“ANIMAS” TRA SUPERSTIZIONI, AMORE E DOLORE: LA SARDEGNA SULLO SFONDO NEL NUOVO LIBRO DI FEDERICA CABRAS A TINTE HORROR

la copertina del libro e Federica Cabras

di MORENA PANI

Federica Cabras, 29 anni, di Villagrande, è una giovane scrittrice sarda. Pochi giorni fa è uscito il suo nuovo libro horror “Ànimas”, un mix tra superstizione, credenze popolari, paura e amore. Oggi ne parliamo con lei.

Di cosa parla il tuo ultimo romanzo “Ànimas”? Di una maledizione che pesa sul capo dei membri della famiglia Ruinas da più di un secolo e di una ragazzina tenace, sarda – si sa, le donne sarde non abbassano la testa mai e affrontano tutti gli ostacoli che la vita pone dinanzi a loro con coraggio e maestria – che deve salvare se stessa, sua madre e un’intera stirpe. Lei la sente, l’enorme potenza che le sgorga da dentro, la sente forte e chiara e sa di essere la chiave di volta. Tutto il futuro pesa sulle sue fragili spalle di quattordicenne ma, come più volte dice nel corso del romanzo, «Io sono Graziella Angela Ruinas»: sa di potercela fare. E non importa se la notte, da quando seppe di essere dannata, sembra più scura e fredda; lei può liberare tutti perché, oltre alla tenacia, ha un tratto importante che la contraddistingue: la compassione. È la storia di un amore, di una dannazione, della morte che a volte non abbandona il mondo dei vivi. È la storia di una Sardegna aspra, quella degli anni Cinquanta, l’Isola delle superstizioni, delle medicine per il malocchio e delle missive da spedire dritte all’aldilà con altri morti.

Cinque parole con cui descriveresti il tuo libro. Dannazione, morte, ritorno, dolore e vita. Sì, anche vita, perché la morte è parte di essa e da lì si può ripartire. Non si deve temere, il trapasso, ma si deve rispettare come parte dell’esistenza. Una parte scomoda per chi rimane, certo, ma pur sempre fondamentale. Che, volendo, può anche essere vista come buona, come liberazione. Certo… Solo se non si viene maledetti.

Perché hai deciso di scrivere un libro horror cambiando genere? È a tratti horror, è vero, ma non del tutto. Più che altro, sono sempre stata affascinata dalle leggende che ruotano attorno al ritorno dal mondo dei morti. Tutta questa fascinazione per la morte si è legata nel tempo al mio essere figlia di Sardegna. Nelle mie vene, scorre la linfa dell’Isola. Va da sé che sento estremamente mie le leggende e le credenze del lembo di terra che mi allatta da ventinove anni. Quando mi è venuta in mente questa storia, non sapevo che piega potesse prendere. Semplicemente, mi sono seduta di fronte al computer e ho pensato: «Bene, Federica, parliamo di quello che ami… Ti va?». Io non ho un genere definito, d’altronde. Mi lascio muovere dal cuore. Ho scritto due thriller psicologici, due chick-lit e due novelle natalizie a tema romantico. Sto attualmente lavorando a un altro chick-lit e a un testo cupo e scuro come la notte – non posso dirvi di più ma la mia cronologia è veramente interessante ultimamente –. Quindi, posso dire di non aver cambiato genere, ma di averne aggiunto uno agli altri. Non mi piace cristallizzarmi in qualcosa di definito, cambiare è la mia parola d’ordine.

Mi sembra di aver capito dal titolo, che il tuo libro nasce o si ispira dalla festività de Is Animas in Sardegna. Perché questa scelta? Mi sono sempre lasciata influenzare dalle leggende sarde, come ho detto, e mi ha sempre ammaliata la credenza che la notte, tra il 31 ottobre e il 1° novembre, i morti possano passeggiare indisturbati in mezzo ai vivi. Mi affascina senza spaventarmi. Da lì sono partita per questa storia. Certo, ci ho aggiunto del mio, ovviamente: i Ruinas sono dannati perché quando un maschio di questa stirpe muore il 31 ottobre al calar del sole non resta sulla terra solo per una notte – quella fatidica, appunto –, ma per sette anni durante i quali porta alla pazzia e alla morte gli altri membri della famiglia.

Sei superstiziosa? Sì, lo sono abbastanza. Ho anche dei rituali per alcune cose – per esempio per le uscite dei miei libri – che non potrei mai abbandonare. Sono parte di me. Però non lascio che la mia vita sia condizionata quotidianamente dalle superstizioni. Ogni tanto, lo ammetto, metto il sale nelle tasche o le mutande al contrario. Ma non ditelo a nessuno, eh.

Prova ad immaginarti seduta in un cafè letterario: chi avresti voluto incontrare per dei suggerimenti o semplicemente per commentare il tuo nuovo libro?

Uno dei miei scrittori preferiti da sempre è Stephen King, che condivide – leggendo i suoi libri si nota – la mia idea di morte come elemento affascinante, non per forza spaventoso. Ecco, avrei voluto parlare di Ànimas con lui. Chiedergli cosa avrei potuto aggiungere o togliere – a un mostro di scrittura simile si possono solo chiedere suggerimenti – e domandargli anche come destreggiarsi in questo mondo, quello degli amanti della scrittura, che rende felici, poi tristi e poi felici e poi di nuovo tristi come in una trottola di emozioni. Ma scrivere è questo: vivere camminando su un filo di rasoio.

Invece in generale, quali sono gli autori/autrici dai quali ti senti maggiormente influenzata a livello letterario e artistico?  Negli ultimi anni, due autrici sarde hanno fatto breccia nel mio cuore: Vanessa Roggeri ed Emma Fenu. La Roggeri parla di Sardegna e di tradizioni dell’Isola con una maestria che ho sempre ritenuto magica. Emma Fenu racconta perlopiù di donne, donne che sono madri ma non solo di figli… di idee, di progetti, di percorsi. Portatrici di vita, ecco. Entrambe rapiscono, con le loro parole, ci trasportano nella storia. Ci insegnano, prendendoci per mano, che la condizione di isolani, di sardi, è qualcosa che ci viene tatuata sul cuore nel momento della nascita.  Ecco, i loro libri sono una costante ispirazione, per me. I miei preferiti sono “Il cuore selvatico del ginepro” della Roggeri e “Le spose della Luna” della Fenu.

C’è qualcosa in questa tua nuova avventura editoriale che è completamente differente da come ti eri immaginata o che non ti eri immaginata affatto? Siamo agli inizi, non so ancora fare un bilancio, per ora. Magari nei prossimi mesi potrò dirvi di più!

Consiglieresti ai nostri lettori un libro horror che ti è particolarmente piaciuto? Ho riletto, anche recentemente, uno dei miei libri preferiti, Mucchio d’ossa di King.  È senza ombra di dubbio horror – e le notti insonni dopo averlo letto possono essere una prova di questo – ma parla anche d’amore. C’è spavento, il sano terrore che si insinua nelle vene e non lascia il cervello presente in tutte le opere del Maestro, ma c’è anche affetto, nostalgia, lontananza. È un libro che ti entra dentro e non esce. Lo consiglio sempre e comunque.

https://www.vistanet.it/

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