L’ARTE TESSILE: MARINELLA STAICO, LA STILISTA SARDA CHE DISCENDE DA UN’ANTICA FAMIGLIA GRECA

ph: Marinella Staico

di ANNA MARIA TURRA

Marinella Staico è la discendente del primo dei sartori greci sbarcato in Sardegna. È la stilista sarda le cui creazioni sono, oltre che nella vetrina online della Regione Autonoma della Sardegna, esposte presso l’Isola Shop dell’aeroporto di Cagliari Elmas e in quello di Olbia: nell’air side sono presenti le migliori selezioni dell’artigianato tradizionale e del design sardo.

Siamo nel 1700 e la seconda metà del secolo vede la famiglia Staico approdare nel golfo di Cagliari dalla città di Arta che si trova in Epiro. Antonio Staico, col figlio Anastasio, apre una sartoria nel quartiere Sa Costa, l’attuale via Manno, per produrre con un morbido panno dal nome Pilurzus, un cappotto Serenicus oggi denominato Sereniccu. «Solo pochi anni fa, nel 1993, venni a conoscenza che la storia aveva delle solide fondamenta – sostiene Marinella Staico – sin da bambina sono stata affascinata dalle sorti miei antenati. Rimasi talmente colpita da ciò che mi raccontava mia nonna che, successivamente, cercai delle conferme tramite altri Staico. Incontrai cugine la cui mamma o nonna erano, a loro volta, delle Staico, incuriosite ed entusiaste per il fatto che io continuassi la tradizione sartoriale.»

L’antica famiglia degli Staico nel centro storico di Cagliari diede corpo a una comunità di greci che iniziarono il confezionamento del cappotto, usato principalmente da persone di alto borgo, originariamente importato via mare dalla Grecia. Nella lunga storia della famiglia un avvenimento importante ne cambiò le sorti. Si tratta di una sentenza lavorativa del 1826 che vide i sarti greci e una schiera di sartori sardi, che detenevano lo statuto del Gremio, schierarsi l’uno contro l’altro. Dalla sentenza emerge che il primato del confezionamento del serrenicus dovrà attribuirsi ad Antonio Staico escludendo che il cappotto, prima del suo arrivo a Cagliari, venisse confezionato dai sartori sardi. La causa ebbe quindi esito positivo per i greci poiché, con sentenza dell’8/11/1826 la Reale Udienza, li assolse dall’accusa di esercizio abusivo dell’arte in violazione degli statuti del Gremio, segno evidente che finalmente anche in Sardegna i tempi erano ormai maturi per una piena affermazione della libertà dei traffici e dell’iniziativa privata nel campo della produzione. Contro i vincoli restrittivi allora in voga ne nacque una nuova liberalizzazione anche per le donne che poterono così iniziare ad esercitare la professione di sarte nelle sartorie da uomo. Fu dalla deposizione di alcuni testimoni che si apprende che il primo dei sartori greci che si stabili a Cagliari e vi piantò bottega fu proprio il padre di Anastasio Staico nell’anno 1775 o 1776. Ed è attraverso un’accurata ricerca di documenti disponibili presso l’Archivio di Stato a Cagliari, grazie alle pubblicazioni dello storico sardo Carlo Pillai del libro L’arrivo dei Cappottari Greci a Cagliari, che Marinella Staico riesce a risalire con assoluta certezza alle origini della sua famiglia. Nel 2018 le viene conferito il premio letterario Francesco Alziator per il segmento fashion. Diplomata presso l’Istituto di Moda a Milano, aprendo il suo atelier come modellista sartoriale, inventa un “su misura” di cui fa una piccola esemplificativa collezione, alla quale aggiunge ciclicamente accessori e varianti declinandoli nei tessuti e nei materiali di ispirazione strettamente locale. «Ultimamente mi sono lasciata ispirare dalle ceramiche di Assemini e, nel negozio che ospita alcuni pezzi iconici, si possono trovare i nuovi porta cellulari che riprendono antiche geometrie sarde.»

Anche le borse parlano di tradizione così come la scelta del tipo di tessuto per il cappottino da donna adatto al quotidiano, ispirato liberamente a “su cappotteddu” che era un capo destinato alla bimba. Marinella Staico lo rivisita mantenendone l’identico impatto emotivo, la graziosa semplicità e il candore delle linee che, accanto a un tocco di classicità, ben si addice alla donna contemporanea. I materiali selezionati e l’obiettivo di mantenere con la cifra stilistica una impronta folk, rendono riconoscibile e di tendenza questo suo capo spalla protagonista della collezione. Replicando il percorso nello stesso modo in cui “su serenicco” è di fatto il padre del montgomery poiché originario dei Balcani.

Per Marinella Staico la moda non si inventa, forse si deve solo applicare come un teorema e comunque lei crede che la sartoria sia di per sé già una pratica evoluta e da diverso tempo così nelle sue posizioni rispetto alle scelte dei clienti lei dichiara una netta inflessibilità. «Se un cliente mi chiede un capo che ritengo non lo valorizzi io mi rifiuto di confezionarglielo – sostiene Marinella Staico – non è un problema di gusto è più un fatto di rigore. Cucire come indossare non sono due processi distinti ma sono un insieme di equilibri e proporzioni, è geometria” Otto generazioni la separano da quegli Staico che le consegnano ancora intatta la vocazione ellenica al potere. Ciecamente, come un soldato di Sparta, combatte con la convinzione della supremazia, difende un primato che è forse lo stesso ancora inciso nel legno del suo albero genealogico, è un’avventuriera strategicamente risoluta, imperterrita nel proteggere la proprietà della sua competenza ma soprattutto sembra sempre sul punto di colonizzare una nuova isola.»

Nel corso di questi anni sono numerosi gli inviti a partecipare a sfilate di moda in tantissime località della Sardegna e altrettante manifestazioni culturali, eventi, ed esposizioni fieristiche. Molta strada è stata fatta dalla sua prima bottega laboratorio che ha chiamato Sartoria Incanti, ha frequentato corsi di aggiornamento per poter acquisire nozioni di modellismo, un corso a mano libera non brevettato che però le darà diritto ad accedere al prestito d’onore disposto dal Ministero del Tesoro per l’imprenditoria giovanile. Ora si avvale della collaborazione di una sarta di 74 anni, per lei cucire il su misura deve essere arte e passaparola. Nient’altro.
«Adoro partecipare con la mia collezione a Tessingiu a Samugheo dove acquisto i tessuti per i miei manufatti e dove esiste l’unico museo regionale dell’arte tessile, il Murats, a cui il principe Aga Khan lascia nel 2015 la significativa donazione di 500mila euro, scusandosi per l’impossibilità di partecipare con l’invio di un telegramma al direttore del museo Baingio Cuccu. Mi sento molto a casa anche alla fiera dell’artigianato artistico di Mogoro, quest’anno col record di 13mila visitatori, o al Narami una mostra antologica dei tappeti sardi che, tra l’altro, nella nostra lingua vuol dire “dimmi”.»

Infatti, sembra credere molto nella forza dello scambio verbale anche se la sua non è una vera e propria loquacità, è un po’ come se fosse la sua lingua madre a pretenderla, Marinella semplicemente vi si affida fiduciosa. Così quando in ambasciata a Mosca si rende conto di aver dimenticato il cellulare, tecnicamente non si scompone, conosce la sartoria delle relazioni che diventano legami tra lei i giornalisti e gli addetti ai lavori, come una vera e propria esponente della trasmissione orale ellenica. Si accede all’incanto di uno scorrere di parole ad Assemini come a Mosca, Marinella ha la stoffa di quegli Staico che se ne vanno dalla città del ponte sul fiume Arachtos per avere ragione. Sempre.

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