L’AFFASCINANTE MONDO DELL’OCCULTO: LA MAGIA IN SARDEGNA E IS MIXINAS ANTIGAS

di GIANMARCO COSSU

Da sempre parte della tradizione popolare, la magia in Sardegna ha perso ormai, con il sopravanzare della modernità, quel ruolo di preminenza un tempo forte nella vita quotidiana. Tuttavia, ancora oggi non è raro incontrare certe espressioni e costumi che rimandano all’affascinante mondo dell’occulto.

Figura cardine della magia in Sardegna, almeno per quanto riguarda la tradizione popolare, è la strega. Una donna capace di scrutare l’ignoto, mettersi in contatto con l’oltremondo e dominare le forze della natura. La parola più usata nell’area cagliaritana per indicare questa figura è bruscia, ancora oggi adoperata in riferimento a donne, o uomini, con spiccate doti indovine. Altrimenti, coga, in riferimento agli intrugli preparati nel calderone, in grado di imbottigliare il successo, la fama e, naturalmente, l’amore. Si racconta che le streghe facessero visita ai neonati, delle diverse famiglie, e li mordessero per succhiare loro il sangue. Da qui, i mussius de coga: morsi che giustificherebbero piccoli ematomi presenti sulla pelle del bambino. Per evitare ciò, si chiedeva a qualcuno di tenere compagnia al bimbo nella stanza. In altri casi, si ricorse a diversi espedienti, come la scopa messa fuori dalla porta: la strega avrebbe perso tempo a contare i fili e sul far dell’alba se ne sarebbe andata.

Secondo la tradizione, nella pratica della magia nera, si faceva ampio uso a oggetti o parti del corpo di un animale attraverso cui lanciare il maleficio al “malcapitato”. Gli strumenti potevano essere di qualunque tipo, ma spesso si ricorreva alla testa o al cuore di un gallo/gallina, trafitto dagli spilloni. Ma i sortilegi più usati rimanevano le mazinas e i malifattus. La mazina più diffusa era la pipia de tzapulu ( “la bambina di stracci”), un fantoccio rappresentante la persona sulla quale operare il maleficio mediante trafitture di spilli o amputazioni di arti. I secondi, invece, potevano essere costituiti da pezzetti di indumenti o ciocche di capelli del destinatario, su cui operare in senso magico, come nel caso dei filtri d’amore o magia rossa.

Caratterizzante la magia in Sardegna, come nell’area italiana, sono il malocchio e la iettatura. Nell’Isola si usa l’espressione “gettare la lacrima” o pigai de ogu.  Ancora oggi non è raro incontrare persone molto superstiziose che ricorrono a formule di scongiuro, come il toccamento di alcune parti del corpo, il gesto delle corna o particolari amuleti. In alcuni casi si ricorre a is mixinas antigas, formule di preghiera, figlie della tradizione popolar-religiosa. Si tratta dei cosiddetti brébus, che Efisio Sanna ha raccolto dal Sulcis con grande accuratezza e descritto dettagliatamente nei due volumi Is Mixinas Antigas.

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