STORIA DI UNA SELF MADE WOMAN: MARIA GRAZIA ZEDDA, EMIGRATA GIOVANISSIMA A LONDRA, RACCONTA LA SUA STORIA CORAGGIOSA

ph: Maria Grazia Zedda

di DANIELE REGOLO

Conobbi Maria Grazia Zedda alla fiera della disabilità Handymatica, a Bologna, diversi anni fa. Cagliaritana, fin da giovanissima emigrata nel Regno Unito, Maria Grazia è un’autentica self made woman, che la vede oggi tra le cento persone disabili più influenti d’Inghilterra. Collaboratrice di Jobmetoo per la formazione in azienda, ovviamente anche in lingua Inglese, Maria Grazia Zedda porta con sé una storia che merita di essere raccontata: una storia di coraggio, e in questo coraggio sono contenute molte altre sue qualità. Scopriamole insieme in questa intervista.

Come ti presenteresti ai lettori? Sono cresciuta sentendomi spesso fortemente esclusa per via della mia sordità. La mia passione è facilitare l’inclusione attraverso strategie mirate nel lavoro, nella società e attraverso l’educazione. Senza dimenticare che la condivisione di storie che ci fanno riflettere e crescere sono un ottimo strumento divulgativo. Oggi sono Senior manager delle Pari opportunità per il personale presso High Speed Two nel Regno Unito, e il mio sogno è quello di trasmettere agli altri ciò che ho imparato su disabilità e inclusione per contribuire alla realizzazione di una società più egualitaria. Sono moglie di Ian e mamma di Jamie e Jessie, 14 e 16 anni. Sono molto orgogliosa di essere italiana e sarda in territorio britannico. Vivere la famiglia e le amicizie, con una bella dose di risate, sono tra i più importanti valori della mia vita.

Ti ho sempre ammirata per aver osato lasciare l’Italia per un paese estero. Quali sono state le più grandi difficoltà e i più bei momenti?  Le più grandi difficoltà sono sempre state legate al lavoro, durante il quale ho vissuto esperienze di discriminazione e di esclusione. Ho fortemente percepito l’impatto di essere considerata “diversa”: diversa perché straniera, donna o neo-mamma, sorda. Questa diversità – che poi è la normalità – ha spinto alcuni colleghi o conoscenti a sottovalutarmi o ad escludermi deliberatamente. I momenti più belli sono nati proprio in reazione a queste difficoltà: quando sono riuscita a ottenere soddisfazioni lavorative per me stessa, seguite da riconoscimenti che mi hanno fatto capire che chi mi sottovalutava aveva il problema – non io!

Wideaware, la tua impresa sociale, è stata anche premiata al Parlamento Inglese: raccontaci questa magnifica esperienza! Ho avuto questo grandissimo piacere due volte: la prima nel 2009, come vincitrice nazionale del premio “Ready to Start” Imprenditrice Sociale Disabile del Regno Unito, che la “piccola Maria Grazia dalla Sardegna” non si sarebbe mai immaginata! Avevo fondato Wideaware incinta di 9 mesi e con una bambina di un anno, sapendo che con la mia sordità e l’essere mamma non avrei trovato un lavoro abbastanza flessibile che mi consentisse di utilizzare al meglio le mie capacità. Aver ottenuto questo riconoscimento mi ha fatto capire che avevo fatto bene a non arrendermi.

Ti sei sempre saputa adattare e adesso sei inserita in una importantissima realtà che hai menzionato prima: HS2, ossia la società che gestisce il design, sviluppo e costruzione delle ferrovie ad alta velocità, nel Regno Unito. In cosa consiste il tuo lavoro esattamente? In veste di Equality, Diversity & inclusion Manager, sono responsabile per l’inclusione di circa 2000 persone che lavorano per la progettazione e la costruzione di High Speed 2. Il mio compito principale è quello di dimostrare, attraverso progetti e politiche di inclusione, che tutti possono dare il meglio di sé stessi a lavoro. La disabilità, il genere, la propria etnia, e via dicendo, non devono essere una barriera nel condurre il proprio lavoro per via di ostacoli di natura sociale, culturale, tecnologica o architettonica. Attraverso i contratti esterni daremo lavoro a 30.000 persone nella costruzione della ferrovia, e garantire una reale inclusione porta un enorme valore anche ai contrattisti e alle grandi aziende che hanno vinto gli appalti per la costruzione.

E come avete affrontato il Lockdown in Regno Unito, sia dal punto di vista personale e quello lavorativo?  Il lockdown è arrivato un po’ in ritardo, purtroppo. Una volta attuato, è stato un momento ben recepito dalla collettività, che ha potuto continuare a lavorare da casa e apprezzare la tecnologia inclusiva. Inizialmente pensata per i disabili, diventa ben presto un beneficio per tutti. Le riunioni online che permettono di non dover affrontare barriere di viaggio e barriere architettoniche; i sottotitoli automatici, la lingua dei segni, la dettatura del testo, la lettura elettronica di illustrazioni e testi, che aiutano chi ha difficoltà uditive, motorie, visive, alla lunga si rivelano un prezioso supporto anche a chi una disabilità non ce l’ha. Si lavora più velocemente, con più spazio per la vita personale e per la famiglia. Il lockdown ci sta insegnando molto, spero che impareremo in fretta le lezioni.

Ops… dimenticavo che sei stata premiata tra le 100 persone disabili più influenti del Regno Unito! Dopo Wideaware, nel 2019, sono stata premiata di nuovo come una delle top 100 Disabled Influencer del Regno Unito, e tra le Top 10 del settore pubblico. La cerimonia al Parlamento, una prestigiosa sala che si affaccia sul Tamigi, è stata una grande emozione… Ricordo che da bambina mi affacciavo al balcone di casa, a Cagliari, nel Corso Vittorio Emanuele, il giorno del mio compleanno, il 24 Maggio: il mio padrino mi faceva credere che i bersaglieri in corsa sfilavano per me! Molti anni dopo, in quel preciso momento in cui mi affacciai sul balcone della Camera dei Lords, sotto il Big Ben, ripensai a me stessa a 5 anni e che il mio padrino sarebbe stato orgoglioso di vedermi lì!

Tu sei una sostenitrice del Modello sociale della disabilità (e io ti faccio compagnia!): come ti ha aiutato questo modello a superare le difficoltà dovute alla tua disabilità uditiva grave? Il Modello Sociale della Disabilità è stato fondamentale per dare un nuovo contesto a me stessa e la mia vita. Crescendo, la mia esperienza di disabilità era tutta basata sul modello medico e sulle mie carenze uditive. Se non potevo lavorare, se avevo difficoltà a scuola, la colpa era solo mia; non potendo udire le frequenze medio-alte era ancora “colpa mia” se non sentivo il telefono, la tv, le consonanti delle parole, la chitarra e il violino… Imparare il modello sociale invece mi ha fatto capire che l’esperienza della disabilità è creata dalle barriere sociali e attitudinali e che se si assumono tecnologie e attitudini inclusive anche io posso lavorare, studiare, dare il mio contributo alla società e al mondo del lavoro. La teoria del Modello Sociale mi ha dato l’opportunità di affrontare le barriere che “creano” la disabilità e grazie a questo mi sono creata una vita diversa da quella che mi era stata prospettata da ragazzina.

Ti manca l’Italia? E quando sei in Italia, cosa ti manca di Londra? L’Italia mi manca tanto. Mi manca la gaiezza, l’essere un po’ più spontanei. Mi manca il cibo e i prodotti genuini, soprattutto la frutta e la verdura! Per non parlare dell’arte, dell’architettura, delle bellezze naturali… soprattutto il mare, le spiagge, il profumo dell’aria della Sardegna! Sto troppo poco in Italia per avere nostalgia di Londra, ma le rare volte che è successo mi mancava il suo spirito libero, non essere giudicata per essere troppo grassa, troppo magra, la scarpe della stagione scorsa! Mi mancano i pub all’aperto, le passeggiate lungo il Tamigi e i canali di Londra, Borough Market, e la gente che si mette rispettosamente in fila per ogni cosa e la relativa mancanza di burocrazia.

A tuo avviso, cosa in UK funziona meglio rispetto al tema di lavoro e disabilità e cosa, invece, ti sembra positivo dell’Italia. Fin dal 2010 con l’Equality Act, nel Regno Unito è proibita ogni discriminazione. Il fatto di non avere obblighi di assunzione per i disabili e il fatto che siano previsti rimborsi per le spese di inclusione sostenute dai datori di lavoro mette tutti i lavoratori (disabili e non) su un piano più paritario che guarda alla reale possibilità di svolgere un determinato compito, anche se in maniera diversa. In Italia si sta generando più consapevolezza – grazie a realtà come Jobmetoo – e questo è altresì importante. Un impiegato disabile ti potrebbe dare le sue qualità per sempre, non solo per uno stage…

Come sai, Jobmetoo ha elaborato le “5 Azioni” per dare una svolta al tema del lavoro per i disabili: cosa ne pensi di muoverci tutti verso un graduale percorso verso l’abrogazione dell’obbligo di assunzione? Sono d’accordissimo perché gli obblighi non piacciono a nessuno, soprattutto ai disabili stessi che non voglio sentirsi come oggetto di carità o di compatimento. Molti di noi hanno una disabilità ma abbiamo anche capacità e possiamo dimostrarlo, senza bisogno della Legge 68. La legge deve esserci per prevenire la discriminazione, ma non può trattare i disabili come burattini. Lo slogan del movimento civile dei disabili è’ importante da ricordare “Niente su di noi, senza di noi”.

Mi risulta che Maria Grazia sia anche una scrittrice… ne sai qualcosa?! Mah! Come uno dei tanti miei sogni, ho un manoscritto nel cassetto, che parla della mia storia e della mia crescita e esperienza in Regno Unito… Desidero pubblicare questo racconto sperando che possa dare spunti di crescita e riflessione a chi come me è stato rimpinzato di dubbi e paure rispetto alla propria disabilità. Pagine per riscoprire la propria autostima e il proprio coraggio. Staremo a vedere!

Nella storia di Maria Grazia Zedda, così entusiasmante e con ancora sfide fondamentali da giocare, io trovo un modello che ha ispirato me stesso ben più di una volta. Zedda è l’esempio di come le teorie – come il Modello sociale della disabilità e la Convenzione ONU – restano lettera morta se non hanno interpreti che sperimentano sulla propria pelle, sulla propria vita, nuovi modelli per trovare il proprio posto nel mondo. Forse non saremo tutti al livello di Maria Grazia, ma questo è assolutamente secondario.

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4 commenti

  1. Luciano Zucca

    Maria Grazia, sei un grande esempio di coraggio e di libertà per tutte le donne e anche per noi uomini: continua così e fai sapere quando pubblichi il libro sulla tua vita. Grazie.

  2. Ciao Maria Grazia, è un piacere leggere la tua storia. La vedo solo ora a distanza di tempo dopo l’articolo che parlava di te sul Corriere della Sera di qualche giorno fa. Sto cercando di contattarti per una proposta di collaborazione ad un libro sull’ascolto. Mi piacerebbe parlartene. Lascio qui la mia mail sperando in un contatto. E chiedo eventualmente all’autore un aiuto per facilitare il passaggio. Grazie
    (enrica.tomasi@gmail.com)

  3. Roberta Mureddu

    Buongiorno manager Maria Grazia, volevo dirle complimenti e lei è una donna incredibilmente coraggiosa questa storia. Immagino che all’inizio è stata dura e alla fine ce l’ha fatta. Sono felicissima per lei e anche io sono sorda come lei. Ho scoperto che lei è la nipote di una mia collega.
    Vorrei sapere quando potreste pubblicare il suo libro? Sarei ansiosa di leggerlo.
    Le auguro una buona fortuna di tutto.
    Un saluto
    Roberta

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