FRAMMENTI DI ESPATRIO: LINEA DIRETTA SASSARI – COPENAGHEN PER DIALOGARE CON LA “JANA” EMMA FENU

ph: Emma Fenu
di PIER BRUNO COSSO

In un pomeriggio quasi estivo di fine ottobre dialogo in chat con Emma Fenu. Dalla finestra del mio studiolo, esposto a mezzogiorno, dove il quartiere di Monserrato si affaccia su oliveti e giardini, spedisco sillabe, parole, e spiccioli di pensieri alla nostra scrittrice in Danimarca. Lei li riceve molte centinaia di chilometri più a nord, in tutt’un altro paesaggio, e me li rimanda come aeroplanini di carta che trasportano belle frasi di una studiosa appassionata di letteratura, in perenne viaggio. Mi arrivano così, in tempo reale, come frammenti di espatrio che il vento del nord porta qui a ritemprarsi. È un ponte ideale: dall’azzurro slavato del freddo, al sole accogliente di un autunno ancora fermo alla stazione prima. Qui Sassari, e oggi va così: cielo azzurro liquido e profumo di mare.

ph: Pier Bruno Cosso ed Emma Fenu

…e lì che tempo fa? Lì che profumo ha l’aria? Profuma del vento che agita il baltico, del verde intenso della brughiera, delle lande innevate, del pelo maculato dei cuccioli di cervo, dei nasi arrossati dei folletti che fanno capolino da dietro un albero. Profuma di colori. È il trionfo della sinestesia.

Ciao Emma, benvenuta su “TOTTUS IN PARI”, vorrei ringraziarti molto affettuosamente per esserti messa in gioco col nostro confronto, spero divertente. Tu nelle tue molteplici attività inerenti la letteratura fai spesso interviste: e ora cosa si prova a subire il fuoco di fila delle domande? Io ti confesso che ho fatto tantissime cose, ma poche interviste, e sono in imbarazzo a intervistare una grande intervistatrice. Ti rendi conto che è un po’ come se fossi salita in macchina con uno che ha appena preso la patente? Grazie infinite a te! Tranquillo, Pier Bruno, i rischi sono altri, per esempio salire non metaforicamente su un’auto con me alla guida: ho preso la patente a diciotto anni e non ho mai più solcato l’asfalto! Sinceramente mi piace essere intervistata quanto intervistare; adoro la comunicazione, il confronto, la magia della parola.

Perché sei nata ad Alghero? Hai preteso tu la Sardegna, come premio, oppure la cicogna ti ha dolcemente depositato nella prima città che ha trovato dopo il mare? Magari solo perché parlavi incessantemente di letteratura… Sono una jana, non potevo nascere altrove. Ho già la pelle bianchissima, attendo mi spuntino le ali, anche se, secondo la leggenda più antica, non erano alate.

In effetti la cicogna, e probabilmente anche tante persone, incredibilmente non si appassionano di letteratura. Io lo sento come una ferita, come un’occasione perduta; anche tu inciampi in questo pensiero? Ci inciampo e mi rialzo. Penso che un’occasione non sia mai del tutto perduta e che i libri sono in attesa di ciascuno, con pazienza. Io metto tutto il mio entusiasmo per promuovere la lettura e la scrittura e quando si crede in qualcosa, qualcosa arriva. Sempre.

Io credo infatti che la letteratura dia moltissimo, irrinunciabilmente. Io credo che la letteratura dia… lo spieghi per favore a mio nipote di quattordici anni? La letteratura dà la libertà di scegliere che vita vivere, chi essere, dove andare, che sogni inseguire, che strade abbandonare. E dà la possibilità di applicare questa scelta non solo ad una vita, ma a mille: una sola vita non ci basta. Perché non essere anche una principessa, una strega, una detective, una visionaria, una guerriera? Chi vuoi essere tu? (mi riferisco a tuo nipote)

Grazie, ma lo sai che l’hai convinto! Invece tu che hai varcato tante frontiere mentali e fisiche, pensi che la letteratura serva a… Di più: la letteratura supera le barriere? Unisce rive opposte? La letteratura serve a essere donne e uomini, ci rende parte di un tutto che ha differenze culturali che arricchiscono ma non ha confini che separano come ferite. Scrivere e leggere è un atto di coraggio, richiede l’abbandono della confort zone e il rischio di volare via, come Dorothy, in un mondo che non immaginiamo, ma che è dal lato opposto della caverna platonica.

A proposito di rive opposte, torniamo al mare: per una scrittrice nata nell’Isola, il mare è… continua la frase… Il mare è l’abisso nel quale trovarsi, fra mille tesori.

Un tuo bellissimo verso: “Mare che culla e nutre oppure che disperde e inghiotte, imponendo l’acqua”. Ma allora, chissà perché, questo mi fa pensare a un mare che sia padre, più che madre… Il mare è l’unione dei sessi, è il liquido amniotico e il seme fecondo su cui Dio aleggiava, prima che Adamo ed Eva fossero mito e storia.

Dopo il mare, o anche prima, cosa conta di più? Amo il vento, quello che ti fa andare per mare, che ti porta oltre la tua Itaca e ad essa ti riconduce.

Allora dici di più di te, raccontaci di Emma in due righe soltanto. Emma è una Donna che vive intensamente, parla, legge, scrive, mangia emozioni e non è mai sazia.

Scusa, ma da quello che dici mi sorge una domanda impertinente: qual è la tua età mentale? Ho l’età delle creature del mito e delle fiabe, sono una bambina, un’adulta e una vecchia e sono troppo impertinente per farmi domare dal tempo.

Ho capito, e come espatriata, o meglio, come sarda algherese espatriata, quanti anni credi di avere? Nel senso: io ho sempre pensato che ogni anno di espatrio valga almeno il doppio; perché spostandosi nello spazio cambia la velocità dello scorrere del tempo… Ti risulta? Ho 41 anni, secondo il tempo umano. E li sento anche come espatriata, sono figlia di una generazione che ha visto crollare promesse, che si è sentita dire “sei troppo qualificata” nei colloqui di lavoro recenti e “non vorrai avere un figlio adesso?!” in quelli lontani, appena successivi al conseguimento degli studi accademici. Credo che il vivere con passione, facendo propria la filosofia del viaggio, anche senza espatriare, consenta di cambiare il moto della clessidra interiore e di essere sempre a un passo dalla meta, quel passo in cui tutto il rumore della routine si ferma e scorre solo il pensiero e la fantasia.

Continuando con la distanza, ma tornando al nostro mare che ci circonda, ti vorrei chiedere se secondo te il mare unisce terre lontane, le unisce come fili che segnano rotte di ritorno, oppure amplifica le distanze e ogni approdo è un approdo in un mondo fuori dai confini? Il mare unisce ed è “nostro” solo se capiamo il significato dell’aggettivo, ossia è di tutti coloro che sulle sue rive giungono e in esso viaggiano per approdare su nuove terre, nella speranza che almeno le acque non dividano.

Chiudi gli occhi: sei sull’aereo di ritorno dopo tanti mesi, sei già atterrata ad Alghero e hanno aperto le porte della fusoliera. Ecco, nel primo passo sulla scaletta ti investe con dolce prepotenza l’aria tiepida di casa: quali sono le tue sensazioni in quel momento esatto? Tepore del sole, brezza di mare, profumo pungente di sale e alghe, e poi il cuore in subbuglio. È l’affanno dolce di una corsa da bambini, quelle in cui non sbucciarsi le ginocchia è impossibile.

Purtroppo i sardi spesso non sono molto uniti (tra di noi ce lo possiamo dire) ma quando ci troviamo fuori… È tutta un’altra cosa. L’ho provato, è una grandissima emozione trovare un sardo quando sei lontano. Perché lontano sì, e in casa no? Se si è autentici, consapevoli del potere della coesione, sicuri di sé e pacificati con propri pregi e difetti, non ci sono luoghi fisici che determinano unione o distanza. Sono le persone a creare ponti, non ci sono ponti “belli e pronti” che aspettano di farci incontrare. Io sono sarda ovunque e ovunque resto fedele a me stessa, pronta a fare arazzi e tessere trame.

Tu, come scrittrice, esperta di letteratura, del mondo femminile, e delle tradizioni sarde, collabori anche con “Incantos”, una associazione di Sardi a Copenaghen. Grazie a te li ho conosciuti anche io, e ho visto nel freddo della grande Danimarca pulsare quel cuore di sole, quegli abbracci che trasmettono calore, quel sapore antico di sorrisi forti come i nostri alberi piegati dal vento, leggeri come il nostro vento che piega gli alberi. Ho sentito in mezzo ai miei conterranei di “Incantos” quella “trasfusione” di Sardegna remota direttamente in vena. L’ho sentita, io, che ci mancavo da due giorni, e che ci sarei tornato dopo un altro tramonto. Ecco vorrei chiedere a te, che vivi in Danimarca, cos’è questo flusso emotivo che ti impegna tutti i sensi quando sei lontana, è solo mal di Sardegna? L’espatrio consente di tornare a casa con la memoria e di creare una percezione della propria casa legata al ricordo, ossia all’elaborazione personale e interiore della realtà vissuta. E questa magia, questo “incanto”, consente di incontrarci e ricreare l’atmosfera da racconti del focolare, di apprezzare la varietà del mondo senza rinnegare la propria identità che non è ostacolo all’accoglienza, anzi. Solo nella conoscenza e coscienza della propria storia e della storia del proprio popolo si può interagire con l’Altro, integrandosi e fondendosi senza rinnegare le proprie radici.

Di tutto quello che hai visto, imparato e scoperto stando fuori, cosa ti porti a casa? Ci diresti di ogni città dove sei stata quale aspetto ti porterai per sempre nel cuore. Mi porto a casa un aspetto di me che c’era e ho imparato a conoscere, accogliere e amare. In Medio Oriente ho imparato che sono capace di mantenere legami fortissimi a distanza, annodando cordoni ombelicali; in Danimarca ho imparato che so scavare una “casa” dovunque, a mani nude, incurante del freddo.

E al contrario, cosa del tuo mare, della tua terra forte di essere Isola, porti sempre con te, soprattutto fuori? Io sono un’Isola. Chi vive questa condizione lo può capire: morirei se non avessi confini infiniti che si perdono nell’azzurro del mare e morirei se non sapessi camminare su ponti levatoi per scoprire cosa, e soprattutto chi, c’è oltre l’orizzonte.

Noi sardi abbiamo una caratterizzazione molto forte, che sembrerebbe impermeabile, eppure abbiamo la capacità di assorbire tanto dei posti dove andiamo. Come scrittrice e donna sensibile, so che sei molto attenta alle questioni umane e culturali, e allora ti chiedo come mai, secondo te, siamo resistenti come una pianta spinosa, ma possiamo attecchire in ogni luogo, nel deserto, nel gelo del nord, o nell’aria viscida delle città metropolitane? Perché l’isola ci vive dentro e sappiamo sempre chiudere gli occhi per tornare a casa. Basta una musica… ed eccomi a dedicare un mondo bellissimo a ogni gioiello d’oro che la vita mi mette al dito. Abbiamo una storia antica, siamo un’osmosi di popoli e culture, abbiamo affrontato guerre, carestie, invasioni, eppure sappiamo riconoscerci come figli di una sola Dea Madre, la Sardegna.

Nei tuoi libri, nei tuoi studi, nei tuoi convegni c’è sempre tanta Sardegna e tantissimo del mondo femminile. La mia domanda è: secondo te nell’espatrio, la donna? Stando fuori impariamo di più la parità di genere, o come sempre le ragazze pagano un prezzo un po’ più alto? Dipende dal paese in cui si espatria, ma, in generale, essere donne è arduo. Bisogna dimostrare di valere, bisogna essere eccellenti per essere riconosciute solo brave, bisogna conciliare lavoro e famiglia, bisogna fare i conti con la violenza di genere. Certo, ci sono realtà con una cultura fortemente sessista ed altre, invece, che sono aperte all’alterità in ogni forma.

Scrivi di Sardegna da fuori per non dimenticarla, o per esorcizzare la distanza? La Sardegna è Donna e Dea e mi seduce, mi ammalia, mi riporta a sé, ai piedi dei suoi altari di granito. Decide lei, si presenta a me e io la racconto, con i mezzi espressivi di cui dispongo e, soprattutto, con amore. Si sa, l’amore a volte sconfina nella rabbia, nella nostalgia, nel senso di abbandono: non è un sentimento pacificato, è pathos.

Mi piace molto quando parli di donne, di streghe della Sardegna. Perché tu rivolti il punto di vista ordinario. Stregoneria sarebbe arretratezza, superstizione e ignoranza, mentre tu molto poeticamente porti le streghe nella parte alta della scala evolutiva e culturale. La strega è intelligenza viva, la strega è indipendenza assoluta, e per questo possono confondere e far paura all’uomo. Lo sai che non ci avevo pensato? Vuoi vedere che hai ragione… La strega è l’archetipo di una donna libera dalla custodia maschile, la più fedele seguace di Eva che morse la mela e ci regalò la disobbedienza senza riflessione, la conoscenza del bene e del male, il libero arbitrio di fare, disfare, essere e crescere, con la Vita e la Morte come compagne di avventura. Fa paura? Sì, perché incarna il lato irrazionale e libero dalle leggi del logos che alberga in ciascuno.

E a proposito di donne che sono sempre in primo piano, nel tuo libro “Le dee del miele” leggiamo di una saga familiare che attraversa più generazioni, sempre al femminile. È un bellissimo romanzo, che consiglio, dove c’è di tutto: tradizioni, cultura, amore, passioni, delusioni, morte e nascita, ma anche storia della famiglia in Sardegna. Volevi dire che la storia è scritta al maschile, ma l’hanno fatta le donne? La storia la facciamo tutti: alcune alla luce fioca del focolare, con le mani a modellare il pane o a compiere un rito di guarigione; alcuni a sfinirsi di fatica nei campi, nelle miniere, negli ovili. La scrivono i potenti, con l’inchiostro, ma quella che ci scorre nelle vene l’hanno impastata con il sangue, regalandoci un futuro da “fare” insieme.

Chiudiamo questa intervista con l’argomento più bello: le donne! Ti restringo il campo, altrimenti dilaghi: le donne, oggi, in Sardegna. Emma, lo sai che io su questo mi sento molto ottimista? Veramente, credo in un bel futuro… Spieghi, tu, a me, il perché? Perché le donne cambiano il mondo, sanno morire e rinascere, sono resilienti e forti senza la paura di cadere e emozionarsi. E i veri uomini… i veri uomini camminano loro accanto, mano nella mano.

Emma Fenu, sarda e residente a Copenhagen, è studiosa di Storia delle Donne, di Letteratura e di Iconografia di genere, insegna scrittura creativa e scrittura emotiva; organizza eventi culturali in tutta Italia e non solo; presiede “Cultura al Femminile”, associazione culturale con rispettivo portale web e pagina Facebook; collabora con vari magazine; è attiva contro la violenza di genere. Ha pubblicato “Vite di Madri. Storie di ordinaria anormalità”; “Le dee del miele”; “Nero e rosso di donna. L’ambiguità della femminilità”; “Il segreto delle principesse”; “E’ da una fiaba che tutti arriviamo”, “La bambina misteriosa”, tutto con Milena Edizioni. Ha partecipato come curatrice, concorrente o giurata per varie antologie letterarie.

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4 commenti

  1. Rispondere mi ha fatto sognare e emozionare. Mi ha trasportato nel sogno, nel mito e nella memoria. Grazie per l’onore di un’intervista cosi profonda e originale (le domande sono un capolavoro) degna della penna di Pier Bruno, e grazie per l’ospitalità in questo meraviglioso sito.

  2. Un intervista di grande spessore morale e di grandi profondità emotive… Quasi ci si perde nella poesia di queste domande e di queste risposte, come quel dilatare del tempo che si prova con l’espatrio, quel vivere sospesi nell’oceano mare che divide ma unisce quando l’anima parla e trasmette attraverso le emozioni, le parole. Complimenti a entrambi….mi avete commosso.

  3. Mi sono divertita. Intitolerei l’intervista Minuetto. Insomma un ballo. ( Il minuetto è un ballo? Beh , mi avete capito. ) C’è grazia, arguzia e simpatia.

  4. Un’intervista molto intensa e molto intima.

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