“LA TUA ARMONIA, LE LINEE MELODICHE. SONO SUGGESTIVE. RACCONTANO STORIE”: IL TANGO MACONDO DI PIERPAOLO VACCA

Pierpaolo Vacca

di ANGELICA GRIVEL SERRA

Pierpaolo vide diventare un pomeriggio di maggio dalla cromatura ordinaria l’uscio verso uno spicchio di vita sul quale lui, sino a quel momento, si era limitato a un roseo sognare.

Le piazze sarde in cui avrebbe solo voluto condurre le note del suo organetto, erano invero gli spazi del lavoro quotidiano: il senso del dovere lo tratteneva infatti in un regime che lo costringeva lontano dalla musica, in un perpetuo viaggiare col suo furgone Kangoo bianco, tra i pali e gli impianti elettrici disseminati tra un estremo e l’altro dell’isola. Perché Pierpaolo è un elettricista. È il suo mestiere, e non si nega mai la premura di esercitarlo con diligente esattezza. Eppure, in lui, piuttosto spadroneggia, cigola, resiste e protesta il musicista.

Quel pomeriggio, comunque, accompagnava il suo tragitto un sole gagliardo, ma non ancora

prestato alle aggressioni. Certi cavi da giuntare nella vecchia cabina del boschetto brado di roverelle a Orroli, avevano impegnato la sua intera mattinata. Da lì era infine partito alle due e il suo percorso volgeva verso Cagliari. Il rombo attutito del motore rumoreggiava in quieta sincronia col suo pensare. Ma proprio mentre accompagnava il volante verso una sterzata a destra, ecco che il display del cellulare brillò di una intermittenza alla quale Pierpaolo riservò da principio la fugacità di un’occhiata, per poi tuttavia farla evolvere in subitanea luce di sguardo: sullo schermo zampillava il nome di Paolo Fresu.

Se la sua educazione alla guida fosse stata acerba o timida, l’istinto lo avrebbe di certo portato all’improvvisazione di una frenata brusca, tanto era fremente la sorpresa che lo animava. Invece, Pierpaolo persistette nella sua andatura pacata, in evidente sproporzione rispetto al dilagare intenso di idee che cominciarono a vorticargli dentro. Come se qualcuno avesse tagliato il nastro alla maratona dei suoi pensieri, che soggiungevano uno dopo l’altro a velocità alterne, a voler reclamare ciascuno uno spazio, trillando a voci vivide: Paolo Fresu lo chiamava sul serio? Perché? Che fosse un errore? Forse no: Pierpaolo ricordava molto bene il loro incontro, a inizio primavera, quando con il suo organetto intratteneva il tempo dell’aperitivo al matrimonio di Luca, del quale precisamente

Fresu era testimone. E certo Pierpaolo non avrebbe mai potuto dimenticare il brillio dell’istante in cui, mentre riponeva l’organetto per una pausa dopo una sessione di marcette nuziali, la sua leggenda vivente, l’inarrivabile Paolo Fresu, gli si era accostato. E questi, con una mitezza di modi disadorna di convenevoli, lo sbalordì, proponendogli uno scambio di contatti. E poi lo emozionò, quando disse, pacifico e quieto: “Guarda, sei proprio bravo. La tua armonia, la linea melodica. Sono suggestive. Raccontano storie”. Pierpaolo lo ricordava ancora a memoria, parola per parola.

Così, mentre Pierpaolo occhieggiava ancora una volta il telefono, come per assicurarsi di non aver frainteso la dicitura sul display, ecco che fu travolto da un’altra memoria: proprio in quella sera lontana, Fresu aveva poi accennato a un proposito, seppur nella fase di circospezioni astratte dell’assetto. Era una roba importante: uno spettacolo e anche un disco. Pierpaolo vide affiorare i ricordi come delfini in libera migrazione, nozioni che giammai pensava di aver serbato: Tango Macondo era il nome dello spettacolo. Un titolo quasi buffo, che però Fresu aveva sottolineato con serietà, soprattutto quando aveva parlato, per somme fattezze, di una mediazione narrativa tra Niffoi e Màrquez. Aveva citato Daniele di Bonaventura al bandoneón e addirittura alcune voci speciali, coinvolte per certo nel progetto: Malika Ayane, Tosca, Elisa.

Pierpaolo si soffermò appena su questi pensieri, cercando di non lambire nemmeno l’ombra di un’aspettativa. Del resto, cosa c’entrava lui, con tutto questo? Certo, ormai erano anni che suonava in duo con Giuseppe, l’amico di Talana, in giro per chioschi e bar, e se andava bene a qualche festa patronale. Peraltro, insieme funzionavano, loro due, così sghembi: Giuseppe, testosterone, sudore e il muro marmoreo del sorriso ad accompagnare gli accordi vivaci della chitarra; e poi lui, Pierpaolo, che in quelle occasioni musicali doveva rassegnarsi alle inevitabili seggiole sempre un po’ troppo minute per contenere la sua stazza, e la giovialità a improntare di sé persino le mani sui bottoni della tastiera.

L’allarme di un timore si acquattò per un attimo nella sua mente: che stesse vaneggiando?

Ma subito gli planò addosso una risposta che sapeva di conferma e sollievo: Pierpaolo sentì di nuovo, limpida, l’eco di una frase di signor Arzedi, il suo titolare. Era esattamente il giorno dopo il matrimonio di Luca: nel sentire l’ebbrezza dell’entusiasmo con cui Pierpaolo gli raccontava ogni dettaglio dell’incontro col maestro Fresu, signor Arzedi, questo omone dal cuore aureo, la cui ciclopica statura era decisamente incongrua rispetto ai suoi 75 anni, gli aveva detto, con perentoria gravità battesimale: “Beh, se Fresu ti chiama e tu non ci vai, io ti licenzio.”

Pierpaolo si riscosse. Ognuna di quelle tensioni che gli vibravano in gola sino a qualche istante

prima, dissipò di colpo. L’esitazione della titubanza germogliò in un sorriso nuovo, che assottigliò la sua età.

E finalmente, con una mano a comprimere il volante, l’altra tesa al telefono, come a non voler dilazionare più per il tempo di un ulteriore squillo, Pierpaolo rispose.

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4 commenti

  1. Pierpaolo Vacca merita queste belle parole.

  2. Conosciuto Pierpaolo Vacca al Time Jazz a Berchidda l’agosto scorso, visto anche lo spettacolo “Tango Macondo ” al Carcano a Milano. Comprato CD con tanto di autografo e foto ricordo 😀… Fresu la vede lunga … Complimenti
    Pierpaolo.

  3. Questo racconto, avvincente e affascinante, è scritto con una tale maestria e potenza scrittoria, da imporsi come autentico pezzo letterario. Complimenti
    vivissimi all’autrice.

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