DONNE SACRE, PANI FRORIU E PRESAGI: LA CANDELORA

di CLAUDIA ZEDDA

La Candelora non me la sono mai filata. Non lo so perché, troppo cristiana forse, fagocitata dalle altre feste che la precedono e la seguono magari. Ma quest’anno le cose sono andate in maniera diversa per almeno tre motivi.

Motivo 1: qualche giorno fa a Villamassargia mi è stato donato su pani froriu, (letteralmente pane fiorito) localmente preparato in occasione della Candelora (2 febbraio).

Motivo 2: l’Irlanda, Brigit e la sua croce (Cross Bride). Il pomeriggio scorso, leggendo freneticamente in merito all’Irlanda dove spero di organizzare presto un viaggetto, inciampo in una delle mie Signore preferite, Brigit, continuo ad inciampare in Imboloc della quale festa è patrona, ed infine quasi caso cado sulle sue croci. Rivelazione. Non le avevo mai preparate, ma quest’anno, non so come sia successo, mi sono trovata a legarne parecchie. Mi è piaciuto. Ti parlerò anche di questo.

Motivo 3: un sabato stranamente libero da presentazioni, che mi ha consentito di dedicarmi alla lettura dei molti libri che ho usato per scrivere questo post.

Su pani froriu di Villamassargia. Me lo ha regalato Maddalena che lo ha realizzato, Agostina, preparatissima bibliotecaria, la cara amica Cecilia e più in generale Villamassargia a ricordo della bella serata trascorsa insieme. È la miniatura perfetta di un canestro primaverile, realizzato in pasta, tripudio di natura e rinascita. Svetta al centro una pavoncella che quasi canta e tutto intorno sono spighe, rose, uva, calle. Non è mica un caso che sia detto pani froriu. Al pane Maddalena ha sommato anche una storia. “La candelora” mi ha scritto in un messaggio che ha letto davanti a tutte e tutti i presenti, “è la festa della presentazione del signore e della purificazione di Maria, una festa che segnava il passaggio tra l’inverno e il primo risveglio della luce (da intendersi primavera)”. E poi prosegue: “Il pane donato rappresenta il risveglio della luce, la purificazione ed i riti propiziatori per la fertilità della terra. Anticamente i gesti per creare questo pane venivano accompagnati da alcune invocazioni alla Madonna”, che ugualmente mi regala e custodisco gelosamente. E conclude con queste bellissime parole: “Si dona a chi si ama e si rispetta. Si prepara nelle famiglie devote e in quelle che voglio fare una promessa o tramandare un rito”. Ascoltando leggere queste parole mi sono commossa. Perché a quel punto il pane non era più solo bello, ma un simbolo del quale ho cercato di comprendere i significati.

La Candelora. Torniamo indietro nel tempo. Nella Roma arcaica i Saturnali prima ed i nuovi mesi di Gennaio e Febbraio poi erano un periodo caotico, di rimescolamento delle energie, di rinnovamento. Macrobio spiega l’etimologia del mese Februarius collegando il periodo ai rituali di purificazione. La purificazione che asseconda particolari rituali era detta appunto februare. Ma purificazione da cosa? Ed è un caso che ancora oggi Maddalena mi abbia parlato di purificazione? Macrobio continua a spiegare che il periodo, come tutti quelli di passaggio, mette in stretta relazione il mondo dei vivi con quello dei morti (inferi) e per questo motivo i morti reclamano ai vivi, che possono raggiungere durante il mese di febbraio, cerimonie in loro onore. La purificazione avrebbe dunque a che fare con le anime dei defunti che per essere allontanate dal mondo dei vivi devono essere appagate. Macrobio per purificare le città consiglia di celebrare i riti funebri agli dei Mani proprio in questo periodo. Ovidio invece precisa che i Mani gradiscono cose di poco valore, come ad esempio la pietà, e per farli felici “basta coprire la lastra con corone offerte, spargere grano con un poco di sale, e paneche s’inzuppi nel vino misto a viole contenuto in un coccio abbandonato in strada”. Ed ecco che si parla di pane, proprio come me ne ha parlato Maddalena pochi giorni fa.

Insomma nella Roma arcaica le anime dei defunti si celebravano (ma anche si rabbonivano) non solo durante la fine dell’autunno, ma durante tutti i periodi di transizione, perché durante tutti questi periodi esse possono tornare. E se tornano è importante anche farle ripartire, ma felici. Altrimenti sono dolori.

Figura di grande rilievo in Roma era quella di Giunone, detta in febbraio Iunio Februata, ovvero purificata, inserita nel rito dei Lupercali in qualità di patrona delle nascite. E riprendiamo a parlarne fra un attimo.

A proposito di Brigit invece sul sito Green Me si legge che “secondo la leggenda, gli esseri fatati per Imboloc (1 Febbraio) si radunavano per celebrare la Dea della Luce o Brigit (o Brigantia), divinità del triplice fuoco, dell’arte, della fucina, delle tradizioni conservate e della guarigione”. Guarda te che incredibili somiglianze con le nostre janas. E ancora: “Era tradizione celebrare la festa accendendo lumini e candele. In epoca cristiana la festa di Imbolc venne equiparata alla Candelora. Poiché la festa pagana era sotto gli auspici della dea Brígit, si trasformò nella ricorrenza di Santa Brigida. Le tradizioni pagane e cristiane in questo caso si sono completamente fuse, trasformando una dea in una santa del calendario cristiano”. Ed ecco che saltano fuori le donne sacre, antiche e più moderne.

La Candelora in occidente arriva molto più tardi: pare si sia trattato di una festività della chiesa orientale, adottata nel VII secolo anche dalla chiesa romana. In Oriente il 2 febbraio si celebrava fin dal IV secolo la presentazione al tempio del Signore, assecondando quanto scritto nei Vangeli, dove si legge: “Ogni maschio primogenito sarà sacro al signore” (femmine e secondo geniti invece buon pro gli faccia).

Presentazione del primogenito (maschio) al tempio e purificazione rituale della madre, secondo quanto previsto dalla legge ebraica, dovevano avvenire il quarantesimo giorno dopo la nascita. Maria così aveva fatto secondo quanto risulta dalle scritture, e visto che la nascita di Cristo era stata fissata a tavolino per il 25 dicembre era inevitabile che Maria presentasse il figlio al tempio il 2 febbraio. E il gioco è fatto.

C’era solo un piccolo problemino: la festa coincideva con quella pagana nella quale si festeggiavano Brigit, Iunio Februata e i Lupercali. Accipicchia. Non era mica certo che mettendo a confronto Giunone e Maria, o Maria e Brigid vincesse Maria. E quindi il colpo gobbo della chiesa: per allontanare le presenze pagane (insistenti ed ingombranti come delle vere e proprie super star) il 2 febbraio diventa la festa della purificazione della Vergine e delle candele e della luce, mettendo di fatto in ombra l’evento più importante, la presentazione del primo genito (maschio) al tempio.

Quelle che potrebbero essere solo supposizioni vengono confermate nel Lunario Toscano del 1805 dove si legge: “La mattina si fa la benedizione delle candele che si distribuiscono ai fedeli; la qual funzione fu istituita dalla Chiesa per togliere un antico costume ai fedeli che in questo giorno, in onore della falsa Dea (il maiuscolo è mio) Februa, con fiaccole accese andavano scorrendo in città, mutuando quella superstizione in religione e pietà cristiana”. Applauso. Dei volpini a metterlo per iscritto.

E guarda il caso, ancora oggi durante la Candelora vengono benedette le candele, conservate in casa per tutto un anno (e forse più). Un tempo con più frequenza, ma non di rado ancora oggi, vengono fatte ardere in caso di gravi malattie, disgrazie o calamità (tempeste, siccità, epidemie etc) o agonia pre morte.

Le paroline da mettere in evidenza in questa brevissima disamina sono quattro: purificazione, pane, luce, donne sacre (Brigit, Giunone (Februa), Maria). E queste tornano tutte, sorprendentemente nelle celebrazioni odierne.

Il pane, froriu e dolce. Del meraviglioso pane che Maddalena ancora oggi prepara in onore della sua amatissima Madonna ti ho già raccontato. La sua lettera aperta a me regalata si chiude così: “Per tanto tempo mia madre ha offerto il pane decorato alla Madonna, e adesso questo compito è passato a me”. Da brividi.

Ma in Sardegna e con più precisione a Perdasdefogu-Foghesu, tra la fine di Gennaio e la Candelora si prepara anche un altro tipo di pane, “su pani (d)urci”. Si tratta di un impasto di farina di grano duro mista a spezie che viene fatto lievitare per 15 giorni (alla faccia della lunga lievitazione), sotto caldissime coperte di lana. Viene aromatizzato con su conciu (vino da messa, miele e zucchero) spennellato poi sul pane realizzato a ciambella o in focaccia, manco a dirla segnata con la croce.

Alberto Cirese che di pane se ne intendeva, battezzò questi 15 giorni come “i giorni del pane dolce”. Ancora oggi il pane dolce viene trasportato il 2 di febbraio in chiesa con tanto di processione, canti sacri, candele accese, scapolari, nastri rossi e celesti e nomina della prioressa (nomina che avviene anche in Villamassargia). La preparazione di questo pane, a detta di Cirese, si basa su misteri antichissimi che sommano la fede alla panificazione: si tratterebbe di gesti religiosi e apotropaci di valore notevole.

In un articolo di Giacomo Mameli, pubblicato sulla Nuova Sardegna si legge così: “Un tipo di pane «unico in Sardegna e in Europa» aveva detto Cirese. Non è panforte, né “pani ‘e saba” né “pabassinu”, non gli “ossus de mortu” del Campidano e nemmeno le focacce dolciastre della Gallura e del Mandrolisai con uvetta, noci, tracce di ficodindia rinsecchito e mandorle. Non è come i pani d’Oltralpe. È un unicum: pasta compatta quanto basta, non un sapore dominante fra semi d’anice, cannella, fiori di garofano, noce moscata, finocchietto selvatico, bella a vedersi con un caramellato tra color noce e castagno ottenuto dal liquido spalmato a fine cottura. Non lo si vende («è pane sacro, benedetto»). Si dona a chi si ama e si rispetta…”.

Le previsioni per il futuro. Probabilmente a ricordo di una certa ingerenza fra il mondo dei defunti e quello dei vivi, anche in Sardegna il giorno della Candelora era considerato magico: i brebus potevano essere condivisi, si potevano praticare alcune cure speciali, effettuare diagnosi magiche, e in base al meteo presente durante quella giornata, prevedere il tempo per i giorni futuri.

Ti saluto con questo proverbio che la dice lunga: “A Santa Maria Candelora, si non proet, s’ilgerru ch’est fora, ma si proet e faghe bentu, baranta dies de malu tempus”. E visto che oggi ha piovuto, e alla grande, vediamo se per altri 40 giorni avremo inverno.

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