IL PASTORE SARDO NEI MONTI DEL FRIULI: LA STORIA DI IGNAZIO DA BORTIGALI

ph: il pastore Ignazio


segnalazione di Adelasia Divona

È semplicemente Ignazio, per tutti. Non serve aggiungere altro. L’ho trovato in casa degli amici Cudin, a Pradis di Sopra, dov’è un’istituzione: sa tutto di tutti. Il mezzo per raccogliere notizie è la sua Ape 50, che lui chiama affettuosamente “la cornuta”. È inconfondibile, così com’è tappezzata di simboli della sua Sardegna. Ignazio è arrivato in Friuli da Bortigali (Nuoro) una decina di anni fa. È pastore da una vita. Ha cominciato a 12 anni: “Non ero proprio fatto per scaldare i banchi della scuola. Mi sono fermato alla seconda”. Che cosa, alla seconda media? “No, elementare. Dai, se non va, non va”. Oggi racconta storie di vita, di donne, di amori, di lavoro, accompagnate sempre da fragorose risate. Dicono di lui: ha le mani d’oro. Dal latte delle 200 pecore ricava tre tipi di formaggio e ricotta fresca. Ha raccolto i segreti del mestiere dallo zio, nel cuore della Barbagia, una terra selvaggia, per uomini duri: “Ogni pecora dà lo stesso latte, ci vuole mano per lavorarlo… e io ne ho due”. E scoppia in una fragorosa risata… quella di Ignazio, pastore semplice, allegro, dalla chiacchiera lunga, da contastorie. Il suo mondo è a Pradis: “Pradis di Sopra, eh… scriva bene, non si allarghi”. È aggrappato al suo microcosmo, di cui conosce anche i silenzi. “L’aspetto il 24, c’è la festa del pastore, cioè la mia, lassù, in mezzo alle mie creature”. Ignazio, non mancherò. “Ah, bon, perché fioccheranno storie. Ci sarà da scrivere… lei porti una buona penna e un po’ di carta, io ci metto il vino”.

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