IL FANTASMA DEL PASSATO: VIAGGIO ALLA SCOPERTA DI OSINI VECCHIO TRA ROVINE E CASE ABBANDONATE

ph: Osini

di SALVATORE LAMPREU

C’era una volta, tra i tacchi d’Ogliastra, proprio davanti a una verde vallata incoronata dai monti, un piccolo borgo chiamato Osini. Di quel posto oggi rimane il ricordo e qualche rudere con all’interno i segni di una vita interrotta all’improvviso, quasi a volerci rammentare che si, anche lì un tempo si nasceva, si viveva e si moriva, come in tutte le altre parti del mondo. I vecchi caminetti e le cucine polverose rievocano i fantasmi di famiglie numerose che, raccolte attorno al fuoco, ascoltavano storie antiche e leggende impossibili raccontate dagli anziani nelle fredde notti d’inverno.

E così quei racconti macabri di morti che, al chiaror di luna, ballano in cerchio e ti fanno cenno per unirti alla loro danza, di spiriti di puerpere che non ce l’hanno fatta e che vagano in cerca di una pace difficile da trovare o di improbabili creature mostruose che si intrufolano dentro le culle dei neonati per succhiargli il sangue, si mescolano con la realtà, secondo un gioco che confonde il tangibile con l’intangibile, reso da un luogo a tratti spettrale.

Osini è morto nel 1951, annegato nell’acqua, insieme al vicino paese diGairo. Da quando il pericolo dell’alluvione è diventato realtà, l’abbandono è stato inevitabile. Così in luogo dei due borghi, a poca distanza, sono sorti Gairo nuova eOsini nuovo. Appena si arriva a Osini Vecchio la sensazione è quella di essere finiti dentro il set di “Io sono leggenda”. Dalle case fatiscenti e abbandonate, che si aprono su stradine strette e difficoltose invase da una ricca vegetazione spontanea, si scorge in lontananza l’austera Chiesa col suo campanile dalle linee essenziali. Il silenzio è rotto soltanto dallo sciabordio dell’acqua che scorre abbondantemente dalle fontane all’ingresso del paese, quasi a voler sussurrare che anche lì, una volta, c’era la vita. In merito a questo aspetto, tra le testimonianze più significative sicuramente ci sono quelle del Casalis.

Da quando, nel 1832, Vittorio Angius fu incaricato dall’Abate Casalis di compilare la sezione Sardegna del Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S. M.il Re di Sardegna, lo storico sardo iniziò il suo giro dell’isola, durato nove anni, durante i quali documentò e raccontò i diversi comuni da lui visitati, tra cui Osini che, nella prima metà dell’Ottocento, contava 760 anime.

L’Angius osserva come la durata della vita dei suoi abitanti non superasse generalmente i 50-60 anni, nonostante qualcuno riuscisse comunque a tagliare il traguardo degli 80 «con tutta pienezza di sensi e intero vigore di membra». Non è allora un caso se recenti studi hanno dimostrato che la longevità alberga in Ogliastra! «La malattia più comune e soventi mortale è il dolor laterale, per il quale usansi spesso le zucche piene di acqua calda, che si applicano per provocare il sudore, quindi il salasso»

A rileggere invece le testimonianze sui riti nuziali, sembra quasi di vederlo quel corteo festoso che si aggira per le strade del paese! «Nelle nozze si usa gran solennità, e vedesi una ricca pompa nei parenti dello sposo, quando lo accompagnano a prender la sposa dalla casa paterna per condurla alla chiesa. Gli sposi, mentre dopo la benedizione vanno alla casa nuziale, devono passare sotto una gradinata di grani di frumento, fave, ceci, sale, che lanciasi a grosse pugnate addosso a’ medesimi intanto che si augura loro fortuna e buoni figli».

Avvolte da fascino e mistero sono pure le descrizioni delle pratiche funebri e del lutto. Anche a Osini, come nella maggior parte dei paesi sardi operavano sas attitadoras,prefiche che in occasione dei funerali inscenavano, anche a pagamento, delle vere e proprie piece teatrali degne di premio Oscar per la migliore interpretazione! Scrive l’Angius «Le attitatrici (…) possono far onore liberamente a’ defunti. Soventi fanno questo pio ufficio le parenti assise su’ piedi incrociati intorno al cadavere giacente sopra il feretro in tutta la maggior sua pompa, scoperto del lenzuolo funebre, e una dopo l’altra cantano, e rammentano le sue belle qualità, i fatti virtuosi e alcuni altri particolari,  lasciando spazio tra le strofe allo sfogo del dolore.».

Questa pratica, durante gli anni Sessanta, era ancora molto diffusa in diversi paesi interni della Sardegna!
Rigidissime anche le regole del lutto a cui tutti dovevano attenersi: «Un vedovo resta per qualche tempo in assoluto ritiro, e neppur va alla chiesa, quindi per un anno non rade la barba, e per un anno va squallido e incappucciato; la vedova per alcuni mesi resta nascosta, e mantiene il bruno perpetuamente se non si rimarita.».

Un tempo le strade di Osini dovevano certamente essere decisamente rumorose, con suoni di vita, di telai che sbattevano forte, di chiacchiere e canti. L’Angius riporta infatti che «le donne filano, tessono, lavorano negli orti, assistono alla vendemmia». Lo stile di vita degli abitanti è documentato dalla loro alimentazione «Nelle case agiate mangiasi pane di farina scelta, carne, pesce, maccheroni, latticini, e bevesi ottimo vino, che qui abbonda; nelle case povere, legumi ed erbe col condimento della sapa o del vino cotto, formaggio, frutte secche, fichi, uve e susine. Nelle feste e quando si hanno ospiti si banchetta con lusso, e allora anche i poveri imbandiscono la loro mensa di molte e saporite vivande.»

E’ bellissimo questo spaccato di vita restituito dalle pagine di un documento che oggi è un vero e proprio testamento storico, scritto più di 150 anni fa. Quasi mi dispiace ad aggirarmi tra queste strade deserte e constatare di quanto il tempo non perdoni. Curiosando tra le dimore fatiscenti prendo ancora più coscienza dell’importanza di sapersi prendere cura delle cose quando queste ancora esistono. Vedo che alcune, poche, case sono state restaurate.

Apprendo che la seicentesca Chiesa di Santa Susanna, affianco alla quale sorge il vecchio cimitero, ogni tanto viene aperta. Mi chiedo se un posto simile, se anziché in Sardegna si fosse trovato in un’altra regione d’Italia o d’Europa, sarebbe ugualmente ridotto così, vittima dell’abbandono o se invece sarebbe già diventato un grande albergo diffuso, un polo della memoria, o qualunque altra cosa capace di restituirgli il valore che merita …  rimango col dubbio. Per il momento posso solo dire che c’era una volta Osini vecchio e che rischia di non esserci più.

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