ESSERE ITALIANI NON SOLO IL 25 APRILE. MA ESSERLO ANCHE QUANDO SI VOTA, SI MANIFESTA…


di Maria Vittoria Dettoto

Oggi 25 aprile tutti si riempiranno la bocca e riempiranno i loro profili social di status inneggianti alla Resistenza. 
Grideranno Bella Ciao.
Professeranno ribellioni.

Ma attenzione. 
Costoro sono gli stessi che una settimana fa non sono usciti da casa per andare a votare.
Sono gli stessi che hanno paura a scendere in piazza per manifestare. 
Sono gli stessi che non firmano una petizione o non partecipano ad uno sciopero per paura di ritorsioni sul posto di lavoro.

Sono i rivoluzionari da tastiera che cantano l’Inno di Mameli e lo conoscono solo perché lo ascoltano prima dell’inizio di una partita della nazionale.

Sono gli stessi che della Patria, del suo ordinamento giuridico non conoscono nulla o poco, ma conoscono a menadito le liason di Uomini e Donne.

Beata ignoranza.

Se analizzassero piuttosto in modo obiettivo ciò che il Fascismo fu in Italia nella prima parte del Governo Mussolini, nel periodo precedente all’entrata in vigore delle Leggi Fascistissime prima e dell’accordo con Hitler poi, nessuno neppure il più appassionato militante di sinistra può negare che il Fascio diede all’Italia rigore, crescita, splendore.

Dalla bonifica delle città e delle campagne (Arborea e Carbonia ne sono un esempio), alla realizzazione della rete stradale, delle infrastrutture, della cultura. 
Questo fu il primo Fascismo.

E per cortesia!
Non propagandate cose false del tipo che il voto alle donne venne concesso grazie alla Resistenza.

Il voto alle donne venne legiferato con decreto ministeriale luogotenenziale entrato in vigore nel gennaio 1945, in pieno Fascismo.

L’estensione al suffragio universale avvenne poi praticamente nel corso della prima votazione dopo la caduta del fascismo, in data 10 marzo 1946 e successivamente a giugno col voto per il plebiscito tra Monarchia e Repubblica.

Mussolini ebbe un grande rispetto per le donne.

Chi oggi parla di Fascismo e Resistenza dovrebbe prima di tutto prendersi un libro e studiare.

E forse acculturandosi capirebbe che l’unica Resistenza che dovremmo porre in essere oggi in Italia è quella nei confronti di una classe politica ignava ed inetta ad amministrarci.
A tutti i livelli.
Regionale in primis.

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Un commento

  1. COME SCRIVERE UN ARTICOLO DI GIORNALE – TENERE SEMPRE PRESENTE CHI E’ IL DESTINATARIO FINALE DELL’ARTICOLO – La prima regola da rispettare quando si scrive un articolo è utilizzare un linguaggio adatto alle persone che lo leggeranno. Se l’articolo da scrivere sarà pubblicato su un giornale il linguaggio dovrà essere semplice e chiaro, adatto a tutti indipendentemente dal livello culturale dei lettori. Se l’articolo sarà pubblicato su riviste scientifiche, tecnologiche o che affrontano argomenti “di nicchia” ci si potrà avvalere di un linguaggio più specialistico.RACCONTARE LA REALTA’ CON OGGETTIVITA’ – Qualunque sia il mezzo di comunicazione sul quale si andrà a scrivere (giornale, rivista, web…) non bisogna mai dimenticare che il destinatario finale dell’articolo è un lettore che vuole essere informato degli avvenimenti che si verificano intorno a lui. A differenza di un racconto in cui lo scrittore può inventarsi una storia, l’obiettivo di un articolo è raccontare personaggi e fatti realmente accaduti. Il giornalista è il mediatore tra la realtà ed il lettore finale; è suo compito selezionare -tra tutti gli eventi che accadono ogni giorno- quelli meritevoli di essere raccontati ed esporli con oggettività.questo racconto della “vostra giornalista”,sono opinioni personali, raccolte un Po qua un Po la.

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