LA MIA ISOLA: IL CANTO D’AMORE E DI FEDELTA’ ALLA TERRA D’ORIGINE DELLA SCRITTRICE ANTONIETTA LANGIU

Antonietta Langiu

di FRANCESCA BIANCHI

E’ un’isola la mia isola/ lontana nel tempo/ e per millenni lontana dal mondo.// Vicina per i conquistatori/ la mia isola/ gli invasori razziatori.// La mia isola ammantata di storia/ antica come le sue genti/ fiere rigorose superbe.// La mia isola granitica/ dalle bianche sabbie ardenti/ su un mare di smeraldo.// Fatta di silenzi profondi la mia isola/ di belati lontani/ di profumi che inebriano./ Luogo di sogni remoti/ la mia isola ventosa/ di lontane memorie…di eterna nostalgia.//

Protagonista indiscussa della scrittura di Antonietta Langiu, apprezzata autrice di narrativa – il suo romanzo Tessiture di Donne (Manni Editore, 2017). La silloge poetica, non a caso intitolata La mia isola, è un canto d’amore e fedeltà alla terra che ha accolto i suoi primi vagiti e che oggi le dona frammenti di una felicità antica e lontana, tenacemente radicata nella sua memoria.

Nata a Berchidda, borgo logudorese adagiato sulle pendici meridionali del Limbara, la Langiu intraprende un intenso itinerario dell’anima per tornare alle origini mai tradite e alla terra che è stata culla e nido dei momenti più felici della sua infanzia e oggi porto dove trovare riparo dai marosi dell’esistenza. Le prime liriche della raccolta esprimono un sentimento di orgogliosa e devota appartenenza a una terra ancestrale e misteriosa che ha forgiato il suo temperamento fiero e indomito di antica donna sarda: Sono impastata della tristezza/ della mia gente/ remota e rugosa come la corteccia/ di una vecchia quercia piegata dal vento

I suoi versi suggestivi celebrano la Sardegna, ammantata di storia, una storia e una civiltà millenarie di cui quasi mai, purtroppo, si legge sulle pagine dei libri di storia. La Sardegna, infatti, dai più è conosciuta e apprezzata solo per il suo mare cristallino e per le spiagge mozzafiato. Questi versi inducono a riflettere sullo sterminato patrimonio storico-culturale sardo, una ricchezza straordinaria, che oggi più che mai, se ben gestita e tutelata, aiuterebbe a promuovere e ad incrementare il turismo culturale, dando uno slancio all’economia di questa meravigliosa Isola.

Non manca il mare nei versi della Langiu: è un mare di smeraldo/ che si fa d’oro la sera/ un mare che l’allontana dal mondo/ e l’avvicina al cuore, un mare a cui, per un felice gioco di accostamento, si affiancano suoni, note e profumi di una terra magica: ecco apparire silenzi profondi e lunghi, interrotti solo dal flusso ininterrotto di pensieri e ricordi dell’autrice, belati lontani e profumi che inebriano. Colonna sonora di questa meditazione interiore è la dolce melodia del vento che diffonde i profumi di lentisco e di rosa canina, di asfodeli e di mirto selvaggio.

Sembra che nel vento, presente in Sardegna in ogni stagione, si materializzino le voci dei suoi genitori e delle persone care che hanno animato i giorni più felici della sua infanzia: è un vento che dona pace e ristoro, custodisce risate, desideri, sogni, sa di momenti intensi di condivisione volati via per sempre. Riaffiorano, così, memorie lontane ed eterna nostalgia, una nostalgia in cui a volte si avverte forte il peso del distacco e della lontananza, ma non c’è mai disperazione nei versi di Antonietta Langiu: anche i ricordi più dolorosi e malinconici sono addolciti dal ricordo sempre vivo degli amati genitori. Nell’anima dell’autrice è vivo più che mai il commovente ricordo della dolcezza fragile dell’amato padre – che oggi l’autrice rivede nel figlio Mauro – i cui occhi si riempivano di lacrime ogni volta che Antonietta andava via dalla sua terra. Ed è a questo punto che si materializza il desiderio di tornare bambina e vedere il padre che arriva/ col suo cesto d’uva/ di fichi e di mele.// I versi dedicati alla madre tradiscono una forte commozione: donna visceralmente legata alla sua casa/ piena dei ricordi/ di moglie e di madre/ poi solo di vuoto/ e di solitudine//, viene immortalata dalla Langiu mentre le sue mani bianche sulle pietre di granito lavano i miseri panni della nostra infanzia, panni che profumano di dignità, simbolo di un tempo ormai perduto, un tempo in cui si poteva assaporare il piacere della lentezza e vivere più intensamente le piccole gioie della vita, quelle che oggi molti di noi, purtroppo, considerano banali e non apprezzano. E proprio pensando a sua madre e alla sua dipartita, si chiede se un giorno, quando anche lei dovrà affrontare il momento estremo, i figli l’accompagneranno tenendole forte la mano, per accompagnarla nel viaggio verso il nulla, proprio come ha fatto lei a suo tempo con la donna che l’ha messa al mondo.

Questo viaggio verso l’ignoto, attraverso una sorta di metamorfosi panica, la restituirà finalmente all’immensa sinfonia della natura della sua Isola: Un giorno, quando non sarò più,/ non cercatemi in questa terra non mia/ ma laggiù tra gli scogli del mare tra le onde/ schiumose sospinte dal maestrale.// Laggiù tra i massi concavi dei graniti/ ove i sibili del vento hanno/ nei millenni scritto la loro storia.// Riposerò sotto una quercia in preghiera/ o un mirto amaro in fiore.// Sarò tra le radici contorte di un lentisco/ col mio cuore di pietra, in silenzio.// Ascolterò le preghiere non dette/ le parole rubate a una nenia lontana.// Ritroverò le origini perdute/ i volti dimenticati le voci spente.// Allora forse, nel silenzio dell’universo,/ innalzerò il mio canto e sarò di nuovo libera//.
Versi particolarmente evocativi sono dedicati a “Sa Contra”, un ammasso di rocce dietro la casa di campagna sita in località Puntagu, tra Monti e Berchidda, che ha dato il titolo al suo primo libro di racconti; protagonista assoluta di questo libro è la cultura sarda, filtrata attraverso i suoi ricordi d’infanzia. Sa Contra è per l’autrice il luogo magico del paesaggio interiore, un tempio sacro nel suo cuore, fedele compagno di vita: Sa Contra un luogo sacro, una mappa luminosa nel cuore, un luogo incantato mai dimenticato, memoria dei sogni e dei sospiri. Qui ritrova la giovinezza perduta, una giovinezza quasi trasfigurata, fonte di felicità infinita, ma volata via tanto fugacemente. Ed è in quel nido che la sua anima bambina può trovare riparo ora che il tempo fugge e la vita si avvicina al tramonto. Qui Antonietta Langiu abbatte le coordinate spazio-temporali e lascia parlare quel fanciullino di pascoliana memoria nascosto nella parte più profonda del suo cuore: con la fantasia riesce a fotografare e a cogliere il mistero e le emozioni che si celano in questo microcosmo incastonato nel mondo umile della campagna sarda e attraverso le sue liriche riesce a sublimarli e a trasmetterli ai lettori.
L’idea di maternità percorre tutta la silloge, ma è particolarmente evidente in una lirica dove sembra si manifesti quasi un atteggiamento di “regressione al grembo materno“: Come il seme/ che ama tornare/ nel grembo della terra/ che lo ha generato/ voglio tornare anch’io/ nella mia casa/ nell’isola incantata/ dove l’acqua/ sogna la luna/ per ascoltare/ la musica atavica/ delle origini lontane.//

Anela di tornare alla sua Isola come una figlia desidera tornare tra le braccia forti e rassicuranti della propria madre, una dolce sensazione che può essere compresa bene da chi, per motivi vari, è stato costretto a strappare le sue radici per andare altrove. La Sardegna, isola ancestrale, generosa, selvaggia, terra che nutre, accoglie e riscalda come solo una madre amorevole sa fare, ti entra dentro e non ne esce più. Pur non essendo nata in Sardegna, la considero la mia “Isola Madre”: mi sento sarda nell’anima e ogni mio viaggio nell’Isola è un ritorno a casa, per cui comprendo bene il senso di orgogliosa e filiale appartenenza di chi, come Antonietta, ha la sardità nel Dna. Leggendo i versi sopra citati, mi è tornata in mente l’emozione unica provata quando ho varcato per la prima volta la soglia di una Domus de Janas: ho avvertito l’impagabile sensazione di entrare in uno spazio sacro, di tornare nel grembo materno, alla condizione primigenia. Il pensiero è andato alle donne e agli uomini di 5000 anni fa, che nelle Domus de Janas, dimore eterne scavate nella roccia, consegnavano e affidavano alla Grande Madre i corpi dei defunti per il lungo viaggio ultraterreno. È potente l’energia che infondono questi monumenti costruiti dalle antiche genti sarde: sin da tempi antichissimi la sacralità, in modo particolare la sacralità del femminile, ha sempre permeato ogni aspetto dell’esistenza dei sardi. Le pietre e le rocce scolpite dai millenni sussurrano storie sacre e arcaiche; la voce della Sardegna, fatta di antiche nenie e suoni slabbrati, invita ad immergersi nelle sue spettacolari bellezze e a tornare nel grembo della Madre Terra che accoglie e rigenera.

Ho letto e riletto la poesia-preghiera sopra citata e tutte le volte il pensiero è andato al sonetto “A Zacinto”, che Ugo Foscolo dedicò alla sua “materna terra”, l’isola del mar Ionio – l’odierna Zante – dove nacque. Anche Foscolo cantò l’amore per la patria lontana e irraggiungibile; anche il sonetto foscoliano è pervaso dall’idea di maternità; anche lì è forte la funzione eternatrice della poesia, di cui si appropria la Langiu, sottraendo all’oblio i suoi genitori, la sua infanzia lontana, la terra che l’ha vista crescere e che lei in cuor suo non ha mai abbandonato. Con le sue riflessioni poetiche, attraverso il filtro della memoria, l’autrice dona l’immortalità a persone e cose che non sono più.

Alcune liriche della raccolta sono dedicate ai figli e ai nipoti, destinati a volare lontano e a librarsi come farfalle nel cielo azzurro della vita. In questa sezione il passato si sposa con il presente e si proietta nel futuro: a raccordare le parti sempre la famiglia, quella di un tempo e quella di oggi, di cui Antonietta è la matriarca indiscussa. Pensando ai figli, ai nipoti e a tutti i giovani del mondo, a cui va spesso il suo pensiero affettuoso, la poetessa invita a credere nei sogni e a proteggerli/ perché ti danno/ la forza di raccogliere/ brandelli di cielo/ e di far splendere il sole/ dentro e fuori di te.// Sembra quasi che l’autrice abbia trasposto in versi la frase che le ripeteva sempre l’amata nonna: S’ischintidda de su divinu este in onzunu de noisi, ‘una scintilla divina è in ognuna di noi’. Questa convinzione deve aiutarci ad avere il coraggio di coltivare con fiducia i nostri sogni, nascosti nel silenzio della notte, per far splendere quella scintilla divina che dimora nella nostra anima. Non potremo sapere ciò che ci attenderà, ma nessuno può impedirci, oggi più che mai, di sognare un “sole nuovo”, un nuovo giorno, una vita migliore e più umana (Guarda la vita/ da lontano/ non chiedere mai/ ciò che sarà/ non potrai saperlo/ solo i sogni sono veri/ se saprai conservarli.//).

Le liriche di Antonietta Langiu sono un invito a vivere nella semplicità, a lasciarsi permeare dalle emozioni, ad assaporare la felicità nell’hic et nunc, contemplando con l’anima pura dei bambini quella natura che tante volte abbiamo maltrattato. A Lei apparteniamo, a Lei torneremo, da Lei, Madre saggia e generosa, oggi possiamo e dobbiamo attingere linfa vitale e spirito di resistenza.

Cara Antonietta, grazie per aver aperto in maniera così autentica lo scrigno segreto del tuo cuore, condividendo generosamente istanti, emozioni, profumi, suoni, della tua infanzia! Mi sono lasciata cullare dalla bellezza dei tuoi versi che profumano di vita: ho chiuso gli occhi e ho iniziato a viaggiare con la fantasia, sognando la magia della tua terra, che io considero la “mia Isola Madre”. In un momento tanto buio e drammatico come quello che il mondo intero sta vivendo, i tuoi versi sono una dolce armonia per l’anima: insegnano a coltivare la speranza, ad apprezzare la bellezza delle piccole cose, a coltivare i valori e il rispetto per quello che abbiamo ereditato da chi non c’è più, insegnano che l’amore è più forte di tutto. Antonietta cara, tu appartieni alla Sardegna, sei figlia di questa terra antica, non l’hai mai lasciata del tutto, non sei mai partita: il tuo cuore è lì, tra le rocce sferzate dal vento, accanto al fico selvatico abbracciato alla tua casa, e un giorno lontanissimo tornerai lì per sempre, incontrerai finalmente i tuoi cari volati via e insieme riprenderete il vostro cammino che il tempo non potrà più interrompere.

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17 commenti

    • Antonietta Langiu

      Ti ringrazio Anna carissima; penso sempre che conoscerti è stato un dono. Un abbraccio e buone e serene feste per te e i tuoi cari

    • Antonietta Langiu

      Grazie carissima Michela, un abbraccio e tanti auguri di ogni bene e di buone feste per te e i tuoi cari ❤️

    • Antonietta Langiu

      Ti ringrazio Anna carissima; penso sempre che conoscerti è stato un dono. Un abbraccio e buone e serene feste per te e i tuoi cari

    • Nunzia Petrucci

      Meravigliosa, coinvolgente, profonda e affettuosa recensione. Antonietta si mette a nudo e ti conquista profondamente

  1. Sei una risorsa inesauribile cara Antonietta, complimenti! Un grande abbraccio

  2. Complimenti bravissima sei riuscita a toccare argomenti della tua sfera personale con molta delicatezza coinvolgendomi emotivamente ciao Antonietta

  3. Luciana pulcini

    Complimenti Antonietta non vedo l’ora di leggere i tuoi versi e conoscere più da vicino la tua terra tanto amata. Un forte abbraccio.👏❤

  4. Grazie Antonietta per questo dono poetico che nutre l’anima

  5. Dopo aver letto la recensione sono rimasto imbambolato, emozionato, per l’ordito di parole e di suoni e di sensazioni, che fluiscono insieme, si accompagnano e non si urtano, scivolano sul granito levigato dall’acqua e dal vento. Grazie Antonietta. Spero di rivederti presto per il Premio Deledda. Verrà anche Ottorino vero? Vi aspetto

  6. Ciao Antonietta!! Felice di sentirti, grazie per questo tuo dono, mi “immergerò” nella splendida tua scrittura per vivere quelle emozioni e sensazioni meravigliose che si respirano leggendo le tue opere…..

  7. Grazie Antonietta,
    emozionante come sempre nel leggere le tue parole….e la recensione. Anche se con ritardo ti ringrazio ancora.
    La nostra terra…noi.

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