KAIROS, IL SUONO DEL ‘CERCATORE’ NICOLA SPANU: DIECI TRACCE INEDITE PER PIANOFORTE

La musica di Nicola Spanu (“Kairos”, dieci tracce inedite per pianoforte, ascoltabili gratuitamente su spotify) è quella di un cercatore. Essa evade gli stereotipi linguistici tradizionali, e ciò la mette al riparo dai rischi del discorso ‘accademico’, che ripete formule armoniche o sperimentali. Il pregio di questo respiro è a mio avviso l’autenticità che si condensa nelle aforistiche gemme pianistiche che Spanu ci dona.

Se egli avesse operato altrove, all’estero, avrebbe ricevuto premi e borse di studio come il tedesco Hans-Joachim Roedelius (mi riferisco soprattutto alle sue musiche pianistiche). Questa modalità del tutto originale di formare le frasi che compongono gli aforistici brani è frutto – come dichiara l’Autore – di improvvisazioni al pianoforte. Da anni affermo che la pratica improvvisativa nella musica andrebbe riscoperta, al di là della sua appartenenza a un genere.

E, contrariamente a quanto statuì Massimo Mila, non è affatto vero che “Il meglio” delle improvvisazioni finisca poi in brani strutturati: come se si potesse fingere che una composizione ‘notata’ e rieseguita sia esente da tutta una serie di dati sovrastrutturali che la appesantisce e, in fondo, la tradisce.

Ebbene, in queste piccole perle pianistiche di Nicola Spanu non c’è tradimento. Il discorso appare fondato, logico, scorrevole. È un flusso di emozioni che si mantiene -fortunatamente – ben lontano dalla retorica del discorso già noto.

Deleuze, rileggendo Foucault, ipotizzava che i dispositivi di potere trovano punti d’uscita dalla soggettività soffocata grazie al loro punto di frattura. Ebbene, tali uscite dal discorso (strutturato, perciò oggi anche accademico e sovente falso per questa sola appartenenza) sono invece possibili a musiche come queste: boccate d’aria, che ci appaiono indispensabili per rammentare a tutti che la musica, la sua autenticità appunto, e la capacità di porsi oltre il soggetto risiedono nella possibilità di accettare ed esplorare nuove disposizioni grammaticali.

Ciò non significa che singoli lemmi, piccole frasi o singoli nuclei di aggregazione sonora non possano svolgere anche, e talvolta, persino in questo album di Spanu, una funzione segnaletica: ac/cadere, come piccole citazioni che conservano una funzione anche mnemonica. Ma il corpus complessivo di “Kairos” non si lascia incasellare, magari verso il jazz, la classica, il pop: insomma non resta confinato entro un genere ‘al singolare’; al contrario, tritura certi stilemi – anche noti – in un quadro complessivo non comune. Si può dunque parlare in questo caso di ‘musica di frontiera’? Forse sì, ma proprio per la libertà e l’ampiezza che tale genere oggi rende finalmente ben accette, declinando l’accoglienza e il nuovo nel novero delle possibilità che la musica ancora si concede, e fortunatamente, nell’alveo di una contemporaneità che può finalmente permettersi di usare-mescolare stilemi e proiettarli verso ricadute future.

L’auspicio: non codifichi Nicola Spanu, in futuro, un nuovo sistema, ma possa continuare a dire a suo modo, in libertà, e giungere a moltiplicare gli ascolti che merita.

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