che comprenderebbe quasi 2/5 (il 37.6 %) degli occupati del sistema produttivo sardo.  Come già evidenziato, per l’esattezza, parliamo di 30.175 imprese, la quasi totalità con meno di 50 addetti (il 99.6%), con 94920 dipendenti ed oltre 4/5 (l’83 %) di occupati in micro e piccole imprese. Tutti dati che nel report precedente di CNA mancano. L’analisi del Centro Studi di Confartigianato, poi,si rivolge ai territori. E qui emergono dati ancor più significativi ed interessanti. A pagare maggiormente il conflitto russo-ucraino sarebbero la Provincia di Nuoro e le zone interne, con riferimento agli occupati. Ma questo nessuno l’ha detto e rimarcato. E sarebbe, molto probabilmente, la giustificazione per cui, proprio in queste aree della Sardegna, le opposizioni al coinvolgimento dell’Italia nel conflitto, con l’invio delle armi e le sanzioni economiche alla Russia, abbiano trovato un maggiore fondamento. La provincia di Nuoro risentirebbe il più alto coinvolgimento del suo sistema produttivo con il 42 % di occupati nelle imprese in prima linea, contro il 41.0 % di Sassari ed il 40.4% del Sud Sardegna. Ma perché questo “trend” negativo soprattutto nel Nuorese? Forse perché, assieme all’ Ogliastra, è stato uno dei pochi ad aver registrato, proprio in Russia, Azerbaijan e Kazakhstan, importanti e recenti accordi commerciali, rilevati da Confartigianato Imprese Sardegna. Si è trattato di dodici imprese agroalimentari del territorio coinvolte, nel 2020, nell’allora progetto di internazionalizzazione di Confartigianato Nuoro Ogliastra, finanziato dall’Assessorato all’Industria- Por Sardegna 2014-20, asse prioritario III- azione 3.4.1. Ecco queste aziende: Antica Fabbrica del Dolce Nuorese di Orgosolo, Caseificio Bussu di Ollolai, Torronificio “Licanias de Sardigna” di Tonara, Impresa “La Bottarga” di Siniscola, “L’ortolano” di Orosei, i panifici “Forno carasau” di Oliena e “Santa Lulla” di Orune, il biscottificio GLMF di Lula, la Cantina Sociale di Dorgali, la società agricola “F.lli Piroddi” di Oliena ed il liquorificio IRIS di Olbia. Un mercato, quello euroasiatico, dove l’interesse per i prodotti sardi, contrariamente a quanto sempre rilevato dal report CNA Sardegna, era molto forte ed aveva anche fatto guadagnare a Confartigianato Imprese Nuoro Ogliastra alcune, importanti, pagine sulla rivista in lingua russa “Living Italy”. Ecco, se neanche la pandemia ha bloccato questo importante export ora, purtroppo, lo potrebbe fare la guerra in corso.  Se, poi, dovessimo andare più nel dettaglio, in questa fantomatica “trincea avanzata” si troverebbero i settori con una maggiore intensità energetica (non solo la chimica del report CNA, quindi), dalla metallurgia alla petrolchimica, dalla carta al vetro, dalla ceramica ai trasporti. A questo si deve aggiungere il “caro carburanti” che, come visto in questi giorni, ha colpito il settore del trasporto merci e persone, comprimendo i margini per 2999 M.P.I. (Medie Piccole Imprese) con 10.813 addetti. L’analisi, quindi, dell’ufficio studi di Confartigianato, “stravolgerebbe”, in un certo senso, quanto riportato dal report di CNA, rilevando che le carenze di materie prime provenienti da Russia ed Ucraina, associati ai costi crescenti delle forniture, coinvolgerebbe le imprese nei settori alimentare, dei metalli e delle costruzioni. Un qualcosa che in Sardegna riguarderebbe un numero di 15.477 MPI con 41.189 addetti. E, poi, come già ricordato dal sottoscritto in precedenza, vi sarebbe il turismo. Altro dato su cui, certamente, i codici ATECO delle sanzioni non influirebbero secondo CNA, ma che avrebbe già ” presentato il conto”, secondo Confartigianato. Amaro, molto amaro per la Sardegna. Settore, poi, provato, ovviamente, dalla recessione pandemica. Un blocco, quello dei turisti russi, che innescherebbe effetti variegati sul territorio, non dimenticando, però, che la Sardegna è la regione in cui le spese dei turisti russi, in rapporto all’economia del territorio (ecco ben spiegato il senso del brocardo sardo ” Crama babbu chie ti dae pane”), è più elevata. La nostra isola, per stare ai conti forniti da Confartigianato, conta 10.947 MPI imprese nell’alloggio e nella ristorazione, che danno lavoro a 40.247 addetti. A questo punto la domanda sorge spontanea: Come mai questa discrasia di rilevazione nei dati? Semplicemente perché si tratta di dati differenti.  Export esclusivo per CNA o valutazione economica come il caso offerto da Confartigianato? È chiaro che, da storico-economico, per analizzare l’impatto di una crisi economica, dovuta a conflitti o altro, su un territorio, bisogna valutare tutti i fattori che inducono ad avere una visuale più generale del problema. Mentre, quindi, il report di CNA riporterebbe ad effetti di breve periodo per contestualizzarli, l’analisi dell’ufficio studi di Confartigianato Sardegna ci offre uno “spaccato” maggiore del problema, certamente influenzato anche dai dati presentati di recente dal maggiore Centro studi di Confartigianato in Italia, la CGIA di Mestre. Uno studio, condotto da quest’ ultima che evidenzia come la guerra dopo ben 15 giorni, sia costata all’Italia, finora, 3.6 miliardi di euro, con  una diminuzione dell’export dai 10.7 miliardi del 2013, ai 7 miliardi del 2015 (ben il 36 per cento). Il tutto con il paventato rischio di stagflazione. Tutti dati che, purtroppo, sembrerebbero non rilevati dal report CNA.

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