QUANDO JAMES JOYCE CONFUSE “SORDO” CON “SARDO”: PICCOLO CONTRIBUTO AL ‘BLOOM’S DAY’

2021, Statua di James Joyce a Dublino

di PAOLO PULINA

Anche quest’anno, il 16 giugno, in tutto il mondo, si è tributato un omaggio allo scrittore irlandese James Joyce (1882-1941) attraverso l’organizzazione del “Bloom’s Day” (“Giornata di Bloom”) utilizzando il cognome del protagonista, Leopold Bloom, del suo impervio capolavoro Ulisse e in ricordo della giornata dublinese del 16 giugno 1904 descritta in questo testo fondamentale dello   sperimentalismo linguistico del Novecento.

La particolare occasione celebrativa offre il destro per raccontare un piccolo e poco noto equivoco linguistico in cui ebbe a incappare il grande Joyce a proposito del titolo di un romanzo italiano di cui non ricordava l’autore. Diamo conto della piccola questione sulla base di un articolo della saggista francese Jacqueline Risset pubblicato in inglese nel volume Joyce Studies in Italy,2, a cura di Carla De Petris, Bulzoni, 1988.

Nel poscritto a una lettera del 18 aprile 1940 Joyce chiede a Nino Frank – suo amico e collaboratore della sua ultima opera, cioè la traduzione italiana di due passi di Finnegans Wake – il nome dell’autrice italiana dell’opera letteraria La moglie del sardo (The Sardinian’s Wife) dal momento che Valery Larbaud, che gli aveva segnalato il titolo, non ne ricordava l’autrice.

Richard Ellmann, nella sua edizione delle Lettere di Joyce, attribuisce quello che chiama il “romanzo” a Grazia Deledda, “romanziera italiana nata in Sardegna”. Ma in effetti – come puntualizza la Risset – tra le opere della scrittrice sarda insignita nel 1926 del Premio Nobel, anche se “lei stessa moglie di un sardo”, non c’è nessun romanzo con questo titolo.

Per la verità già lo stesso Joyce, in una lettera indirizzata a Nino Frank (senza data ma scritta tra il 20 e il 30 aprile 1940, quindi pochi giorni dopo la prima richiesta di informazione) di cui però il destinatario si era del tutto dimenticato, precisava: “E a proposito di niente in particolare quel romanzo si chiama ‘La Moglie del Sordo’, non del Sardo”.

Nella bibliografia delle opere della Deledda non figura neanche questo titolo “corretto”. L’indagine della Risset arriva alla soluzione del piccolo mistero: il breve racconto di autrice italiana, tradotto in francese da Henry Marchand e Valery Larbaud, nel 1934, per la “Nouvelle Revue Française”, intitolato La moglie del sordo, è opera di Gianna Manzini (1896-1974) e fu pubblicato nel 1929 nella sua prima raccolta di racconti Incontri col falco.

Il gioco di parole tra sardo e sordo è fin troppo facile e abusato e la confusione tra i due termini – come è capitato, sia pure solo per pochi giorni, allo scrittore Joyce – sempre possibile.

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2 commenti

  1. aldo brigaglia

    Non c’è peggior sardo di chi non vuol sentire

  2. Delizioso questo aneddoto! Grazie, Paolo Pulina.

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