AMBIENTE, SALUTE, ETICA? INAUGURATO NEL POLIGONO DI QUIRRA IL BANCO DI PROVA PER I RAZZI SPAZIALI

Migliaia di litri di carburante in fiamme nel giro di pochi secondi, con le contestuali emissioni in atmosfera. Un impatto sull’ambiente e sulla salute che i tecnici, naturalmente, assicurano sia irrilevante, ma su cui in realtà si addensano le nubi dell’incertezza.

Il progetto denominato Space Propulsion Test Facility, in sostanza un banco di prova per i motori a carburante liquido che dovranno guidare nello spazio i razzi, è stato inaugurato in località Sa Figu, Comune di Perdasdefogu, all’interno del Poligono Interforze del Salto di Quirra. Il tutto vale 26 milioni di euro. Nove milioni e mezzo arrivano dalle casse del Ministero dello Sviluppo Economico, altri 790 mila euro da quelle – certo non floride – della Regione. Il resto lo mette Avio, società per azioni con sede a Colleferro che ad oggi ha come socio principale Leonardo, l’azienda a controllo pubblico che domina il settore areospaziale-bellico in Italia.

Fra gli invitati alla cerimonia, tanti sono militari. C’è ovviamente l’amministratore delegato di Avio, Giulio Ranzo, ma ci sono anche il comandante della base Davide Marzinotto e c’è il comandante militare della Sardegna, il generale Francesco Olla. Stranamente non pervenuto Christian Solinas, per la Regione arrivano il presidente del Consiglio regionale Michele Pais (Lega) e l’amministratore unico del Distretto Aerospaziale (nonché, con cumulo di cariche di Crs4) Giacomo Cao.

La chiacchiera del destino aerospaziale del Poligono di Quirra circola, fra Ogliastra e Sarrabus, sin dal 1956, quando vennero espropriate le terre per realizzare il poligono più grande d’Europa. Chiacchiere, appunto, perché gli effetti registrato fino ad oggi sono spopolamento, depressione socio-economica e povertà collettiva. E le malattie, quelle per cui nessuno vuole prendersi la responsabilità, ma che ci sono e ammazzano le persone.

Non c’è solo la questione ambientale, e i dubbi sull’opportunità di finanziamenti pubblici ad aziende che poi, in sostanza, sono già a controllo pubblico. Ci sono le questioni etiche: sarà tutto civile lo scopo di questi razzi? Qualche anno fa Giacomo Cao, rispondendo ai dubbi sollevati, assicurava che i progetti sui droni non avrebbero avuto alcuna connessione con le ricerche militari. Qualche settimana fa si è scoperto che l’Italia intende armare i droni Predator B: già dal nome qualche domanda ce la si poteva fare, ma tutti assicuravano che sarebbero stati impiegati per operazioni di protezione civile e servizi postali. I razzi Vega per ora non hanno impieghi militari, ma le tecnologie sviluppate per il loro utilizzo potrebbero averli e comunque.

L’altro dubbio è che, in fondo, stabilire qui il bando di prova dei missili ma non la sede dell’azienda nasconda la semplice esternalizzazione di pratiche dannose. Meglio farlo a Colleferro, o in Sardegna, nel bel mezzo del poligono di Quirra? Protetti non solo dal punto di vista militare, ma anche da quello della trasparenza, dato che su quello che accade dentro i poligoni e sui danni delle esercitazioni non è possibile sapere nulla di certo. In America, nella Guyana Francese, da dove partono i razzi europei destinati allo spazio, le proteste contro lo spazioporto sono state negli ultimi anni molto attive.

Avio ha garantito che l’impianto avrà a regime 35 posti di lavoro: briciole. Le fabbriche e i centri di ricerca dell’azienda sono tutti nella penisola, a Colleferro e in Piemonte e Campania. In Sardegna, resterà il fumo dei motori.

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Un commento

  1. Chi ha scritto quest’articolo? Quando ho visto il servizio al TGR mi sono venuti gli stessi dubbi.

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