GIGI RIVA – ROMBO DI TUONO: INTERVISTA A DAVIDE PIRAS, AUTORE DEL ROMANZO CHE RACCONTA LA STORIA DI UNO DEI PIU’ GRANDI ATTACCANTI DI SEMPRE

ph: Davide Piras e la copertina del libro

di FRANCO ARBA

Ognuno di noi porta appresso una storia che arricchisce i capitoli della diaspora sarda. Abbiamo varcato il Tirreno per migliaia di ragioni, tante quante ognuno di noi. C’è chi è rimasto oltre Tirreno, chi è volato anche oltre gli oceani e chi il viaggio l’ha fatto al contrario, attraversando il mare per arrivare in Sardegna e rimanerci. L’ha fatto da ragazzino con l’idea di tornare indietro nel giro di una stagione. Al suo paese aveva un soprannome, Furzelina; in Sardegna quel ragazzino divenne uomo prima e poi mito, quasi un dio in terra e Furzelina si trasformò in Rombo di Tuono.

IL LIBRO. Leggiuno, 1949. Gigi ha cinque anni e trascorre le giornate per strada a palleggiare con i barattoli. Sogna di diventare un campione. Gli amici amano tuffarsi nel lago, lui desidera solo correre nel campetto dell’oratorio e calciare in porta il pallone di don Piero. A piedi nudi, perché le scarpe buone sono un solo paio e non si possono ricomprare.

 Grazie al padre Ugo, che ama lo sport quanto il figlio, Gigi entra in una piccola squadra di calcio ufficiale e si mette subito in mostra: nessuno può fermare quel piede sinistro animato da talento puro. Nonostante le ristrettezze del dopoguerra, la famiglia Riva è felice.

 Ma un tragico evento spezza il corso delle loro esistenze: Ugo muore in un incidente sul lavoro. Comincia così la lotta di Gigi. Un predestinato che riuscirà attraverso il calcio a prendersi la rivincita sulle crudeltà della vita, fino a divenire “Rombo di Tuono”, la leggenda vivente.

Per Edizioni Condaghes è uscito da qualche mese GIGI RIVA ROMBO DI TUONO, di Davide Piras. Lo scrittore di Terralba, qui alla sua terza fatica letteraria dopo Petali di piombo e Terra bianca, ci regala il ritratto dell’uomo Gigi Riva, lasciando che il mito di Rombo di Tuono continui nelle tradizioni orali del nostro patrimonio culturale.

Davide, perdonami la provocazione, ma perché uno juventino come te “osa” raccontare Gigi Riva? Innanzitutto il Davide bambino, innamorato prima di Roberto Baggio e Schillaci e poi di Zidane e Del Piero, ha pian piano lasciato spazio al Davide uomo che sente radicate fino in profondità le sue radici nell’amata Sardegna. Per tutta la vita sono andato allo stadio a tifare il Cagliari. Il mio legame con l’isola va oltre lo sport, e questo è un libro che parla di un uomo prima ancora che di uno sportivo e della sua squadra leggendaria. Non credo che l’amore per lo sport e per un campione abbiano una fede: ho amato alla follia Van Basten, Baresi, Zanetti, Zola, Asprilla, Oliveira, Valdes, Totti, Mancini e tanti altri fuoriclasse che hanno vestito maglie diverse. Lo stesso Luca Telese, autore dello splendido libro Cuori Rossoblù, nonostante le sue origini sarde mi pare sia tifoso della Roma, eppure la sua opera è bellissima perché è scritta appunto col cuore. Io ho cercato di fare lo stesso.

È facile lasciarsi andare all’esaltazione del mito, del campione Riva con la trita esposizione dei numeri da record, ciò che ha vinto, quello che avrebbe potuto ancora vincere. Il mito, come spesso accade, è qualcosa che ci vogliamo raccontare addosso, per non rimanere delusi dalla fallibilità dell’uomo. È stato difficile raccontare l’uomo Gigi? Io l’ho raccontato cercando di tenere fede all’immagine di se stesso che lui ha sempre mostrato al pubblico. Sarebbe stato sbagliato, oltreché inopportuno, stravolgerla. Più che difficile è stato emozionante, a tratti persino struggente. Immedesimarmi nelle sue vicissitudini è stato un viaggio che mi ha cambiato e mi ha avvicinato ancora di più alla mia terra.

Sei stato calciatore nei campi di Terralba, dove hai sempre vissuto. Nella lunga stesura del libro hai mai provato ad immedesimarti in un ragazzino di 18 anni che deve allontanarsi dai suoi affetti per seguire un sogno? Forse proprio perché anche io sognavo di fare il calciatore, mi è venuto naturale costruire quella parte del romanzo. La categoria più alta in cui ho militato è stata la serie D con una squadra sarda, avevo proprio 17/18 anni, e non mi è capitato di ricevere proposte per trasferirmi nello stivale. Se fossero arrivate, avrei penato a staccarmi da tutto il mio mondo ma credo che come Gigi Riva alla fine avrebbe prevalso la voglia di emergere… ma io non avevo il suo sinistro (l’autore ride).

L’AUTORE. Davide Piras è nato nel 1981 a Oristano. Ha collaborato con L’Unione Sarda per due anni. Nel 2012 è stato finalista al concorso nazionale CartaBianca con un racconto pubblicato nell’antologia Il clavicembalo ben temperato. Nel 2012 pubblica il romanzo storico Petali di Piombo e nel 2016 il romanzo Terra Bianca, terzo classificato al Premio internazionale di letteratura Città di Como. Negli anni 2017-18 compone degli aforismi per l’agenda Book Pusher. Nel 2018 contribuisce con dei racconti alla raccolta Storie per un anno in cento parole. Nel 2019 il suo romanzo inedito Gigi Riva, Rombo di Tuono si classifica secondo al Premio letterario Licanìas.

Racconti alcuni aneddoti inediti della vita di Gigi Riva, come l’incontro con la futura madre dei suoi figli o la visita, a Seui, a casa di Tzia Vitalia con la sua foto sul muro, accanto a San Francesco e San Rocco. E riesci ad accompagnare il lettore tra le vie di Cagliari, tra le stanze delle case, negli spogliatoi, nell’ovile di Tziu Lai. Come se fosse un film. In realtà siamo molto lontani dalla sceneggiatura cinematografica: Gigi Riva era davvero così, più a suo agio tra i pescatori di Sant’Elia e i pastori ogliastrini e barbaricini che non con gli esponenti di spicco della “Cagliari Bene”. Io ho solo sostituito qualche nome per rispetto della privacy ma Gigi Riva ha davvero partecipato ai pranzi con i pastori, alle pescate con i pescatori, e ha fatto più volte visita a persone comuni che avevano bisogno di lui. Il ritratto che ne viene fuori è quello dell’eroe generoso, perfetto per recitare la parte del protagonista in un film che non è però un film ma è la sua vita. Con la mia scrittura ho cercato di fotografare queste immagini e produrre delle istantanee che permettessero al lettore di vedere leggendo. Non so se ci sia riuscito. Lo spero.

Più che un film – o serie tv – io preferirei un graphic novel. Perché non riesco a immaginare nessun attore nel ruolo di Gigi Riva. Diversamente, i disegni di Otto Gabos, Carlos Gomez, Claudio Villa o Ivo Milazzo (che ha disegnato magistralmente Fabrizio De Andrè) restituirebbero la grandezza dovuta. Sicuramente trovare un attore che impersoni Gigi Riva sarebbe molto difficile per tanti motivi, tra i principali la sacralità del personaggio e anche l’aspetto estetico inusuale con quel volto duro e serioso, però verrebbe su una gran bella serie tv perché di materiale ce n’è in abbondanza. Coi disegni si riuscirebbe forse a rendere più giustizia all’esteriorità del personaggio, non a caso il volto di Gigi Riva è sempre stato ritenuto vagamente somigliante a quello di Tex Willer.

So che il libro ha avuto un lungo travaglio prima di essere pubblicato. Eppure il soggetto sarebbe stato ben appetibile per gli editori. In realtà l’argomento è meno appetibile di quello che si può pensare, o perlomeno è visto con diffidenza fuori dall’isola. Chi non ci è nato in Sardegna fa fatica a comprendere cosa rappresenti ancora oggi Gigi Riva per noi sardi. Alcuni editori hanno snobbato il progetto, altri lo hanno ritenuto fuori stagione, e lo stesso è successo a Luca Telese che ha dovuto pure lui inseguire parecchi editori prima di trovarne uno disposto a credere che il suo libro potesse attirare migliaia di persone in Sardegna e fuori. Alla fine, per fortuna, è andata bene a entrambi: per me è arrivato Condaghes, che ha fatto un gran lavoro e il libro è stato apprezzato dai lettori oltre ogni più rosea aspettativa.

Leggendo le ultime cronache calcistiche sembra che l’attaccamento alla maglia sia ormai solo una leggenda dei bei tempi che furono. È vero, ci sono solo rarissimi casi di calciatori che vestono una sola maglia per tutta la carriera. Oggi domina il business e il calcio ha perso gran parte di quei valori che negli anni in cui giocava Gigi Riva la facevano ancora da padroni. Credo che purtroppo quel mondo fatto di attaccamento alla gente e ai propri colori non lo rivedremo mai più..

DAL LIBRO: L’INFORTUNIO. Alle 15:34 di una fredda domenica di febbraio del 1976, dopo un contrasto con il milanista Bet, Gigi Riva alza un braccio, urla e frana a terra. Sullo stadio Sant’Elia cala il gelo. L’infortunio è drammatico, il terzo della sua carriera.Quando il bomber, sorretto dai compagni, va verso gli spogliatoi, tutta la Sardegna capisce che sta finendo un’epoca. I tifosi si alzano e si lasciano andare a un lungo applauso. Gigi Riva non potrà più rialzarsi, è troppo anche per lui ciò che è successo. E se ne va per sempre da quel campo, con la sua maglia rossoblù numero 11, a soli trentun anni.Una storia di dolore e sacrifici, di morte e rinascita, di amore reciproco verso un popolo che non ha mai dimenticato la fedeltà di quel Rombo di Tuono che col suo piccolo Cagliari spezzò l´egemonia calcistica del Nord.

Brera disse, “Lo scudetto del Cagliari rappresentò il vero ingresso della Sardegna in Italia. Fu l’evento che sancì l’inserimento definitivo della Sardegna nella storia del costume italiano.” Io capovolgerei l’assioma: quello scudetto avrebbe potuto permettere all’Italia di entrare, bussando, in Sardegna e vedere con sguardo più attento e meno paternalistico. E senza il fallaccio di Hof, anche l’Europa.

Sono d’accordo. La Sardegna in quegli anni era vittima degli stereotipi: si diceva che ci mandassero i carabinieri in punizione, ci reputavano tutti banditi e sequestratori, si credeva che oltre alla pastorizia non si svolgesse altro mestiere. Il Cagliari Calcio ha permesso agli italiani di avere uno sguardo più attento sulla nostra isola, permettendo di scoprirne la generosità della gente, la sincerità e la bellezza dei nostri luoghi straordinari che hanno pochi eguali al mondo.

Parafrasando Marras, tu hai idea di quando Gigi Riva tornerà? Non ci sarà mai un altro Gigi Riva per il Cagliari. C’è lui, e basta. Gigi Riva non ha bisogno di tornare perché non se n’è mai andato. Si parlerà per sempre di lui e pian piano verrà ingoiato dal mito che rende immortali tutti coloro che ne fanno parte, proprio come i grandi eroi greci.

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