UN FUTURO AL PASSATO DELL’ISOLA: ALLA TRIENNALE DI MILANO, PERCORSI DI ARTIGIANATO E DI DESIGN IN SARDEGNA


di Sergio Portas

In occasione del Salone del Mobile di Milano, uno di quegli eventi che fanno la gioia degli addetti ai lavori che si vedono pagati voli aerei e alberghi a svariate stelle dalle industrie del settore, sia che tu parta da Seattle che da Melbourne, si svolgono nella capitale meneghina una serie di iniziative denominate “fuori salone”; insomma non è che uno può stare a visitare mobilia seppure di pregio otto ore al giorno per cinque giorni, gli va offerto qualcosa d’alternativo, di particolare, d’insolito. Se vuoi che torni anche l’anno a venire. La Triennale, benemerita istituzione culturale internazionale che produce mostre, convegni d’arte, design, architettura, moda, cinema, offre a questo proposito una settimana di design (Triennale Design Week 2017), una storia raccontata nei suoi ampi spazi del prestigioso palazzo dell’Arte dell’architetto Muzio, da visitare insieme , loro nel pieghevole di presentazione scrivono “together with 17 exhibitions from Japan. Korea. Hong Kong, Istanbul and Lisbon…”. Tra le altre italiane, la Regione Autonoma della Sardegna, schiacciando l’occhio al pubblico internazionale titola una sua: “Past-Future. Craft Design Itineraries in Sardinia”, che io liberamente vado interpretando come: “Un futuro al nostro passato. Percorsi di artigianato di design in Sardegna”. Scrivono quelli della Triennale, che la mostra si ripromette di esplorare la straordinaria tradizione artigiana della Sardegna che dal passato si proietta nella contemporaneità passando per l’esperienza di un ri-disegno (progettuale dico io) svolta a metà del ‘900 dall’I.S.O.L.A., agenzia regionale fondata per aiutare le botteghe artigiane a rispondere alle sfide della modernità. La mostra presenta gli intrecci, le connessioni e le interferenze creative fra artigianato e design in Sardegna, rivelando un paesaggio culturale fatto di storia, di luoghi fisici e concettuali, di sentire comunitario. Attraverso oggetti e installazioni audio e video si ripercorre la storia dell’artigianato sardo degli ultimi cento anni (dalla tradizione contadina alla rielaborazione dei manufatti  da parte dell’ISOLA a partire dagli anni Cinquanta, alle esperienze contemporanee), così come è possibile seguire le metodologie progettuali e le diverse caratteristiche della produzione nei vari paesi della Sardegna. Tappeti, arazzi e stoffe compongono lungo le pareti un “muro di tessuti” che evidenzia il ruolo fondante della tessitura nell’artigianato sardo. Al centro della sala, il dialogo tra passato e presente è evidenziato tramite l’accostamento di oggetti del primo Novecento con altri appartenenti alla seconda metà del secolo e alla contemporaneità. Una grande videoproiezione concepita come un’installazione tessile e altri interventi su monitor evocano, tramite un mosaico di immagini e micro-racconti, le molteplici suggestioni della cultura e dell’ambiente sardo. Da parte sua, Barbara Argiolas, neo assessora del turismo, artigianato e commercio della giunta Pigliaru, firma una presentazione che dice tra l’altro: “Portiamo alla Triennale la nostra creatività e il nostro saper fare, portiamo una terra autentica come la Sardegna, capace di mantenere uno sguardo sulla sua identità innovando e ricercando un gusto sempre contemporaneo. Past future è una storia di persone, dei maestri isolani, “maistus”, che con la loro sapienza contribuiscono a rendere famosa la Sardegna nel mondo…”. E nel pieghevole di presentazione: “Benchè esista nell’immaginario collettivo come paradiso estivo delle vacanze, la Sardegna è un variegato paesaggio culturale in cui passato e futuro si sovrappongono: la memoria del sapere artigiano è alla base della progettualità contemporanea. Past Future racconta cento anni di artigianato attraverso il filo conduttore della tessitura e per mezzo dell’accostamento di oggetti di epoche diverse, dei quali vengono rivelati le sorprendenti affinità reciproche e il profondo legame con la cultura e l’ambiente sardo…La lezione dell’I.S.O.L.A. ha ispirato progetti più recenti come DOMO (Compasso d’oro 2011) che coinvolgendo più di trenta designer e sessanta laboratori ha indicato nuovi possibili scenari del craft design (dell’artigianato di design). Nello spirito dell’I.S.O.L.A. i migliori artigiani contemporanei interpretano in forme nuove lo spirito di una cultura antica…”. Curatrici della mostra sono Giuliana Altea e Roberta Morittu, assistite da Antonella Camarda, un vero e proprio tris d’assi: l’Altea è storica dell’arte, critica e curatrice, professoressa di Storia dell’arte all’università di Sassari, scrive libri e articoli sulla “Nuova”, “Flash Art”,  “Forme Moderne”, ha collaborato con Antonio Marras per “Trama Doppia”, gli eventi espositivi incentrati sul rapporto arte-moda ad Alghero li ha curati lei. La Camarda è ricercatrice in Storia dell’Arte contemporanea a Sassari e direttrice della Fondazione Museo Nivola di Orani, anche lei ha scritto moltissimi libri ( uno per tutti: Il vino in Sardegna, 3000 anni di storia) e curato innumerevoli mostre. Roberta Morittu, cagliaritana, è designer, da molti anni attiva nella gestione scientifica di progetti di cooperazione sull’artigianato in Marocco e Algeria. “Quello che rende così affascinante l’artigianato sardo- dice l’Altea- è, al di là della qualità tecnica e della bellezza delle forme e dei colori, la stratificata sedimentazione di culture che lo caratterizza. La mostra ha puntato a restituire proprio questa dimensione, affiancando agli oggetti le suggestioni di immagini video e di atmosfere sonore, in un allestimento per così dire “corale”, dove ogni elemento rimanda agli altri in un gioco di scambi e di richiami reciproci”. Secondo Morittu, invece, “l’avventura dell’Isola è stata importante, perché si basava su un dialogo reale tra designer e artigiani. Il designer non si limitava a dare il progetto e a sparire subito dopo, ma seguiva da vicino le tessitrici, i ceramisti, le cestinaie”. Per i navigatori della rete per i quali “You Tube” non ha segreti, consiglio vivamente di vederla Roberta Morittu, in un video di cinque minuti, in cui riesce a comunicare quanto l’artigianato sardo l’abbia saputa stregare nel suo saper raccontare di un sapere e di un modo di vita. Il laboratorio Animazione e Design del DADU di Alghero ha realizzato la video-installazione, articolata in due superfici modulari multi-schermo rispettivamente di tre e quattro monitor, animando le opere contemporanee della collezione (fotografate da Pieluigi Dessì) per metterne in mostra la varietà e la bellezza e per sottolineare come, nel lavoro di ogni artigiano attivo nel suo proprio ambito territoriale, il carattere della tradizione e il “genius loci” giochino, come in questa terra continua ad avvenire da millenni, un ruolo fondamentale. E’ un caleidoscopio di colori vivaci che ipnotizza il visitatore, un flusso continuo di elementi geometrici che “attraversano” la collezione trasmettendole l’energia creativa che affonda profondamente le radici nella madre terra sarda e nello spirito del luogo di quest’isola antica. A tutto supervisionare NicolòCeccarelli, professore associato in Design presso il dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica di Alghero-Sassari. Le luci soffuse di faretti pencolanti dall’alto   illuminano pareti interamente ricoperte dai tappeti più sontuosi, al centro della sala un intreccio di nere travi che salgono fin sul soffitto a richiamare la possibilità di poter penetrare all’interno di un telaio sardo (almeno così mi dice il design che ha curato l’allestimento: Alessandro Floris). Spiccano le sculture in legno di Luigi Canu da Ittiri, i grandi cesti in asfodelo, i vasi ovoidali, le brocche, i vasi in sughero. In una teca amuleti e collane della collezione Cocco (al museo etnografico di Cagliari la raccolta di tessili comprende più di settecento pezzi, provenienti per di più dalla Sardegna centro meridionale) ispuligadentes e rosari. Gli arazzi e i tappeti gareggiano tra loro nel far girare le teste dei visit
atori. Vengono dai laboratori di Atzara (anno ’62), degli stessi anni le tessitrici di Domusnovas, Chiaramonti, Pozzomaggiore (1959). E poi quelli del gruppo tessitrici di Ittiri, le “Donne e castelli” delle tessitrici di Nule è del 1955. Nè potevano mancare gli arazzi della Cooperativa “Su Trobasciu” di Mogoro (1960). I “Nuovi arburesi” (sono del 2009) coltelli realizzati dalla “Coltelleria Is Lunas” su disegno di Giulio Iacchetti. I cesti, design sempre Eugenio Tavolara, lo scultore e ceramista sassarese che si era inventato I.S.O.L.A., vengono da Sinnai (1962) e da Montresta, a una quarantina di chilometri da Alghero, nella Planargia, oggi farà cinquecento abitanti. Nel 1960 quando le cestinaie del paese intessero asfodeli e giunchi a formare i cesti policromi erano tre volte di più. E chissà se nelle trame dei loro disegni si possano ancora ritrovare le orme della terra di origine: i coloni vi vennero nel 1750 (sponsor Carlo Emanuele terzo di Savoia) provenendo dalla Corsica ma prima ancora dalla Grecia (scacciati dai turchi). Più precisamente dalla Laconia, la regione di Sparta, nacque così Montresta la greca che, dice Wikipedia, ebbe una storia ugualmente travagliata per l’ostilità degli abitanti di Bosa. Già allora si guardava con sospetto chi proveniva, non invitato, dal Mediterraneo mare.

La mostra è una meraviglia, vi si entra come in un antro di janas dalle ali d’argento e si rimane affascinati, regge e magnificamente il confronto con le altre presenti alla Triennale, una volta di più a dimostrazione che quando le competenze dei migliori sono valorizzate le maestranze sarde competono, alla grande, con il resto del globo.

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